Ispettori del Lavoro di Cosenza in agitazione: «irrazionalità nelle attività di vigilanza»

I sindacati (Fp Cgil, Cisl, Uilpa, Confintesa, Unpa) si fanno portavoce del malcontento dei lavoratori a Cosenza: «sono state rilevate diverse criticità»

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COSENZA – Lavoratori in agitazione l’Ispettorato Territoriale del Lavoro di Cosenza riguardo alla formulazione degli obiettivi assegnati ai singoli uffici dalla Direttiva di II Livello. A scrivere sono i sindacati (Fp Cgil, Cisl, Uilpa, Confintesa, Unpa) che tirano le somme dell’assemblea organizzata per discutere sulle criticità principali.

“All’unanimità dei presenti il personale ha rilevato come detti obiettivi siano costruiti in modo tale da comprometterne la possibilità di raggiungimento e da snaturare la stessa funzione dell’attività di vigilanza, volta a fornire tutela diretta ai lavoratori e a contrastare i fenomeni di effettiva illegalità e di rischio per la salute e sicurezza sui luoghi di lavoro. Si è osservato preliminarmente che sul fronte del “dare” l’Agenzia persevera nel disattendere tutte le richieste poste a base della piattaforma su cui si è strutturata la mobilitazione fino a tutto il 2023, fatta eccezione per i famigerati arretrati perequativi, in relazione ai quali , ci sono voluti ben tre scioperi per vedere riconosciuto un diritto basilare, addirittura neanche integralmente soddisfatto, perché non si comprende su quale base sia stato detratto dal totale degli arretrati l’importo erogato a titolo di una tantum 2022, rispondente a tutt’altra qualificazione giuridica. Sul fronte del “chiedere” invece assistiamo ad un continuo appesantimento formalistico e burocratico di quelle che dovrebbero essere funzioni di sostanza, volte a garantire la legalità sui luoghi di lavoro.

Ispettorato del Lavoro di Cosenza: “rilevate diverse criticità”

“Le criticità sono rilevanti – prosegue la nota dei sindacati – soprattutto nell’ambito della vigilanza ordinaria, dove, nella predisposizione degli obiettivi, domina il criterio matematico e quello della qualità non dipendente dalla volontà e dall’attività resa dal singolo Ispettore. Il metodo matematico (tanti accessi quante teste), non tiene in considerazione, né la specificità dei territori e degli uffici, né la particolarità di situazioni soggettive meritevoli di tutela. Non si comprende, infatti, come sia possibile che funzionari impegnati nell’assistenza di disabili ai sensi della L.104/92, oppure lavoratrici madri in allattamento con orario ridotto o con altre situazioni simili, debbano produrre un numero di accessi uguale a chi ha un orario di lavoro pieno, senza che siano previste modulazioni rispondenti ad evidenti ragioni di equità e di tutela, oltre che di semplice buon senso.

La Direttiva di II Livello sancisce, inoltre, degli standard qualitativi da richiedere al singolo Ispettore (e quindi in parte ricadenti sui Piani Individuali), che questi non è in grado di determinare con la propria attività, dipendendo essi da circostanze che esulano dalla sua sfera di azione, quali la programmazione, la scelta dell’obiettivo e comunque lo stesso ricorrere della violazione, che è fatto assolutamente non prevedibile dal singolo funzionario di vigilanza. In altri termini può e deve chiedersi all’Ispettore di compiere vigilanza di contrasto al lavoro sommerso, ma non è a lui imputabile se il lavoratore in nero non si rinviene nel corso di un’attività programmata da parte datoriale. La responsabilità degli obiettivi è in capo a chi esercita il potere organizzativo, ed è quindi una responsabilità datoriale e dirigenziale e non può essere in alcun modo imputabile al lavoratore. Se gli obiettivi non si raggiungeranno se ne assumerà la responsabilità chi li ha concepiti, pianificati e strutturati e non certo chi è stato utilizzato per il conseguimento dei medesimi.

Il tutto è ancora più contraddittorio se si considera che sono valutati performanti soltanto alcuni tipi di illeciti, mentre un numero vastissimo di violazioni, spesso ricorrenti, non è considerato come standard di qualità. In altri termini, gran parte dell’attività lavorativa svolta dagli Ispettori del Lavoro, con accertamenti spesso complessi, non è in alcun modo pesata ai fini della valutazione. Ciò determina non solo un’ingiustificabile mortificazione professionale, ma compromette la funzione stessa della vigilanza sul territorio. Non si comprende, ad esempio, per quale ragione i lavoratori a favore dei quali vengono emessi provvedimenti di tutela diretti, quali le diffide accertative o le disposizioni, non siano da considerarsi lavoratori tutelati e, quindi, non siano conteggiati nel numero di posizioni cui bisogna fornire tutela per raggiungere lo standard di qualità. A pagarne il costo sono proprio quei lavoratori per i quali diffide accertative e disposizioni sono forme di tutela diretta ed immediata, che crea la giusta sinergia tra Ispettorato e utenza.

Così come non si comprende perché se un lavoratore in nero è rinvenuto nel corso di una vigilanza derivante da richiesta di intervento abbia un “valore performante” inferiore rispetto ad un lavoratore in nero trovato nell’ambito di una vigilanza finalizzata al sommerso; e ancora perché un recupero previdenziale non può essere considerato performante se fatto nell’ambito di una vigilanza finalizzata al sommerso e può esserlo se operato nell’ambito di un’altra vigilanza. Ma soprattutto non si comprende perché gli accertamenti complessi riferiti a grandi aziende e a fenomeni di macro-illegalità che richiedono un’istruttoria rilevante, non siano adeguatamente valutati e si preferisca valorizzare le vigilanze programmate con il cosiddetto “accesso breve” e finalizzate solamente al sommerso, che spesso colpiscono piccoli artigiani e commercianti, a tutto vantaggio delle grandi aziende o dei grandi appalti, ove spesso si annidano fenomeni di più rilevante illegalità, come gli ultimi gravi infortuni insegnano.

La diversa pesatura dello stesso lavoro e la non considerazione ai fini della qualità di una parte consistente delle funzioni tipiche della vigilanza appare irrazionale – concludono i sindacati – e rischia di produrre effetti distorti e fuorvianti per lavoratori e utenti. Per non parlare dell’attività di verifica patronati, solidarietà e accertamenti tecnici che richiedono impegno, dedizione e competenza e non sono considerate neanche attività di vigilanza. In definitiva gli Ispettori del Lavoro fanno tante cose ma son valutati solo su alcune, che tra l’altro dipendono da eventi imprevedibili e non governabili con la diligenza individuale. A ciò aggiungasi che l’attività di vigilanza risulta appesantita da una serie di adempimenti interni, dalle verifiche audit addirittura da verbalizzare ogni trimestre, al protocollo, alla redazione continua di report per la rilevazione dati”.

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