Si celebra il processo, ma l’imputato non sa neanche di avere commesso il reato e viene condannato ad un anno e sei mesi di reclusione. Sarà la difesa a renderlo nuovamente un uomo libero e a restituirgli la dignità e l’onestà
COSENZA – E’ una vicenda davvero particolare quella che ha visto l’assoluzione di Ruffolo Antonio, 57enne camionista originario di Marano Marchesato, dopo una vera e propria battaglia legale, in Corte di Appello di Catanzaro (Prima Sezione Penale, Presidente Giancarlo Bianchi) dall’accusa di aver rubato, nel 2008, energia elettrica presso un locale commerciale di Amantea. Ruffolo, difeso dall’avvocato Antonella Rizzuto, è stato assolto con formula piena “per non aver commesso il fatto”. Il 5 novembre 2013, era stato condannato dal Tribunale Penale di Paola alla pena un anno e sei mesi di reclusione, con sentenza emessa all’esito di un processo celebrato in assenza dell’imputato che, decorsi i termini di legge, era stata dichiarata irrevocabile e, dunque, esecutiva.
BUSSANO ALLA PORTA: SEI STATO CONDANNATO AL CARCERE
Ragion per cui Ruffolo nell’ottobre del 2014 si era visto recapitare un ordine di esecuzione per la carcerazione con contestuale decreto di sospensione del medesimo, nel quale veniva avvertito che aveva solo 30 giorni di tempo per richiedere la concessione di una misura alternativa alla detenzione, in mancanza della quale sarebbe stata eseguita, appunto, la pena della reclusione in carcere per la durata di 1 anno e 6 mesi così come disposta in sentenza. Ruffolo si affidò alla difesa dell’avvocato Antonella Rizzuto del Foro di Cosenza, specializzata in diritto penale e carcerario, la quale, assunta la difesa dell’uomo, per prima cosa bloccò l’esecuzione della pena con una apposita istanza, diretta alla Procura della Repubblica di Paola Ufficio Esecuzione Penale, avente ad oggetto la concessione dell’affidamento in prova al servizio sociale o, in subordine, quella della detenzione domiciliare. A quel punto bisognava solo attendere che il competente Tribunale di Sorveglianza di Catanzaro fissasse l’udienza per decidere sulla concessione, o meno, di misura alternativa alla detenzione.
NESSUN AVVOCATO D’UFFICIO CONTATTO’ L’IMPUTATO
Nel corso del colloquio con il difensore, tuttavia, Ruffolo precisò subito di non avere mai avuto alcuna conoscenza di un procedimento penale celebrato a suo carico, di non essere mai stato contattato da alcun altro avvocato in merito alla vicenda oggetto dello stesso e di non avere mai ricevuto alcun avviso dal Tribunale. La sincera convinzione espressa dal proprio assistito in ordine alla mancata conoscenza del processo nonché alla completa estraneità rispetto ai fatti allo stesso contestati, determinò quindi l’avvocato Antonella Rizzuto a recarsi subito personalmente anche presso il Tribunale di Paola per chiedere la visione della sentenza di condanna dichiarata irrevocabile e degli atti contenuti nel fascicolo del dibattimento. A quel punto il difensore scoprì come, a prescindere dalla ritualità formale degli atti di notifica succedutisi nel tempo, fosse effettivamente da escludere che l’imputato avesse avuto conoscenza del procedimento a suo carico e della sentenza di condanna, dal momento che non risultava che lo stesso avesse mai avuto alcun rapporto con il difensore d’ufficio nominato sin dalla conclusione delle indagini a suo carico, il quale non risultava essere mai stato presente alle udienze di celebrazione del processo (svolto con il patrocinio di avvocati prontamente reperibili nominati d’ufficio) e, per di più, aveva ricevuto anche la notifica della sentenza come difensore erroneamente indicato “di fiducia” senza informare in alcun modo il condannato.
LA SCELTA DELLA DIFESA, SI APRE LA STRADA VERSO L’ASSOLUZIONE
Stando così le cose, risultava chiaro come Ruffolo, né aveva potuto difendersi presenziando al processo a suo carico e concordando un’adeguata linea difensiva, né tanto meno aveva potuto esercitare pienamente il proprio diritto di difesa proponendo impugnazione della sentenza di condanna, ormai divenuta esecutiva. Senza alcuna esitazione, il legale Antonella Rizzuto si determinava così ad avanzare anche richiesta di procedimento di esecuzione avente ad oggetto specifica “questione sul titolo esecutivo”, risultando evidente che la sentenza emessa a carico del proprio assistito fosse stata erroneamente divenuta irrevocabile e che, pertanto, lo stesso dovesse essere rimesso nei termini per proporre appello. Vi è da dire, però, che tale richiesta veniva proposta ormai nelle more della decisione sull’istanza di misura alternativa alla detenzione, per cui da quel momento iniziarono anche una serie di doverose richieste di rinvio della trattazione del procedimento avanzate al Tribunale di Sorveglianza di Catanzaro e motivate proprio sul presupposto che, contestualmente, pendeva un procedimento di esecuzione per contestata efficacia del titolo esecutivo.
