MARCINELLA – La mattina dell’8 agosto del 1956 nella miniera di carbone Bois du Cazier, a Marcinelle, in Belgio, 262 minatori morirono in una delle più gravi tragedie sul lavoro di tutti i tempi. Dei 262 operai periti 136 erano italiani, quasi tutti provenienti dal mezzogiorno d’Italia. Metà erano abruzzesi, e buona parte erano calabresi originari di Reggio Calabria, Cosenza, San Giovanni in Fiore, Caccuri, Cerenzia, Castelsilano, Santa Severina, Rocca Bernarda, Savelli, Scandale, di tutta la Sila e dell’intero Marchesato di Crotone.
“Erano le 8 e 10”
Causa dell’incidente fu un malinteso sui tempi di avvio degli ascensori. Si disse che all’origine del disastro fu un’incomprensione tra i minatori, che dal fondo del pozzo caricavano sul montacarichi i vagoncini con il carbone, e i manovratori in superficie. Il montacarichi, avviato al momento sbagliato, urtò contro una trave d’acciaio, tranciando un cavo dell’alta tensione, una conduttura dell’olio e un tubo dell’aria compressa. Erano le 8 e 10 quando le scintille causate dal corto circuito fecero incendiare 800 litri di olio in polvere e le strutture in legno del pozzo. Dopo due settimane di ricerche, mentre una fumata nera e acre continuava a uscire dal pozzo sinistrato, uno dei soccorritori che tornava dalle viscere della miniera non poté che lanciare un grido di orrore: «Tutti cadaveri!».
Il prezzo di un accordo tra Italia e Belgio
Ci furono due processi, che portarono nel 1964 alla condanna di un ingegnere a 6 mesi con la condizionale. In ricordo della tragedia, oggi la miniera Bois du Cazier è patrimonio Unesco. La tragedia della miniera di carbone di Marcinelle è soprattutto una tragedia degli italiani immigrati in Belgio nel dopoguerra. Tra il 1946 e il 1956 più di 140mila italiani varcarono le Alpi per andare a lavorare nelle miniere di carbone della Vallonia. Era il prezzo di un accordo tra Italia e Belgio che prevedeva un gigantesco baratto: l’Italia doveva inviare in Belgio 2mila uomini a settimana e, in cambio dell’afflusso di braccia, Bruxelles si impegnava a fornire a Roma 200 chilogrammi di carbone al giorno per ogni minatore. L’incidente è il terzo per numero di vittime tra gli immigrati italiani all’estero dopo i disastri di Monongah e di Dawson.
“Tenere viva memoria affinché drammi così dolorosi non si ripetano”
“A 68 anni dalla tragedia di Marcinelle, in Belgio, in cui persero la vita in una miniera di carbone 262 operai, di cui la metà italiani, e tra questi moltissimi calabresi, abbiamo il dovere di tenere viva nella memoria questa enorme sciagura affinché drammi così dolorosi non si ripetano più. Quell’8 agosto furono strappate alla vita persone che erano andate incontro all’emigrazione per consentirsi una vita dignitosa.
Come istituzioni oggi è nostro compito fare sempre di più per garantire ai nostri cittadini il rispetto di diritti e servizi primari, e creare quelle condizioni di sviluppo economico e sociale affinché nessuno debba più sentirsi obbligato a lasciare la propria terra e i propri affetti per inseguire un futuro migliore”. Così Roberto Occhiuto, presidente della Regione Calabria.