REGGIO CALABRIA – La conferenza stampa relativa all’indagine Millenium ha fatto emergere un quadro di dominio da parte delle cosche su numerose attività, imprenditoriali, elettorali, e nell’attività di traffico di droga. Sono 81 le persone finite in carcere e 16 ai domiciliari, tra cui l’ex assessore regionale Pasquale Tripodi. Le due ditte sequestrate sono un bar pasticceria della Locride che imponeva i propri prodotti ad altre attività commerciali, dunque sottoposte ad estorsione. E poi un’azienda edile riconducibile ad un soggetto già destinatario di interdittiva antimafia. Al centro la cosca Alvaro che voleva rimanere dominante sull’area tirrenica Reggina. Un’operazione scaturita da una lunga attività investigativa, durata diversi anni, caratterizzata da attività di intercettazione che ha permesso di scoprire diverse evenienze. Dalla riorganizzazione delle cosche dopo i colpi inflitti dalle forze dell’ordine al ruolo della cosiddetta “Provincia“, locale di ‘ndrangheta, organismo di vertice collegiale. L’inchiesta ha confermato la caratteristica di unitarietà dell’ndrangheta ridisegnando e aggiornando la struttura e i vertici, oltre a confermare l’attualità dell’esistenza della struttura di ndrangheta denominata “provincia”, cioè un organo che svolge una funzione di raccordo tra i “locali” reggini e quelle dislocate in altre regioni e all’estero e che regola ogni nuova costituzione di strutture di ‘ndrangheta, ingerendosi anche nelle assegnazioni delle nuove cariche, garantendo il rispetto delle regole dell’associazione e dirimendo controversie tra gli associati.
Le indagini hanno inoltre permesso di registrare l’operatività dei “locali” reggini di Sinopoli, Platì, Locri, Melicucco e Natile di Careri , nonché di quelli di Volpiano (Torino) e Buccinasco (Milano). Oltre all’attività estorsiva, le cosche, secondo l’accusa, avevano la capacità di infiltrazione nelle amministrazioni pubbliche, così da ottenere informazioni propedeutiche allo svolgimento delle attività criminali, come quelle sulle procedure degli appalti e sullo stato dei pagamenti utili per infiltrarsi, grazie anche alla compiacenza di imprenditori collusi, in attività economiche collegate, quali, la vendita di mascherine e guanti all’Asp di Reggio Calabria. Dalle indagini sono emerse anche pratiche illegali di procacciamento di voti in diverse consultazioni elettorali e in particolare per una candidata (poi non eletta) alle elezioni per il rinnovo del Consiglio regionale della Calabria.
Gli appalti e la ‘messa a posto’
In conferenza stampa, nell’aula Magna della Scuola allievi carabinieri di Reggio Calabria è stato spiegato che i sodali addirittura sequestravano le chiavi dei mezzi alle ditte che dovevano pagare la ‘messa a posto’ alla cosca Alvaro di Sinopoli. Poi c’era la raccolta di voti per le elezioni, eseguita presso le più alte cariche dei ‘locali’ reggini. L’associazione però, non esponeva mai il candidato per evitare di ‘bruciarlo’ con l’opinione pubblica. Un candidato non aveva contatti con l’organizzazione ma la stessa si occupava di reperire i voti raccogliendo numerosissime preferenze. Le indagini hanno documentato l’infiltrazione nella pubblica amministrazioni in procedure di evidenza pubblica e in appalti. Ogni ditta doveva versare il 3% dell’appalto.
Le estorsioni
Tra gli eventi particolari emersi nel corso della conferenza stampa, un’estorsione subita da un’associazione che favoriva la ‘ndrangheta per trovare i voti da parte di un esponente della cosca Commisso che pretendeva la restituzione di 125mila, versati precedentemente per aggiustare un processo relativo al fratello (operazione Crimine). Fratello che è stato poi assassinato e dopo ciò, l’indagato avrebbe chiesto con minacce e violenza la restituzione dei soldi. Si sarebbe anche impadronito di una vettura del valore di 20mila euro.
Cosca Barbaro-Castani e Alvaro di Sinopoli
Tra le circostanze accertate dai carabinieri un sequestro di persona, definito ‘lampo’, di un appartenente della cosca Alvaro ritenuto colpevole dalla cosca Castani, di non aver restituito 45mila euro che dovevano essere una parte di un carico di droga dal Sud America. Carico che non arrivò e la persona è stata sequestrata fino a quando non è stata pagata una prima tranche e la promessa di saldare nei giorni successivi.
L’omicidio di Mariangela Passiatore
Sono stati acquisiti – è stato spiegato in conferenza stampa – elementi circa un evento molto triste ovvero quello relativo al caso di Mariangela Passiatore, sequestrata e uccisa a Brancaleone nell’agosto del 1977. Uno degli indagati ha dichiarato di aver avuto un ruolo determinante. La donna fu assassinata e non vennero mai trovati resti del suo cadavere. Era la moglie di un imprenditore milanese ed era in vacanza a Brancaloene. Fu vittima di una finta rapina mentre era a cena con altre persone. Venne ceduta ad un gruppo di carcerieri che non riuscendo a gestire la donna, in forte stato di agitazione emotiva e bisognosa di cura venne uccisa a colpi di bastone.
Elezioni consiglio regionale, uno spaccato inquietante
E’ emersa la figura di alcuni soggetti che, a prescindere da valori o ideologie di partito, si sono posti al servizio del miglior offerente per raccogliere voti presso le famiglie mafiose facendo emergere ka consapevolezza degli indagati a rivolgersi a determinati gruppi criminali per ricercare voti.
L’alleanza tra cosche e la cocaina
Una struttura stabile ed organizzata, frutto di un’alleanza (“un unico corpo”) tra cosche dei locali dei tre “mandamenti” della provincia di Reggio Calabria, sovraordinata alle singole articolazioni e a queste complementare, che gestiva il traffico di droga. La struttura, secondo quanto emerso, si occup tra l’altro, di importare dall’estero (specialmente Colombia, Brasile e Panama) ingenti quantitativi di cocaina nascosta in container imbarcati su navi, e al successivo recupero attraverso il porto di Gioia Tauro, sfruttando la compiacenza di squadre di operatori portuali. La droga viene poi distribuita su tutto il territorio nazionale, attraverso una ben rodata struttura organizzata e diretta dalle cosche.
Social