Cosenza, i favori delle guardie penitenziarie ai “boss” della ‘ndrina. Parla Adolfo Foggetti

Sono nove i collaboratori di giustizia a parlare dei favori ricevuti in carcere dalle guardie penitenziarie. Adolfo Foggetti, Daniele Lamanna, Luca Pellicori, Ernesto Foggetti, Mattia Pulicanò, Franco Bruzzese, Vincenzo De Rose, Francesco Noblea e Luciano Impieri

 

COSENZA – In violazione dei propri doveri e dietro corresponsione di somme di denaro, o di altri benefici di vario genere, i due assistenti capo della polizia penitenziaria Luigi Frassanito di 56 anni e Giovanni Porco, di 53 anni avrebbero posto in essere condotte finalizzate a favorire detenuti nel carcere di Cosenza, appartenenti alle cosche di ‘ndrangheta “Lanzino/Ruà/Patitucci”, “Bruni/Zingari” e “Rango/Zingari”. Dagli accertamenti è emerso che i due appartenenti alla Polizia Penitenziaria si erano messi a disposizione delle consorterie mafiose, garantendo ai detenuti di poter continuare ad avere contatti con l’esterno ed in particolare, con i sodali liberi, veicolando agli stessi messaggi, anche mediante “pizzini”, per sviare indagini in corso su omicidi o per impartire disposizioni sugli imprenditori destinatari di attività estorsiva, per recuperare somme di danaro dovute per pregresse forniture di stupefacente o, ancora, per far filtrare notizie su reclusi che intendevano avviare percorsi di collaborazione con la giustizia.

Questa mattina mitra spianati in carcere e divieto temporaneo di colloqui con i detenuti fino a quando non sono terminate le perquisizioni a carico dei due agenti tra spogliatoi, armadietti, e uffici a cui erano stati destinati durante l’attività lavorativa. Accuse pesanti quelle mosse dalla Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro, diretta dal Procuratore capo Gratteri. Accuse che nascono dalle dichiarazioni di ben nove pentiti che hanno snocciolato situazioni e fatti in cui i due agenti avrebbero preso parte e/o favorito “i commensali” delle ‘ndrine.

I due indagati, per incompatibilità ambientale, attualmente sono detenuti presso il carcere di Vibo Valentia; Frassanito è difeso dall’avvocato Filippo Cinnante e Porco è difeso dall’avvocato Cristian Cristiano. Nei prossimi giorni verrà fissato l’interrogatorio di garanzia per entrambi. Più in particolare i due sono accusati, “con plurime condotte, pur non facendone parte, al mantenimento, rafforzamento e sviluppo delle associazioni a delinquere di tipo ‘ndranghetistico armate, attive in Cosenza e comuni viciniori, denominate “Lanzino/Ruà/Patitucci”, “Bruni/Zingari” e “Rango/Zingari”, ricevendo quale ricompensa per i vari servigi resi in violazione dei doveri derivanti dall’appartenenza al Corpo, somme di denaro attinte dalla cd. “bacinella” delle cosche e favori di vario genere, anche di carattere criminale, da parte degli appartenenti ai sodalizi. Associazioni al cui vertice si pongono  come “capi società” rispettivamente Lanzino Ettore/Ruà Gianfranco/Patitucci Francesco, Rango Mautizio/Bruzzese Franco e Bruni Michele che si avvalgono della forza di intimidazione del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento e di omertà che ne deriva per commettere delitti e per realizzare comunque profitti o vantaggi ingiusti per sé e per gli altri, in Cosenza e nei comuni limitrofi, per un controllo capillare del territorio. Associazioni i cui partecipanti hanno disponibilità di armi impiegate per il conseguimento delle relative finalità, e in specie attive nella consumazione di estorsioni, usura e traffico di sostanze stupefacenti, rientranti nel programma criminoso anche mediante attività di agevolazione e comunque predisposizione dei mezzi attuativi.

