Provincia
Papasidero: resti umani nella Grotta del Romito, scoperto anfratto di sepoltura collettiva
PAPASIDERO (CS) – La grotta del Romito nel territorio di Papasidero «ha ospitato comunità per molti millenni, da 24mila anni fa fino al II millennio a.c.». Così il professor Fabio Martini, dell’Università di Firenze, responsabile degli scavi archeologici nel sito dove è stato riportato alla luce, in una piccola cavità adiacente alla grotta, un luogo di sepoltura a partire dal Neolitico (in questi livelli archeologici sono in atto le indagini di questo mese) sino all’età del Bronzo. Le operazioni di scavo hanno permesso di recuperare i resti di numerosi individui collocati in un piccolo anfratto secondo un rito di sepoltura collettiva. Inoltre lungo la medesima parete rocciosa «è stato individuato un altro stanziamento preistorico – spiega il docente dell’Università di Firenze – che sarà oggetto di studio nei prossimi anni». I reperti saranno oggetto di studi multidisciplinari secondo le più moderne metodologie, compresi gli studi sul DNA. Lungo la medesima parete rocciosa è stato individuato un altro stanziamento preistorico che sarà oggetto di studio nei prossimi anni».
Con questi ritrovamenti la grotta del Romito diventa un «giacimento con grandi potenzialità – ha sottolineato il sindaco di Papasidero, Fiorenzo Conte – capace di ampliare il suo profilo scientifico, la valenza formativa per le scuole e per le nuove generazioni, il bacino turistico e le offerte professionali». Ed è in questa direzione che si stanno muovendo la Soprintendenza di Cosenza, l’Università di Firenze, il Comune di Papasidero, la Regione Calabria e quanti hanno a cuore la valorizzazione del locale patrimonio culturale e ambientale.
Attualmente, sono in fase di progettazione nuovi interventi strutturali per rendere il sito visitabile con maggiore agio, anche da persone con disabilità, interventi che sono ispirati all’inclusione e all’accoglienza proprio seguendo lo stile degli antichi abitanti di questi luoghi. Le ricerche scientifiche infatti hanno confermato che 24mila anni fa qui hanno vissuto gruppi di cacciatori-raccoglitori paleolitici che hanno lasciato tracce importantissime dei loro modi di vita e della loro cultura: sepolture, opere d’arte (tra tutte la famosa incisione di Bos primigenius sul grande masso che maestosamente campeggia all’ingresso della grotta), manufatti in pietra, osso e corno. Questi uomini possedevano «uno spirito empatico e una propensione all’inclusione che ha portato alla cura di individui disabili: costoro – aggiunge il prof. Martini – solo grazie alla cura del gruppo hanno potuto vivere superando gravi patologie invalidanti, come ad esempio l’individuo affetto da nanismo che è deceduto in età adulta pur non avendo le potenzialità fisiche richieste in quell’ambiente impervio di montagna».

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