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La morte di Donato Bergamini: il 21 ottobre si apre il processo d’appello a Isabella Internò

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La morte di Donato Bergamini: il 21 ottobre si apre il processo d’appello a Isabella Internò

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COSENZA – Il 21 ottobre: è questa la data che aprirà un nuovo capitolo sulla vicenda giudiziaria che da oltre 35 anni sta cercando di fare luce sulla morte di Donato Bergamini. Un primo punto ferma sulla vicenda l’hanno messa i giudici della corte d’Assise di primo grado: quello di Bergamini è stato un omicidio. Per questo hanno condannato l’ex fidanzata Isabella Internò a 16 anni di carcere accusata di essere la mandante dell’omicidio del centrocampista rossoblù avvenuto il18 novembre 1989. Bergamini fu trovato morto sulla strada statale 106 Jonica nei pressi di Roseto Capo Spulico.

Alla Internò sono state concesse le attenuanti generiche ed escluse le aggravanti della crudeltà e del mezzo venefico. Confermata invece quella della premeditazione. Ma proprio le attenuanti generiche sono state prevalenti sulla contestata aggravante della premeditazione e da qui il mancato ergastolo. L’ex fidanzata di Bergamini è stata condannata in primo grado anche al risarcimento delle spese in favore delle parti civili per circa 300mila euro. La Corte ha inoltre condannato Internò all’interdizione perpetua dai pubblici uffici e dei diritti civili per la durata della pena.

isabella internò oggi

La Corte di primo grado ha chiesto inoltre, la trasmissione degli atti processuali alla Procura della Repubblica affinché proceda per il reato di falsa testimonianza nei confronti di alcuni familiari della Internò. La madre, Concetta Tenuta, la zia, Assunta Trezzi ed i cugini Roberto Internò, Dino Pippo Internò, Michelina Mazzuca e Luigi D’Ambrosio. Stessa richiesta é stata avanzata nei confronti del camionista Raffaele Pisano, che sarebbe stato a sua volta complice.

Le motivazioni della Corte D’Assise

Nelle motivazioni della sentenza di Primo grado per i giudici Iabella Internò avrebbe svolto un ruolo attivo nell’assassinio di Donato Bergamini. Per i giudici il suicidio fu una messinscena e il giocatore ferrarese, hanno stabilito i giudici, fu vittima di un omicidio che la Internò, all’epoca ventenne, avrebbe commesso in concorso con ignoti, “i quali – si legge nelle motivazioni – dopo avere narcotizzato Bergamini, o comunque riducendone le capacità di difesa, ne cagionavano la morte, asfissiandolo meccanicamente mediante uno strumento ”soft” e ponendolo, già cadavere, sotto il camion condotto da Raffaele Pisano».

Per la Corte, inoltre, quello di Denis Bergamini fu «un omicidio passionale, realizzato allo scopo di dare una lezione al calciatore. L’azione delittuosa è risultata la diretta conseguenza di una fredda pianificazione di un atteggiamento volitivo scaturente da una volontà punitiva nei confronti del ragazzo, da cui l’imputata non accettava il distacco, considerandolo res di sua proprietà». Isabella Internò «ha una personalità incline al delitto: aveva certamente proceduto ad aborto clandestino ed illecito e aveva certamente commesso, in danno della vittima ed ha messo in atto ai danni di Bergamini una condotta oggi ascrivibile al reato di atti persecutori, all’epoca reato non previsto dal Codice penale. Un personalità formatasi in un contesto familiare deviato da retrogradi principi morali. Ed è palese che il contesto di riferimento abbia influito sulla genesi criminogena, caratterizzando le condotte, anche quelle oggi sub iudice, sotto un’unica matrice, quella passionale».

«È certo  – scrivono ancora i giudici nella sentenza – che il povero calciatore sapesse di dover regolare i conti con la famiglia Internò, pur ignaro delle conseguenze fatali di quell’appuntamento e che non avesse avuto scelta, in quanto, evidentemente, obbligato a lasciare il cinema per un regolamento di conti o, nella sua ottica, per la risoluzione di un problema urgente».

Bergamini Donata e avvocato Anselmo

Il ricorso in Cassazione della procura: pochi 16 anni

Isabella Internò, difesa dagli avvocati Angelo Pugliese, Pasquale Mazzocchi e Rosanna Cribari si è sempre proclamata innocente sostenendo che Denis si fosse suicidato buttandosi sotto il camion. Di diverso avviso la famiglia Bergamini, assistita dall’avvocato Fabio Anselmo e la Procura di Castrovillari (sia il Procuratore D’Alessio che il PM Primicerio) che aveva rinviato a giudizio la Internò e che nel processo di primo grado aveva chiesto per la donna 23 anni di carcere. L’accusa era di omicidio volontario in concorso con ignoti. Una richiesta chiara di condanna, compresa di due aggravanti: premeditazione e motivi abietti o futili. Per i magistrati c’è il movente, ci sono le prove scientifiche e le testimonianze che inchiodano l’imputata alle sue responsabilità. Procura che ha promosso un ricorso in Cassazione per chiedere una rideterminazione della pena ritenuta troppo bassa per via delle attenuanti che per la Procura vanno eliminate.

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