LA CASSAZIONE ANNULLA L’ORDINANZA
A parere dell’Avvocato Rizzuto, infatti, il procedimento di sorveglianza nell’interesse del Ruffolo non poteva assolutamente essere trattato prima della decisione sull’istanza di rimessione in termini, poiché in tal caso sarebbe stata resa ingiustamente eseguibile la pena comminata al proprio assistito. Tanto più che lo stesso aveva richiesto un procedimento di esecuzione proprio perché non aveva avuto conoscenza effettiva del procedimento, non vi si era sottratto volontariamente né aveva rinunciato volontariamente a proporre impugnazione avverso la sentenza ormai irrevocabile. Ebbene, il procedimento di esecuzione richiesto si concluse, in prima battuta, il 21 aprile 2017 allorquando il Tribunale di Paola, adito in funzione di giudice dell’esecuzione, dichiarò “inammissibile la richiesta di restituzione nel termine formulata nell’interesse di Ruffolo Antonio”.
Tanto determinò il legale del Ruffolo a portare la questione al vaglio della Suprema Corte di Cassazione denunciando inosservanza o erronea applicazione della legge penale poiché il giudice dell’esecuzione, lungi dal soffermarsi e pronunciarsi prima di tutto sulla validità o meno del titolo esecutivo, aveva valutato solo l’esistenza dei presupposti e delle condizioni per la restituzione nel termine ex art. 175 c.p.p., dando unicamente conto dei motivi per cui ha ritenuto la stessa inammissibile poiché, a suo dire, tardiva. Il giudice dell’esecuzione, in sostanza, aveva letteralmente confuso la questione sul titolo esecutivo con la restituzione nel termine e per tale motivo la Corte di Cassazione, Sezione 4 Penale, in accoglimento del ricorso (proposto con il patrocinio dell’avvocato cassazionista Pietro Sammarco del foro di Cosenza), con sentenza del 24 Novembre 2017 annullò l’ordinanza impugnata rispedendo gli atti al Tribunale di Paola perché provvedesse ad un nuovo esame delle richieste avanzate nell’interesse di Ruffolo Antonio.
INESECUTIVITA’ DELLA SENTENZA
In tutto questo, la condanna alla pena di 1 anno e 6 mesi di reclusione comminata nel 2013 a carico e all’insaputa del Ruffolo diventava ogni giorno più vicina, aumentando così anche le preoccupazioni dell’uomo di non poter mantenere l’occupazione lavorativa di camionista (peraltro incompatibile con prescrizioni limitative della libertà) nel caso in cui si fosse dovuto assentare dal posto di lavoro per la durata della pena stabilita in sentenza, nonostante i numerosi rinvii concessi dal Tribunale di Sorveglianza di Catanzaro che, per verità, non ha mancato di dimostrare interesse e “comprensione” dinanzi alle motivazioni e agli aggiornamenti sulla vicenda Ruffolo, puntualmente esposti dall’avvocato Rizzuto. Sta di fatto che, finalmente, con provvedimento del 9 Gennaio 2018, il Tribunale Penale di Paola in funzione di giudice dell’esecuzione, in accoglimento dell’istanza avanzata in favore di Ruffolo, veniva dichiarata l’inesecutività della sentenza emessa il 5 Novembre 2013 dal Tribunale di Paola, rimettendo lo stesso nei termini per proporre appello, che infatti veniva proposto dall’avvocato Rizzuto nei termini di legge.
Dinanzi a tale evenienza, il 5 Luglio 2018 il Tribunale di Sorveglianza dichiarava il non luogo a provvedere sull’esecuzione della pena, essendo venuto meno in titolo in esecuzione. Il 24 Giugno u.s. è stato così celebrato il giudizio di secondo grado nei confronti dell’imputato Ruffolo Antonio, nel corso del quale l’Avvocato Rizzuto non ha mancato di evidenziare la grossolanità con cui era stata dichiarata irrevocabile la sentenza emessa a carico del proprio assistito, del tutto pari a quella dimostrata dal giudice di prime cure per ritenere provata la responsabilità penale dello stesso in ordine al grave delitto ascritto. Ovviamente, l’estraneità del Ruffolo rispetto ai fatti contestati è emersa in tutta la sua evidenza nel corso del giudizio di secondo grado, tanto che la Corte di Appello, accogliendo le argomentazioni difensive esposte, ha riformato la sentenza impugnata mandando assolto l’imputato dal delitto allo stesso ascritto per non aver commesso il fatto, con ciò ponendo fine alle tribolazioni di Ruffolo che, nel corso di questi ultimi lunghi anni vissuti in uno stato di vera e propria preoccupazione, si era visto pesare sempre di più come macigno l’ingiusta pena di 1 anno e 6 mesi di carcere. Ciò a dimostrazione di come, purtroppo, a volte imputati privi di difensore di fiducia siano trattati come “imputati di serie B” e di come, comunque, non bisogna mai arrendersi per far valere la propria innocenza. Pienamente soddisfatta l’Avvocato Antonella Rizzuto che ha portato avanti fino in fondo questa battaglia legale.