COSENZA – Il post, pubblicato sulla pagina facebook della LAV di Cosenza si intitola “Storie di ordinaria indifferenza istituzionale e omissioni”.
Ed effettivamente secondo il racconto, pubblicato sul noto social network, questa storia si è materializzata proprio a Cosenza, dove, nei giorni scorsi un cane randagio era stato investito e la persona alla guida dell’auto, si è poi dileguata lasciando in mezzo alla strada, ferito, il povero cane, in mezzo alla carreggiata. “Sul posto, fortunatamente, sono sopraggiunti dei ragazzi che immediatamente si sono fermati e hanno contattato i vigili urbani, al fine di comunicare l’accaduto e richiedere un intervento veterinario, necessario viste le condizioni dell’animale”. Il racconto pubblicato su facebook prosegue poi con la telefonata al vigile urbano di turno, il quale avrebbe riferito ai ragazzi di aver inviato qualcuno, e che quel ‘qualcuno’ sarebbe arrivato in 10 minuti. Mentre invece, dopo quasi un’ora non si è presentato proprio nessuno ed il povero e sventurato cane ha continuato a giacere a terra, immobile, emettendo gemiti e lamenti. Sono seguite poi un’altra telefonata, sempre al vigile urbano di turno, il quale, avrebbe risposto ai ragazzi che intanto vegliavano sul povero animale: “il veterinario reperibile non può intervenire per mancanza di farmaci, di personale in canile, vista l’ora tarda, e di posto, essendo il canile di Donnici pieno….” e altre scuse. Per fortuna, ed è soprattutto questo il particolare che intendiamo sottolineare, quei ragazzi che hanno continuato a stare vicino al cane ferito, hanno allertato i volontari della Lav che dopo essersi recati sul posto hanno provato, senza esito a ricontattare i vigili. Pare che, la stessa persona, abbia ‘semplicemente’ invitato i volontari a spostare il cane dalla strada e lasciarlo in un altro posto. Grazie alla coscienza di queste persone, all’una di notte, è stato contattato privatamente (e dunque a proprie spese) un veterinario. Il povero cagnetto, portato in ambulatorio è stato sottoposto a visita e a terapia. Lo hanno chiamato Agostino che oggi, è ancora vivo, certo non grazie a chi è tenuto ad intervenire e a compiere il proprio lavoro, ma solo per l’intervento di ragazzi che, con sensibilità e coscienza non lo hanno lasciato morire.