COSENZA – Quel giuramento di Ippocrate, modificato. In nome del denaro e del boss. La vicenda delle false perizie psichiatriche, redatte dai professionisti Luigi Arturo Ambrosio e Gabriele Quattrone,
a favore degli uomini d’onore del clan Forastefano, potente cosca criminale, operante nel territorio della Sibaritide, approda in aula. Il prossimo 6 dicembre, infatti, alla sbarra compariranno i due professionisti e Caterina Rizzo, 43enne di Cassano Jonio, moglie di Antonio Forastefano, considerato dagli inquirenti il capo dell’omonima cosca. I tre verranno giudicati con la formula del rito immediato. La vicenda giudiziaria è collegata all’inchiesta che, coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro, nei mesi scorsi, portò all’arresto dei tre, nell’ambito dell’operazione denominata “Villa Verde”. Il terremopto giudiziario, oltre ai tre citati, coinvolse anche altre persone. Ma solo per i due professionisti e la moglie del boss, la posizione è stata stralciata, seguendo il percorso del rito immediato. Secondo le minuziose indagini, effettuate dal sostituto procuratore dell’Antimafia catanzarese, Vincenzo Luberto, Caterina Rizzo, si rivolse al noto psichiatra cosentino, per permettere al marito di lasciare la durezza del regime carcerario di Parma, dov’era ristretto al 41bis. Luigi Arturo Ambrosio,75enne di Castrolibero, consultò, sempre secondo le ricostruzioni dell’accusa, Gabriele Quattrone, 63 anni di Reggio Calabria, altro luminare della mente umana, operante nel reggino. Quattrone, tra l’altro, aveva già avuto a che fare con i Forastefano, essendo stato nominato dalla Corte d’Appello di Catanzaro, come perito per stabilire le condizioni di salute psichiche di Antonio Forastefano, e stabilire se le stesse fossero compatibili con il regime carcerario, duro cui vengono sottoposti i “pezzi” da novanta della criminalità organizzata. Sempre secondo l’accusa, in quella perizia, lo psichiatra reggino, non riconobbe nelle condizioni di salute di Forastefano, motivi validi per stabilire la sua eventuale incompatibilità con il regime restrittivo. Salvo poi cambiare idea, all’indomani della chiamata del collega ed amico Arturo Ambrosio. Sempre secondo i magistrati della Dda, per “rivedere” quella perizia, a favore di Antonio Forastefano, servivano 12mila euro. Somma che Caterina Rizzo accordò ai due professionisti, saldando il loro compenso in due rate.