LE INDAGINI SI AVVIANO SULLE DICHIARAZIONI DEI COLLABORATORI DI GIUSTIZIA: IL SOGGIORNO CONFORTEVOLE

Adolfo Foggetti, Daniele Lamanna, Luca Pellicori, Ernesto Foggetti, Mattia Pulicanò, Franco Bruzzese, Vincenzo De Rose, Francesco Noblea e Luciano Impieri si legge nell’ordinanza sono collaboratori di giustizia che passarono per la casa circondariale di Cosenza e quindi con conoscenze dirette dei fatti. I due assistenti capo Frassanito e Porco (detenuti in carcere)  e un terzo collega attualmente indagato, avrebbero favorito gli elementi di spicco della criminalità organizzata locale, favorendo un “soggiorno confortevole” in carcere, comunicazioni con l’esterno così da poter continuare a avere un ruolo nelle consorterie di appartenenza ossia “farsi latori di messaggi, orali e scritti per mezzo di veri e propri pizzini, la comunicazione dei soggetti a cui estorcere denaro o la lista di quelli presso cui recuperare somme di denaro”; consegnare ai detenuti telefoni cellulari per comunicare con l’esterno e consentire delle vere affiliazioni ‘ndranghetistiche; interferire con le indagini in corso riferendo informazioni su soggetti che intendevano iniziare la collaborazione con la giustizia; riportare all’esterno richieste di assunzioni di responsabilità di omicidi per sviare le indagini; consentire piena libertà di manovra  e un soggiorno confortevole in carcere evitando perquisizioni all’interno dell’istituto penitenziario, nel consentire rappresaglie volte a punire colleghi poliziotti diligenti; nell’introdurre sostanze stupefacenti, alcolici e altri beni vietati; nel riservare trattamenti di favore per alcuni detenuti in vista negli ambienti criminali, consentendo anche vere e proprie riunioni nelle celle e favorendo le comunicazioni tra detenuti di alta sicurezza e quella ordinaria”.

FRASSANITO E LE DICHIARAZIONI DI FOGGETTI

Su Frassanito, Adolfo Foggetti dichiara in un interrogatorio del gennaio 2015: “Dal carcere Rango mandò una imbasciata ad Ettore Sottile, perchè Mario Esposito, Ciancio Francesco e Antonio Illuminato si autoaccusassero anche se non erano i responsabili dell’omicidio Messinetti al fine di attenuare la sua responsabilità. Non so bene come questa imbasciata è arrivata a Ettore Sottile che però poteva contare su più agenti di polizia penitenziaria”. “Fra gli altri ricordo il nome di tale Luigi che è un appartenente della polizia penitenziaria e abita vicino casa mia”. “Al carcere di Cosenza i messaggi all’esterno venivano veicolati tramite un appartenente alla polizia penitenziaria di nome Luigi che abita a Cosenza di cui non conosco il cognome ma è di corporatura magra. I messaggi li porta fuori anche tramite dei biglietti che gli consegnavamo chiusi.

Il Luigi viene anche utilizzato da noi affiliati per introdurre generi alimentari, orologi ed altri oggetti”. Foggetti visionando un album fotografico indica Luigi e aggiunge: “faceva in modo che la nostra permanenza in carcere fosse assistita da tutti i confort e le necessità in quanto ci consentiva che potessero entrare whisky, hashish, nonchè generi di conforto regolarmente vietati. Ovviamente veniva pagato anche con somme di denaro. Sono a conoscenza di ciò in quanto le somme di danaro che venivano utilizzate venivano prelevate dalla bacinella della cosca e quindi dovevamo esserne a conoscenza. Luigi doveva farsi carico anche di far entrare in carcere materiale non consentito tra la convivente di Patitucci e quest’ultimo.

