Calabria
‘Askos, il canto della sirena’: il docufilm scritto dal calabrese Martino, premiato a Firenze
CROTONE – Fa incetta di riconoscimenti ‘Askos, il canto della sirena’, il docufilm scritto dal crotonese Antonio Martino insieme al giornalista cosentino Francesco Mollo che si è aggiudicato il premio ‘Università di Firenze’ alla VI edizione del Firenze Archeofilm. Un lavoro che racconta il viaggio dell’Askòs, ritrovato dai tombaroli nel territorio di Crotone e selezionato tra 88 pellicole arrivate da tutto il mondo. Un viaggio in 60 minuti che racconta il ritrovamento di un unguentario bronzeo del V secolo a.C., raffigurante una sirena. Prodotto da Lago Film di Cosenza e Solaria Film, con il sostegno della Calabria Film Commission, racconta la storia del prezioso reperto ora custodito nel Museo archeologico nazionale di via Risorgimento a Crotone.
Nel 1983 in un bosco fuori la città di Crotone, un contadino, trova per caso una tomba antica e tra i tanti reperti rinvenuti c’è anche un oggetto a forma di arpia, volgarmente definito dagli abitanti del posto la “Papera”. Molto presto si scopre che l’oggetto potrebbe avere un valore economico importante e così l’oggetto ritrovato viene venduto ad un ricettatore di Bari per 10 milioni di lire e una mucca. Subito dopo viene portato in Svizzera e acquistato da un gruppo di multinazionali del farmaco per 400 milioni di lire.
Successivamente, attraverso diversi passaggi, l’oggetto viene acquistato dal Getty Museum di Malibù per 2 miliardi di lire. La “Papera” è in realtà un reperto funerario magno-greco risalente al IV-V secolo A.C. rappresenta una sirena (arpia). Costituisce uno dei rari oggetti che possono essere legati direttamente alla dottrina di Pitagora, fondatore della scuola di sapere a Crotone. I segreti della civiltà magnogreca, relativi alla storia del posto, restano ancora un mistero. Gli anni ottanta, periodo in cui la sirena fu rinvenuta clandestinamente, erano gli anni della piena industrializzazione del territorio crotonese. L’archeologia, in un momento caratterizzato dalla cultura del denaro e del progresso non sembrava importante, e i reperti venivano spesso ignorati o distrutti per la costruzione di strade e infrastrutture, favorendo però la nascita di bande di tombaroli, che in contatto con ricettatori internazionali, iniziarono il traffico di reperti archeologici.
Il documentario racconta il ritorno a Crotone di questo importantissimo reperto archeologico per mano dei Carabinieri del Nucleo Tutela Patrimonio Culturale di Cosenza.
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