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Iran, il vento della protesta soffia anche a Cosenza: il Tribunale si ferma per 15 minuti
Nel corso della sospensione il Presidente, la Vicepresidente e i Consiglieri della Camera penale, hanno letto i documenti redatti in memoria delle vittime
COSENZA – Il Tribunale di Cosenza, gli Uffici giudiziari della Sezione penale e della Corte di Assise, si sono fermati, per quindici minuti, su richiesta della Camera penale di Cosenza “avvocato Fausto Gullo”, per “MASHA AMINI, NASRIN SOTOUDEH, NARGES MOHAMMADI, Donne condannate in nome della repressione della libertà, in nome dei diritti violati. Nel corso dei quindici minuti di sospensione il Presidente, la Vicepresidente e i Consiglieri del direttivo della Camera penale, hanno letto i documenti redatti in memoria delle vittime.
MASHA AMINI “armata soltanto della gioia della propria vita e colpevole di cattivo “hijab”, perché una ciocca di capelli le usciva dal velo e quindi non lo indossava correttamente. Incarcerata dalla “polizia morale” iraniana, deceduta mentre era in loro custodia”.
NARGES MOHAMMADI perché ritenuta colpevole, dalla giustizia iraniana, di aver fondato e gestito un movimento che si batte per l’abolizione della pena di morte.
NASRIN SOTOUDEH, avvocata iraniana, condannata dalla giustizia del proprio Stato, a 38 anni di carcerazione e 148 frustate -dunque alla pena di morte- per aver difeso donne che avevano tolto il velo e aver protestato contro il divieto, per l’imputato di reati ritenuti politici di nominare un avvocato di fiducia in luogo del legale “di regime”.
NASRIN SOTOUDEH è iscritta, dal 24 maggio 2019, tra i penalisti che costituiscono la Camera penale di Cosenza. Una forte e voluta provocazione: uccidere l’Avvocata NASRIN SOTOUDEH avrebbe significato uccidere parte dell’Avvocatura italiana.
Sono state ricordate ancora altre donne iraniane, vittime di violenza:
Nika Shakarami
Aveva 17 anni, NIKA.
Un volto pieno di speranza.
Protestava nella folla, dopo 4 giorni dalla morte di MAHSA AMINI, e urlava il motto iraniano “Donna, Vita, Libertà”.
Era il 20 settembre, veniva inseguita dalla “polizia morale”… …è riuscita ad inviare solo un messaggio ad una sua amica, per poi scomparire nel nulla.
Il suo corpo veniva ritrovato, senza vita, dopo 10 giorni… …l’autorità iraniana privava la famiglia anche del diritto di vederlo per l’ultima volta.
Nika ha pagato con la sua vita la “colpa” di «cattivo hijab».
Cosa resta di Nika? Il viso tumefatto. Il cranio spaccato. Il sorriso spento.
Aveva 17 anni.
Sarina Esmailzadeh
Sarina era una studentessa che sognava, come tante ragazze, un futuro di libertà e democrazia.
“Niente è meglio della libertà”, diceva.
Anche SARINA decideva di scendere in piazza, insieme a migliaia di adolescenti, per protestare contro la morte di Mahsa Amini e lottare per la difesa dei diritti civili, per la libertà di espressione, per la parità tra uomini e donne.
Il 23 settembre è morte, colpita dalle forze di sicurezza iraniane, a colpi di manganelli in testa-
Il suo sbaglio? Non aver indossato correttamente il velo.
Aveva 16 anni.
La violenza brutale della “polizia morale”… …
Gli agenti di sicurezza e di intelligence iraniani, da quanto è stato comunicato all’organizzazione non governativa iraniana IHS (Iran Human Rights), hanno sottoposto le famiglie delle giovani vittime – persino – ad interrogatori, pressioni, minacce per costringerle al silenzio; hanno sequestrato i certificati di morte, su uno dei quali era scritto “il decesso sarebbe dovuto a ferite multiple causate da percosse con un oggetto duro”; non è stato, nemmeno, consentito ai familiari di celebrare “in modo ufficiale” i funerali. Quante vittime innocenti…ancora…
Forti le emozioni, durante la lettura dei documenti, dinanzi al Collegio della sezione penale, Presidente Dott. Branda, Giudici a latere Dott.ssa Vigna e Castiglione, alla presenza del Sostituto Procuratore della Repubblica Dott. Cozzolino.
Analoghe le reazioni dinanzi alla Corte di Assise di Cosenza, composta dalla Presidente, Dott.ssa Lucente, e dal Giudice a latere, Dott. Bilotta, alla presenza del Sostituto Procuratore Dott. Frascino.
È stato, tra l’altro, ricordato il pensiero, sempre attuale, dell’Avvocato Luigi Gullo, precisamente il suo intervento all’inaugurazione della Camera penale di Cosenza, negli anni ’70: “l’Avvocato penalista dedica la propria vita non alla difesa del delitto ma alla difesa dell’uomo, perché “a professione – o se proprio volete così, la missione – del penalista è professione di libertà invisa ai tiranni e alle sgangherate democrazie in quanto noi siamo costantemente in posizione polemica con il potere quando esercita la sua violenza con la indiscriminata repressione”
I penalisti cosentini hanno concluso gli interventi ricordando, anche, la “mattanza carceraria italiana”, cosi chiosando:
“Siamo qui, con il nostro cencio nero indossato, per la dignità dell’essere umano.
Che è tradita nonché messa in pericolo in tutti i casi nei quali lo Stato non ne è più garante.
E siamo qui per ricordare, sempre con la Toga addosso, che lo strazio della dignità consumato dal regime iraniano deve essere da monito anche per le ritenute democrazie occidentali. In cui ancora si muore di – e nel – carcere.
Anche lo Stato che dimentica di tutelare la dignità dei propri cittadini è colpevole di dignità negata, di dignità tradita.
La mattanza carceraria italiana: 65 suicidi in nove mesi, negli istituti penitenziari da cui donne e uomini avrebbero dovuto trarre la nuova e vitale linfa della risocializzazione anziché la morte ! Dignità, dunque, per vivere nel regime iraniano. Dignità, anche, per non morire nelle nostre carceri”.
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