LA DETENZIONE DI FOGGETTI

“Sono stato detenuto in carcere per un breve periodo di tempo prima della mia collaborazione avvenuta il 17 dicembre del 2014; In quel periodo avevamo una posizione di privilegio io, Maurizio rango, Tonino Abbruzzese, Mario Gatto, Salvatore Ariello, Alberto Superbo, Ettore Sottile. Ai comuni invece c’erano Luca Pellicori, Luigi Abbruzzese fratello di Tonino. A noi venivano portati beni vietati dall’ordinamento penitenziario come l’introduzione di alcolici. Noi decidevamo l’allocazione dei detenuti nelle celle. Le questioni tra detenuti le risolveva Mario Gatto. So per certo che in carcere entrava sostanza stupefacente, molta roba entrava nei reparti comuni. A Luigi davamo la roba che introduceva in carcere. Già nel 2011 io e Patitucci mandavamo roba a Mario Gatto quando era detenuto. Questa cosa con Luigi è continuata fino al 2014 anche quando Patitucci era dentro. So che Patitucci si serviva di Luigi per introdurre messaggi per Mario Gatto era in carcere. Anche per l’omicidio Messinetti, per fare accollare la colpa a Esposito e  Ciancio, Rango mandava messaggi tramite Luigi che sapeva bene il contenuto dei bigliettini. Luigi si rendeva disponibile per tutto quello che gli chiedevamo sia con il gruppo Rango/Zingari che con quello Lanzino/Patitucci.

So che Luigi aveva a disposizione somme di denaro e faceva usura con i suoi colleghi, questo ce lo diceva lui, si vantava di questo. Noi in cambio gli davamo dei soldi e ci mettevamo a disposizione quando aveva problemi. Oltre che da noi veniva pagato da Patitucci. ricordo che oltre ai soldi voleva in regalo profumi perchè ne era appassionato

 

PORCO GIOVANNI E LE DICHIARAZIONI DI FOGGETTI

“Il giorno del mio arresto per l’omicidio di Luca Bruni – racconta Foggetti – fui accolto in carcere dalla guardia penitenziaria Porco e altri due colleghi di cui uno voleva adempiere al proprio dovere procedendo a perquisizione e obiettando in merito al fatto che indossassi le Hogan mentre Rango un orologio al polso il cui ingresso era vietato. Il Porco e l’altra guardia penitenziaria hanno allontanato il collega dicendo che se la sarebbero vista loro e non solo entrarono tutti i beni che non potevano entrare ma il Porco e l’altra guardia neppure ci perquisirono. Rappresento che quando inizia la mia collaborazione e fui messo in isolamento a vigilare su di me fu mandato proprio il Porco. Poichè sapevo fosse un uomo a disposizione della nostra organizzazione criminale, protestai con una commissaria dall’accento napoletano, rappresentai la questione e non proseguì la vigilanza nei miei confronti. Il Porco veniva utilizzato dalla nostra organizzazione per portare messaggi fuori dal carcere oltre che per consentire l’ingresso di generi di necessità che avrebbero consentito una più tranquilla e agevole permanenza. anche il Porco veniva pagato con il denaro della “bacinella”.

L’ATTENTATO INCENDIARIO AD UNA GUARDIA PENITENZIARIA

Un espisodio in particolare accaduto nel 2014 quando vennero assegnati alla cucina dei detenuti di origine straniera. Attilio Chianello e Gennarino Presta, sodali di primo piano, protestarono con la direzione perchè quei ruoli dovevano essere assegnati a detenuti italiani e non stranieri. La decisione era stata assunta da una guardia penitenziaria che non voleva aderire alle richieste di Chianello e Presta. Rango decise di compiere un attentato incendiario alla vettura della guardia penitenziaria. A portare fuori dal carcere le lamentele di Chianello e Presta fu Porco. Subito dopo l’attentato incendiario si recò da me un parente della guardia penitenziaria terrorizzato dal fatto che potesse capitare qualcosa alla famiglia. Io presi tempo e parlai con Rango che si trovava insieme a tonino Banana e chiesi se c’erano intenzioni del gruppo di andare oltre all’attentato medesimo, anche colpendo eventualmente i familiari. Rango mi disse che se la guardia carceraria avesse capito il messaggio poichè si trattava di un avvertimento, nulla sarebbe accaduto a lui e ai suoi familiari”. A riscontro delle dichiarazioni tra i vari atti c’è anche la denuncia presentata alla polizia della guardia penitenziaria della propria auto, una Ford Fiesta

Foggetti anche per la guardia penitenziaria Porco ripete le stesse “attenzioni” che ricevevano da parte di Luigi

Le dichiarazioni del collaboratore di giustizia Pulicanò (Continua…)

 

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