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Precari, l’altro volto della scienza alla Notte dei Ricercatori dell’Università della Calabria

precari ricercatori unical copertina

RENDE (CS) – Scienza e precari. La Notte Europea dei Ricercatori e delle Ricercatrici da stamattina anima anche l’Università della Calabria con iniziative di divulgazione scientifica, musica e spettacoli rivolti alla cittadinanza. Sul ponte Bucci i lavoratori con contratti atipici e a tempo determinato del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) hanno appeso uno striscione «Basta precariato di Stato» mostrando l’amara realtà degli scienziati. Un piccolo esercito che con passione e dedizione porta avanti studi per il progresso e l’innovazione in Italia, nonché la cura di numerose patologie: dal cancro all’obesità.  Un settore nevralgico per lo sviluppo del Paese affidato a personale caratterizzato dalla particolare condizione di instabilità lavorativa al quale non è concesso programmare né carriera né vita personale.

I precari alla Notte Europea dei Ricercatori

«Il mio contratto è partito il 1° gennaio 2025 – spiega una ricercatrice del gruppo Precari Uniti – e scade il 31 dicembre 2025. Prima ne ho avuto uno identico: dal 1° gennaio 2024 al 31 dicembre 2024. Entrambi sono assegni di ricerca finanziati dai fondi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) per progetti elaborati in collaborazione dell’Università della CalabriaMi sto occupando di malattie neurodegenerative legate all’invecchiamento. Mancano però i fondi per rinnovare i contratti in tutti gli istituti CNR. Il Governo, per ora, ha stanziato fondi per assumere meno di 200 precari, il resto delle risorse sembra abbiano inteso investirle in spese militari. Confidiamo nella nuova Legge di Bilancio che possa riconoscere il valore della scienza e della ricerca per lo sviluppo del Paese».

Fare ricerca in Calabria

«In Calabria nell’ultimo anno gli unici concorsi banditi – ricorda la ricercatrice – prevedevano l’assunzione di solo 2 ricercatori. Vorrei sottolineare che mentre aspettiamo nuovi bandi tanti brillanti scienziati hanno già perso il lavoro perché il loro contratto è scaduto ad agosto. E si ritrovano ad essere disoccupati dopo anni di sacrifici. Per continuare a fare ricerca serve trasferirsi all’estero. Biologi e biotecnologi per entrare nei laboratori di analisi privati o pubblici devono fare anni di corso di specializzazione accedendo a una graduatoria che in Calabria non scorre da tempo immemore. Ho 35 anni e sono tra le più giovani ricercatrici che sperano nella stabilizzazione. I miei colleghi sono precari da diversi lustri. Si tratta di persone ultra settorializzate, con poche possibilità di essere versatili, se non ripiegando nell’insegnamento. Ricercatori 50enni precari restano senza lavoro e non è facile reinserirsi nel mercato della ricerca neanche nel resto d’Italia. La situazione del CNR al momento è uguale in tutti i suoi istituti. Hanno finanziato le assunzioni tra il 2024 e il 2027, ma i fondi dedicati a noi non sono ancora stati spesi perché non è partita la manifestazione di interesse. La proposta è di sbloccarli con celerità e avviare l’iter per stabilizzare il personale precario. Siamo molto fiduciosi».

Scienza e precariato al CNR

«Anche il mio contratto – chiarisce un altro ricercatore del CNR – scade a dicembre 2025. Era partito nel giugno del 2023, prima ho beneficiato di un assegno di ricerca di altri contratti di collaborazione con il CNR. Sto lavorando, attraverso fondi PNRR, sulla creazione di una piattaforma in grado di prevenire i danni di frane, smottamenti, gestire ed evitare disastri legati al dissesto idrogeologico. Appena andrò via questo studio, al momento, si fermerà. Non so cosa farò, sono stanco di essere precario.

