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Azienda ospedaliera di Cosenza condannata, batterio ‘killer’ isolato 35 volte in un anno

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Azienda ospedaliera di Cosenza condannata, batterio ‘killer’ isolato 35 volte in un anno

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Ospedale Civile dell'Annunziata Cosenza

COSENZA – Il Tribunale di Cosenza ha condannato con sentenza del 18 dicembre 2023 l’Azienda Ospedaliera di Cosenza per contagio fatale dal batterio di Serratia Marcescens, anche dopo il decesso del sig. Cesare Ruffolo avvenuto per una super infezione dello stesso batterio contenuta in una sacca di sangue infetta per la somministrazione, della quale la Suprema Corte di Cassazione ha condannato in data il 22 novembre 2022 in via definitiva l’ex primario di Immunoematologia dell’Ospedale dell’Annunziata di Cosenza, dott. Marcello Bossio per la morte di Ruffolo.

Il Tribunale bruzio ha accertato la responsabilità e condannato ancora l’Ospedale di Cosenza – a qualche anno di distanza del decesso del paziente Ruffolo (2013) – a causa di una infezione da Serratia Marcescens contratta da una paziente di 70 anni la quale – nell’anno 2016 – per un semplice intervento di cataratta ha letteralmente perso la vista da un occhio a causa dell’infezione da Serratia Marcescens contratta sicuramente all’Ospedale di Cosenza, con conseguenze gravissime di eviscerazione oculare e condizione di cecità totale monoculare.

La stessa si era rivolta all’Avv. Massimiliano Coppa, esperto in colpa medica (che ha anche assistito la famiglia Ruffolo nella lunga battaglia giudiziaria che ancora non ha trovato una conclusione risarcitoria ma solo giudiziaria dopo circa dieci anni di processo e cinque gradi di giudizio finito con la conferma delle responsabilità civili e penali) il quale ha formalizzato espressa istanza pretensiva mediante richiesta di risarcimento dei danni a carico dell’Azienda Ospedaliera di Cosenza a seguito della quale il Tribunale di Cosenza ha disposto una perizia per poter evidenziare eventuali responsabilità.

Sulla scorta delle indagini esperite dagli ausiliari del Tribunale di Cosenza è emerso che la condotta dei sanitari della strruttura ospedaliera bruzia alla quale la paziente si era affidata fornirono “..carenti informazioni alla dimissione circa i comportamenti da tenere per una corretta gestione della ferita chirurgica…”, né – tantomeno – la struttura fornì nel processo “una valida prova documentale di avere idoneamente adottato tutte le cautele prescritte dalle vigenti normative e dalle leges artis finalizzate ad evitare l’insorgenza di patologie infettive batteriche”.

Il legale della paziente ha poi spiegato – ed i periti hanno confermato la circostanza – che il fatto stesso che i controlli ambientali non siano stati documentati proprio nel periodo in cui è stata ricoverata la paziente, rappresenta un’evidente criticità nella dimostrazione di aver adottato tutti i provvedimenti imposti a termine di norma. In semplici parole l’infezione ospedaliera contratta dalla paziente sul sito chirurgico all’interno dell’Ospedale di Cosenza poteva essere evitata con tutte le conseguenze ad essa connesse, essendo emerso nel corso del giudizio – dalla stessa documentazione prodotta dall’Azienda Ospedaliera di Cosenza – che il batterio di Serratiua Marcescens è stato isolato solo nell’anno 2016 ben 35 volte all’interno dei locali dell’ospedale e, nonostante quanto accertato, ancora oggi dopo sette anni dal fatto l’Azienda Ospedaliera di Cosenza non ha inteso risarcire i danni alla paziente.

Tali elementi hanno condotto il Tribunale di Cosenza a condannare l’Azienda Ospedaliera dell’Annunziata ad un risarcimento di svariate centinaia di migliaia di euro condannando pure l’ospedale al pagamento delle spese legali ritenendo l’istanza di risarcimento pienamente accoglibile a carico dell’Ospedale.

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