Era stato condannato per una lite accaduta durante una festa patronale, ma la Cassazione ha ribaltato il giudizio e l’uomo è tornato libero
MANGONE (CS) – La Corte Suprema di Cassazione, sezione quinta penale, accogliendo il ricorso presentato dall’avv. Pietro Sammarco, del Foro di Cosenza, ha annullato con rinvio la sentenza emessa in data il 19 dicembre del 2018, dalla Corte di appello di Catanzaro, prima sezione penale, con la quale M.B., 34 anni di Grimaldi era stato condannato a 2 mesi di reclusione per il reato di lesioni procurate a C.T. 22enne di Cosenza, al quale, mediante calci e pugni, avrebbe procurato lesioni personali con una prognosi di 30 giorni.
I fatti avvennero la notte tra l’8 ed il 9 settembre 2012 nel corso di una festa patronale a Mangone quando i due, per futili motivi, vennero alle mani e videro C.T. soccombere. All’esito del processo di primo grado, il Giudice monocratico di Cosenza assolse M.B. dai reati a lui ascritti perchè non vi era la prova della loro sussistenza. In buona sostanza il giudice di primo grado ritenne che il narrato della persona offesa, che riferiva di aver subito una aggressione unilaterale, non fosse corroborato dalla dichiarazione della testimone presente ai fatti che invece parlava di una aggressione reciproca e che, pertanto, non si poteva stabilire se le lesioni riportate fossero da attribuire ad una deliberata aggressione unilaterale ovvero ad un tentativo di difesa dell’imputato nella colluttazione reciproca.
Il Procuratore generale presso la Corte d’Appello proponeva appello avverso la sentenza di assoluzione, sostenendo che la testimone oculare non avesse riferito di un’aggressione reciproca ma di una aggressione deliberata ed unilaterale dell’imputato nei confronti del ventenne cosentino. Poi si sarebbe costituita parte civile. La Corte annullò la sentenza di primo grado e condannò M.B. alla pena di mesi due di reclusione.
L’avv. Sammarco, ricorso in Cassazione, lamentò che la Corte di Catanzaro aveva emesso la sentenza in violazione dell’art 603 comma 3 bis cpp che prescrive come, in caso di appello del pm contro una sentenza di proscioglimento per motivi attinenti alla valutazione della prova dichiarativa, il giudice dispone la rinnovazione dell’istruzione dibattimentale. Tale comma, aggiunto dalla legge 23 giugno 2017 n°103, recepisce la giurisprudenza della Cedu (Corte europea dei diritti dell’uomo) e della stessa Cassazione sul punto, ed impone obbligatoriamente, solo in caso di una pronuncia assolutoria in primo grado e di appello del PM, al giudice di secondo grado di risentire i testimoni già escussi in primo grado qualora vi siano dubbi sulle dichiarazioni fornite in dibattimento.
Ciò non è accaduto nel caso concreto in quanto la Corte di Catanzaro ha ritenuto di riformare la sentenza senza procedere alla prescritta rinnovazione della istruttoria dibattimentale, pertanto la Cassazione non ha potuto fare altro che accogliere il ricorso ed annullare con rinvio ad altra sezione della corte di appello per un nuovo giudizio di secondo grado.