Le poche opportunità che restano per fare ricerca sono al Nord Italia o all’estero, non c’è alcuno spazio per restare in Calabria». Valentina Grosso è una dei referenti regionali dei Precari Uniti del CNR. «Non è semplice intercettare i precari, – afferma Grosso – ma siamo riusciti a creare una rete tra i vari istituti del Consiglio Nazionale della Ricerca presenti in Calabria. Nella nostra regione sono circa 70/80 i ricercatori e le ricercatrici con contratti a tempo determinato, borse di studio, assegni di ricerca. Oggi vogliamo fare anche la nostra parte di comunicazione scientifica, mostrando il lato più triste della ricerca. Il lavoro della maggior parte dei colleghi ai quali scade il contratto entro fine anno è stato finanziato dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Per loro sembrerebbe non ci sia possibilità di rinnovo, andranno a casa».

«Chiediamo che quando a dicembre verrà approvata la prossima Legge di Bilancio siano stanziati più fondi per le stabilizzazioni, perché quelli odierni bastano a contrattualizzare con la Legge Madia solo 180 persone, un numero irrilevante a fronte di circa 4.000 precari a livello nazionale e di 1.500/1.600 ricercatori che abbiamo i requisiti per usufruirne. A breve il CNR dovrebbe pubblicare una manifestazione d’interesse alla quale partecipare per essere reclutati».

Disoccupati troppo specializzati

«La maggior parte di coloro che rimarranno senza lavoro – sottolinea Grosso – hanno già un’età media tra i 45 e 50 anni. Le aziende private non sono generalmente propense a investire su una persona “diversamente giovane”. In più siamo di fronte a figure professionali specializzate in determinati settori. Da 10/15 anni lavoriamo su precise ricerche quindi è difficile ricollocarci in altri ambiti. Essendo altamente qualificati, non si investe su di noi e la ricollocazione è abbastanza complicata».

«Tanti si riversano sulla scuola perché l’insegnamento è una possibilità che si erano tenuta aperta, oppure per lavorare dovranno reinventarsi, partendo da zero. Se costretti, emigreranno. In tanti faranno altri mestieri perché nel frattempo, trattandosi di persone alla soglia dei 50 anni, alcuni hanno famiglia come me con 2 bambini. Subentrano tante situazioni personali che frenano in questa fascia d’età l’emigrazione all’estero che spesso è l’unica soluzione all’orizzonte per continuare a lavorare nella ricerca».

La scienza affidata ai precari

«Il più grande ente di ricerca italiano, il CNR, così come le università italiane, – denuncia Grosso -fa Scienza grazie alle ore trascorse in laboratorio e sui libri dai precari. E si rimane anni e anni in questo limbo. Questo ha ripercussioni sull’incisività della ricerca sul progresso e sviluppo del Paese. A dicembre quando scadranno i contratti, tanti progetti resteranno in sospeso in quanto non sono stati portati a termine perché è scaduto il contratto di chi vi stava lavorando. E sono comunque progetti che hanno forte impatto sull’agricoltura, sulla gestione di frane e alluvioni, sulla salute, sulla purificazione delle acque. Progetti che se non verranno bloccati, saranno rallentati tantissimo perché manca il personale per lavorarci. Le ripercussioni sono notevoli. Abbiamo la sensazione di essere un po’ abbandonati a noi stessi come se fossimo dei lavoratori di serie B. Eppure abbiamo pari dignità rispetto a tutti gli atri impiegati della pubblica amministrazione. Nei laboratori perseguiamo una missione che è quella appunto di migliorare la nostra terra quindi vorremmo che il Parlamento non ci ignorasse».

Precari alla Notte dei Ricercatori

«Il mio contratto scade il 31 dicembre 2025, – dice Michele Di Biase del gruppo Precari Uniti CNR – come tutti i miei colleghi PNRR. È iniziato 2 anni fa, ma ho circa 10 anni di precariato alle spalle. Abbiamo ottenuto i risultati richiesti dal progetto che riguarda lo studio delle precipitazioni atmosferiche e la prevenzione dei fenomeni franosi. Stiamo creando un sito al quale ogni cittadino può accedere per capire se va incontro a rischi di dissesto idrogeologico quando piove o nevica».

«Se noi andiamo via, non so chi porterà avanti questa piattaforma? La cruda verità è che in Italia la maggior parte della ricerca è svolta dai precari. Personalmente dal 1° gennaio 2026 sarò disoccupato, dovrò iniziare tutto da capo. Ogni volta si riparte da zero e questo rallenta la ricerca. È inevitabile. La situazione è devastante, spero che il Governo ci venga incontro con la nuova Legge di Bilancio».

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