I dati dal rapporto annuale sull’economia locale realizzato dall’Istituto Demoskopika per Bcc. In questi primi mesi Il reddito di cittadinanza avrebbe raggiunto poco meno di 9 famiglie calabresi su 10 della platea potenzialmente più bisognosa. La provincia bruzia è quella con il maggior numero di domande accolte. A Cosenza accolte 2.828 domande che ne fanno il terzo comune calabrese con più percettori. Economia locale in affanno
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COSENZA – Il reddito di cittadinanza raggiunge la gran parte delle famiglie calabresi in difficoltà, ma a fare da contrappeso al tasso di successo, però, il possibile “condizionamento” del lavoro irregolare al crescere del quale sembrerebbe aumentare anche il numero delle domande per il reddito di cittadinanza. Non è un caso che la Calabria, oltre a registrare il più alto tasso di lavoro irregolare in Italia, pari al 22,3%, si posiziona anche in cima per numero di domande presentate ogni mille cittadini residenti, con un valore doppio a quello nazionale: 49 domande presentate a fronte delle 25 richieste rilevate in Italia. Ma quanti sono i favorevoli e quanti i contrari al reddito di cittadinanza? Il campione degli imprenditori appare sostanzialmente diviso con una leggera prevalenza per il primo gruppo. Complessivamente un imprenditore su due, precisamente il 53,5%, si schiera a favore del provvedimento giudicandolo “utile”, mentre il resto del campione, ovvero il 46,5% lo ritiene una misura “inutile”. Questo il quadro che emerge dal consueto rapporto annuale sull’economia locale realizzato dall’Istituto Demoskopika per conto della Banca di Credito Cooperativo Mediocrati.
Analizzando gli ultimi dati disponibili la provincia di Cosenza è quella con il maggior numero di domande accolte. A Cosenza sono state accolte 2.828 domande e ne fanno il terzo comune calabrese con più percettori. Al quinto posto c’è Corigliano-Rossano dove sono state accolte 2.350 domande, mentre a Rende sono poco più di 740 le domande che hanno ottenuto il via libera. A Montalto Uffugo si scende a 640. Poco più giù, con 608 domande, c’è San Govanni in fiore. Tra i comuni del cosentino con meno domande, considerando anche il numero della popolazione, c’è Castroregio con appena 6 domande. Poco più su, a sette domande, Alessandria del Carretto, Carpanzano e Panettieri. La cifra media del sussidio si attesta attorno ai 500 euro.
Peggio l’economia locale
Sul versante della congiuntura economica, l’indagine continuativa annuale mostra un peggioramento, anche se non rilevante, per il 2018 dopo il migliore risultato raggiunto nel 2017. E, infatti, non si può certo parlare di ripresa economica per la maggior parte delle imprese, se ancora oltre 4 su 10 (43,9%) denunciano un trend negativo, oltre un terzo (36,9%) condizioni di stabilità e solo il 19,3% una crescita dei propri volumi di affari. Nel 2019, infine, l’indice di fiducia generale degli imprenditori, con 90,8 punti, si posiziona ancora in area negativa perdendo 7,7 punti rispetto all’anno precedente
Centri per l’impiego: tutti ne parlano, pochissimi li usano
L’impianto e il funzionamento del reddito di cittadinanza cosi come concepito dal disposto legislativo che lo istituisce assegna un ruolo fondamentale ai Centri per l’impiego. Ma hanno le giuste competenze e conoscenze del mercato del lavoro oltre che le strutture adeguate per adempiere tale compito? E, inoltre, le imprese che costituiscono la domanda di lavoro con quali modalità e frequenza si rivolgono ai centri per l’impiego per la ricerca dei profili professionali eventualmente da assumere? Sul primo punto circa 2 imprenditori su 3 (64,4%) sono d’accordo a lasciare ai Centri per l’impiego l’arduo compito di aiutare i beneficiari del reddito di cittadinanza nella ricerca del lavoro, innanzitutto perché i centri per l’impiego – e su questo c’è la convergenza del 40% degli intervistati – “si darebbero finalmente da fare” concentrandosi in verità sulla funzione e sull’attività principale, ossia favorire e realizzare l’incontro tra domanda e offerta di lavoro (promozione dei profili professionali, individuazione opportunità occupazionali, ecc.). Tale risposta in realtà lascia trasparire da parte degli intervistati un atteggiamento piuttosto critico verso i centri per l’impiego che sono visti come strutture non “al passo con i tempi”. Una convinzione questa confermata anche dal loro bassissimo utilizzo da parte delle imprese come canale di ricerca del personale.
Nel 2018 solo il 2,1% (circa 23mila persone) tra chi ha trovato un’occupazione alle dipendenze nel settore privato nell’ultimo anno vi è riuscito per il tramite dei Centri per l’impiego. Il basso utilizzo degli uffici di collocamento pubblici e il basso livello di intermediazione trova conferma nello studio di Demoskopika: nessuna impresa del campione intervistato ha affermato di rivolgersi “spesso” o “più volte” e dunque con una maggiore frequenza ai
Cpi per la ricerca di personale da impiegare nella propria azienda, il 3,7% qualche volta, mentre la quasi totalità l’87,8% non utilizza mai i servizi del collocamento pubblico (80,1%) o se lo fa solo raramente (8,5%). Sul versante opposto, un’altra percentuale rilevante, pari al 24,3%, è d’accordo a lasciare questo compito ai centri per l’impiego, convinta che avrebbero la giusta conoscenza del mercato del lavoro, dunque in grado di supportare adeguatamente i beneficiari nella ricerca di un impiego