Cosenza, diciassettenne perde il papà «ritardi nei soccorsi». La famiglia presenta denuncia

"Il mio papà se ne è andato, aveva 50 anni". La famiglia punta il dito e denuncia ritardi per il trasferimento urgente del paziente

COSENZA – Un dolore immenso e una ferita insanabile. A scrivere e raccontare quanto accaduto al suo papà è Francesca, 17 anni, di Cosenza, la cui famiglia ha presentato formale denuncia per accertare eventuali responsabilità e far luce su quanto accaduto. Un nuovo presunto caso di malasanità che investe l’ospedale civile Annunziata di Cosenza. Il papà è Gianpiero Salimbeni, 50enne fotografo e la sua morte, secondo la moglie Assunta e le figlie Francesca e Giulia ‘poteva essere evitata’. Salimbeni è deceduto lo scorso 8 gennaio intorno alle 12.30 a causa di un aneurisma, dopo essere arrivato circa due ore prima in ospedale.

Secondo quanto emerso sarebbe arrivato con un’ambulanza del 118 all’Annunziata intorno alle 10:30 con un forte dolore toracico e altri sintomi allarmanti. Qui, la dottoressa avrebbe deciso di fare una tac, durata più di mezz’ora. La stessa dopo aver allertato un medico del reparto di cardiochirurgia dell’ospedale di Catanzaro, avrebbe deciso di allertare il servizio di elisoccorso che però, a causa del maltempo non è riuscito a partire.

“La stessa dottoressa con grande sicurezza suggerì a mia madre che era in ospedale ad attendere notizie – racconta Francesca – di recarsi a Catanzaro dove il paziente sarebbe sicuramente arrivato ma con un’ambulanza del 118“. Quel viaggio però non è mai iniziato. A causa delle ormai gravi condizioni, dopo varie manovre rianimatorie, mio padre si è spento in ospedale”. Il tutto mentre la moglie si era recata a Catanzaro ad attendere l’arrivo del marito.

La giovane, addolorata e sconvolta per la perdita del suo papà “invita a leggere attentamente quelle che dovrebbero essere le tempistiche di emergenza di un paziente grave entrato in ospedale in codice rosso. Purtroppo io e la mia famiglia abbiamo perso un papà e nessuno potrà riportarlo indietro. Ma faremo il possibile per far sentire la nostra voce affinché ciò che è successo a mio padre, all’età di 50 anni non accada più a nessuno. Fare il medico – scrive la figlia – non è un lavoro ma una missione che richiede grande umanità che purtroppo qui in Calabria viene spesso a mancare. All’interno di un ospedale siamo solo dei numeri e purtroppo veniamo trattati come tali. Mio papà è stato lasciato per ben due ore su una barella a morire da solo. Forse è arrivato il momento di cambiare davvero le cose”.

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