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Mariangela Passiatore, rapita 38 anni fa: «ammazzata a bastonate». L’intercettazione nel Blitz “Millenium”

Calabria

Mariangela Passiatore, rapita 38 anni fa: «ammazzata a bastonate». L’intercettazione nel Blitz “Millenium”

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Mariangela Passiatore
REGGIO CALABRIA, 21 MAG – Uno degli indagati nell’inchiesta “Millenium” della Dda di Reggio Calabria che stamani ha portato a 97 arresti, è coinvolto in un cold case, ovvero il sequestro di Mariangela Passiatore, moglie di un imprenditore milanese, rapita e uccisa 38 anni fa mentre si trovava in Calabria in vacanza.
La donna era stata sequestrata nel 1997 fingendo una rapina nella casa dove stava cenando ed era stata affidata ad un gruppo di carcerieri di Platì e fu uccisa poche ore dopo il sequestro.  Grazie al riascolto di un’intercettazione del 2012, emersa nel corso di un’indagine di alcuni anni fa della Dda di Milano, la Procura reggina guidata da Giuseppe Lombardo ha fatto luce parzialmente sulla vicenda contestando il sequestro di persona all’indagato nell’operazione M.G.
Quest’ultimo, infatti, in un’intercettazione ha raccontato che, mentre si era recato in farmacia a prendere delle medicine per Mariangela Passiatore, quest’ultima era molto agitata e i carcerieri, non riuscendo a controllarla, l’avevano colpita con un bastone, uccidendola. «Ho una cosa, un ricordo brutto! – sono le parole riportate nell’ordinanza di custodia cautelare – Con una signora, guarda… S’è presa di panico!… ero andato a prendere le medicine, che me li dava… l’hanno ammazzata… Gli ho dovuto dire che è caduta e non la guastavo a nessuno (non facevo torto, ndr) e l’hanno ammazzata bastardi e cornuti! L’hanno ammazzata! A bastonate! In testa!».

Cosche alleate per traffico droga: Il blitz in Calabria

Nell’operazione di questa mattina 97 le persone arrestate – 81 in carcere e 16 ai domiciliari – ritenute a vario titolo legate ai maggiori clan di ‘ndrangheta del reggino, tra le quali gli Alvaro ed i Barbaro. Per gestire al meglio il narcotraffico con Colombia, Brasile e Panama e la successiva distribuzione in tutta Italia, le cosche dei tre mandamenti in cui è divisa la “Provincia”, componente apicale della ‘ndrangheta, secondo la ricostruzione fatta dai magistrati della Dda reggina guidata da Giuseppe Lombardo e dai carabinieri del Comando provinciale, si erano alleate tra loro creando una struttura stabile ed organizzata, sovraordinata alle singole articolazioni e a queste complementare.

L’interesse delle cosche agli sugli appalti

L’interesse delle cosche era attratto anche dagli appalti, dove riuscivano ad infiltrarsi grazie ad imprenditori compiacenti ed alla politica. Dalle carte, per dirla con le parole dei pm, emerge il “rastrellamento di voti sul territorio in occasione delle elezioni al Consiglio regionale“. Per l’accusa, alcuni soggetti, a prescindere dall’appartenenza a questo o quel partito politico, si erano messi al servizio del migliore offerente, in particolare per sostenere una candidata poi non eletta.  Nelle pieghe dell’inchiesta, sono finiti anche l’ex assessore regionale Pasquale Tripodi, per il quale è stata esclusa l’aggravante mafiosa, posto ai domiciliari, e gli ex consiglieri regionali Sebastiano Romeo del Partito democratico e Alessandro Nicolò, all’epoca di Fratelli d’Italia, indagati in stato di libertà.
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