Vuole cambiare sesso, il Tribunale autorizza l’intervento e la modifica dei documenti

La storia di Alessandro (nome di fantasia) autorizzato dal Tribunale a sottoporsi all’intervento medico-chirurgico e a rettificare l’attribuzione del sesso sui documenti

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CATANZARO – Il Tribunale di Catanzaro, Prima Sezione Civile, in composizione collegiale, all’esito della Camera di Consiglio, ha pronunciato la sentenza con cui ha accolto la domanda proposta da “Alessandro” (nome di fantasia che verrà utilizzato anche nel prosieguo), assistito dall’avvocato Giuliano Arabia: ha, in particolare, autorizzato “Alessandro” a sottoporsi – al passaggio in giudicato della sentenza – all’intervento medico-chirurgico per l’adeguamento dei caratteri sessuali da maschili a femminili e, allo stesso tempo, ha ordinato all’Ufficiale dello Stato Civile del Comune di competenza di procedere alla rettificazione dell’attribuzione di sesso da maschile a femminile ed alla variazione del prenome anagrafico da “Alessandro” in “Bianca” (anche questo, nome di fantasia).

Il Tribunale calabrese ha ritenuto, all’esito dell’istruttoria, la domanda promossa (allora) da Alessandro, fondata e meritevole di accoglimento: il giovane ragazzo, calabrese, aveva chiesto al Tribunale di essere autorizzato ad effettuare il trattamento medico-chirurgico per l’adeguamento dei propri caratteri sessuali da maschili a femminili e, contestualmente, di poter rettificare (indipendentemente dall’effettuazione del trattamento medico-chirurgico), i propri atti anagrafici disponendo che il competente Ufficiale di Stato Civile procedesse con la modifica dei suoi documenti affinché risultasse quello femminile quale genere giuridico di appartenenza e quale unico prenome quello di “Bianca”.

Il legale – l’avvocato Giuliano Arabia del Foro di Cosenza (in foto) – ha sostenuto sin dall’atto introduttivo del giudizio che il giovane, all’anagrafe celibe e senza figli, nato con caratteri biologici, anatomici e genitali di tipo maschile, aveva manifestato la sua identità di genere femminile già in tenera, al punto tale da aver deciso, nel tempo, di intraprendere un percorso per ricondurre ad armonia il suo vissuto psicologico rispetto alla propria identità di genere. Oggi “Bianca” è una ragazza felice che guarda al passato e a ciò che era, con un sorriso raggiante per il sogno, finalmente, realizzato.

La storia

Questa è la storia di Alessandro, oggi Bianca (o meglio, a breve): di Alessandro, il bambino che era e che l’ha accompagnata per mano in questo lungo e delicato percorso di rinascita, Bianca conserva gli occhi grandi, penetranti e, soprattutto, la forza e la determinazione che l’ha sempre sostenuta in questi anni. Alessandro, sin dalla prima infanzia ha percepito un’identità di genere femminile non corrispondente al sesso attribuitogli al momento della nascita e questo suo sentire si è da subito manifestato tanto nella scelta dei giochi quanto nell’abbigliamento.

Crescendo, ad un certo punto della propria esistenza, ha iniziato a scoprirsi, a riconoscersi e a raccogliere i propri pensieri su un piccolo diario. Si rifugiava nella sua cameretta, lontano dai propri affetti: in quei momenti così intimi poteva essere, finalmente, “sé stessa” e annotava, così, sogni, speranze ed emozioni. Molto spesso, mentre scriveva, bagnava quelle pagine bianche del diario, con le lacrime che rigavano costantemente il suo viso e scandivano, purtroppo, anche il ritmo del suo cuore. Era quello l’unico momento in cui dimenticava Alessandro, metteva da parte la paura e tutto il resto passava in secondo piano. Era semplicemente “Bianca”.

Poi, però, era costretta a tornare alla realtà: chiudeva il diario lasciando – come fosse un segnalibro – la matita tra le pagine e riprendeva per mano “Alessandro”. Doveva, purtroppo, fare i conti con una verità difficile da digerire: lo smarrimento di sentirsi fortemente donna mentre lo specchio rifletteva, irrimediabilmente, l’immagine di un ragazzo. Tutto questo era inaccettabile. Difficile da affrontare e da digerire.

Alessandro sostenuto da mamma e papà

È arrivato, così, il momento in cui Alessandro ha sentito l’esigenza di liberarsi di questo “segreto” che custodiva nel profondo del proprio cuore e ha deciso di parlare con i propri familiari: papà Alberto e mamma Ludovica (nomi, anche questi, di fantasia), avevano percepito tutto sin dall’inizio, tanto che difronte al pianto liberatorio di Alessandro si sono raccolti in un abbraccio spontaneo e accogliente, rassicurandolo dai mille timori che lo affliggevano. Dà lì è iniziato un viaggio verso la felicità accompagnato da mamma e papà ed ha intrapreso, così, un percorso per ricondurre ad armonia il suo vissuto psicologico rispetto alla propria identità di genere: pian piano, passo dopo passo, Alessandro ha potuto così iniziare ad essere libero di essere “sé stessa”. Ha iniziato a rapportarsi con la realtà esterna come donna. Con fierezza. Senza alcuna paura. Finalmente il suo sogno iniziava a prendere forma. Così, dopo aver sperimentato, in ambito privato, un percorso psicoterapeutico in forma individuale, della durata di un anno, con uno specialista di fiducia, ha deciso di iniziare un percorso medico-psicodiagnostico presso una struttura pubblica al fine di accertare la disforia di genere, e, di poi, un analogo percorso endocrinologico. “Alessandro”, supportata come sempre dalla famiglia, ha, così, poi, deciso di avviare il necessario iter giudiziale, con l’assistenza dell’avvocato Giuliano Arabia, per poter essere ufficialmente “sé stessa” anche agli occhi della legge.

La sentenza

Il Tribunale – ha precisato il legale – al termine dell’istruttoria, con la sentenza dello scorso maggio, alla luce della certificazione medica allegata dalla parte, delle dichiarazioni rese dalla medesima all’udienza di comparizione e delle risultanze peritali, ha ritenuto che “Alessandro”, al termine di un serio e consapevole percorso individuale, avesse non solo acquisito una nuova e compiuta identità di genere ma avesse, anche, “..raggiunto la piena consapevolezza e determinazione di portare a compimento l’intrapreso percorso di transizione da maschile a femminile, assumendo una decisione definitiva ed irrevocabile”.

Tanto che il Collegio, poi, è arrivato alla conclusione che, nel caso in esame, l’adeguamento dei caratteri sessuali mediante trattamento medico-chirurgico fosse necessario per il raggiungimento di un pieno benessere psicofisico, così assolvendo a quel ruolo di garanzia del diritto alla salute di cui alla nota pronuncia n. 221 del 2015 della Corte Costituzionale, secondo cui “..il trattamento chirurgico non si configura come prerequisito necessario per accedere al procedimento di rettificazione, bensì come un possibile mezzo, funzionale al conseguimento di un pieno benessere psicofisico”. Una pronuncia importante, questa, a tutela del diritto fondamentale all’identità di genere e all’identità personale: “finalmente ora Bianca potrà iniziare a vivere la vita che ha sempre desiderato”, è quanto affermato, in conclusione, il legale.

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