Italia
Agroalimentare, l’esercito degli ‘invisibili’: fino a metà della manodopera è straniera
ROMA – Fino al 50% di manodopera straniera dietro al made in Italy agroalimentare anche se i dati ufficiali parlano di immigrati occupati nel settore che arrivano a quasi 362.000 alla fine del 2022, e coprono il 31,7% delle giornate di lavoro registrate. Un esercito però ancora di “invisibili” in Italia nonostante il contributo attivo alle produzioni di eccellenza italiane nell’agroalimentare. Dati istituzionali “distorti”, ai quali va aggiunto il lavoro sommerso e le registrazioni fittizie finalizzate ad accedere ad alcuni benefici sociali. Agricoltura che resta il settore più a rischio sfrtuttamento con quasi la metà dei provvedimenti giudiziari e inchieste condotte tra il 2017 e il 2021.
Questo quanto emerge dal primo rapporto sui lavoratori immigrati nell’agroalimentare ‘Made in Immigritaly. Terre, colture, culture’ commissionato dalla Fai-Cisl, presentato al Cnel e realizzato dal Centro Studi Confronti che in 500 pagine fotografa il settore per cogliere la portata del contributo dei lavoratori immigrati all’agroindustria italiana e dei problemi di tutela che vanno fronteggiati. E così, evidenzia il Rapporto, dal Parmigiano Reggiano prodotto da lavoratori indiani, passando per le campagne agrumicole o del pomodoro nel Sud Italia o per gli operai immigrati che in molte imprese del comparto carni superano anche il 50% dei dipendenti, “non c’è filiera o comparto del made in Italy agroalimentare in cui il lavoro migrante non assuma un ruolo rilevante o insostituibile”.
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