REGGIO CALABRIA – Vincenzo Quaranta chiede giustizia dopo quattro anni dalla tragedica uccisione di sua figlia a Furci Siculo. Le attenuanti generiche dovute allo stress da Covid infatti, potrebbero far evitare al fidanzato e infermiere calabrese Antonio De Pace, l’ergastolo. Il padre della giovane vittima intervistato da Maria Grazia Mazzola per TV7, speciale del Tg1, racconta come Lorena “già da piccola era la colonna della casa e aveva il suo obiettivo che era la medicina”. Lorena Quaranta aveva 27 anni quando è stata uccisa, strangolata il 21 marzo del 2020 nella casa in cui vivevano insieme. “Mi affido alla Corte di Reggio Calabria, ai giudici popolari, alla presidente che è una donna, mi affido a loro per avere giustizia, per mia figlia e per tutte le donne”.
Vincenzo Quaranta ripercorre la vicenda giudiziaria che ha portato la Cassazione, dopo 4 anni e mezzo dal femminicidio, a chiedere un nuovo processo per l’infermiere, condannato in primo grado dalla Corte d’Assise d’Appello di Messina all’ergastolo, al fine di considerare tra le attenuanti ‘lo stress da covid’. La Procura generale di Reggio Calabria ha quindi chiesto 24 anni di carcere. La sentenza è attesa per il 28 novembre.
“Deve rifarsi una vita? E la vita che ha tolto?”
“Non era né malato mentale – dichiara il padre di Lorena – né c’era alcuno stress. La sera lui usciva: ci sono tutti i WhatsApp, andava a giocare con la Play. La pena è che deve uscire e rifarsi una vita? E la vita che ha tolto?. La giustizia deve dare una risposta. Voi donne lottate, ma la giustizia si deve fare”.
Lorena e il fidanzato convivevano a Furci Siculo e gli ultimi messaggi trovati sul cellulare della giovane farebbero emergere i comportamenti violenti dell’infermiere calabrese: pugni al vetro della macchina, “il senso di inferiorità” che lui sentiva per essere infermiere e non medico. “Lei lo incoraggiava in tutto – ricorda – ha fatto tutto per lui”.
Lorena Quaranta è stata strangolata: “lui le ha stretto il collo per più di 3-4 minuti con furia ed efferatezza” spiega l’avvocata della famiglia, Cettina La Torre. “E poi le ha scagliato una lampada sul volto “fino a spezzarle i denti. Mia moglie è svenuta quando siamo entrati nella casa dissequestrata”, dice papà Vincenzo.