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Troppi furti in chiesa: padre Basso chiude la parrocchia
 
																								
												
												
											POTENZA – “Per la serie Dio perdona, io no”. Leggendo l’attacco, viene naturale pensare al film inbterpretato da Bud Spencer e Terence Hill, ma in questa storia di cinematografico non c’è proprio nulla. Il momento di dire basta, l’ha pronunciato padre Antonio Basso, giovane parroco della chiesa di San Michele, all’indomani dell’ennesima “visita” nella sua parrocchia.
Una visita non di fedeli, ma di ladri, talmente sfacciati da “violare” la casa del Signore, senza mostrare il minimo gesto di pentimento. Qualche giorno fa l’ennesimo furto, il piattino su cui si poggia l’ostia. E ora c’è stanchezza e anche un po’ di paura a San Michele. E allora il giovane parroco, padre Antonio Basso, a suo modo ha deciso di dare un segnale. Così i suoi parrocchiani, ieri mattina, hanno trovato quel cartello scritto a mano affisso sul portone della chiesa: «Purtroppo continuiamo a essere vittime di vandalismi e furti. Sono costretto a chiudere la chiesa quando sono assente per motivi personali». Quella piccola chiesa, quasi incastrata tra i vicoli del centro storico, si sente ormai ostaggio del degrado di quella zona. Un degrado più volte segnalato dai residenti, che si ritrovano la mattina il portone di casa sporco, bottiglie di birra e vino sparse ovunque. E poi urla e schiamazzi. «Ma non solo di notte – racconta padre Tarcisio, che di San Michele è un po’ il custode – i ragazzi disturbano con urla e bestemmie anche durante le celebrazioni. E forse lo fanno apposta». L’ultimo episodio – il furto di un arredo sacro – è però per padre Antonio la classica goccia che fa traboccare il vaso. «Ha agito d’istinto – spiega padre Tarcisio – anche se io credo che ora non serva drammatizzare. E’ stata certamente una ragazzata. Abbiamo saputo che si trattava di una specie di scommessa tra di loro. Parliamo di ragazzini, undici o dodici anni». Non drammatizzare il caso specifico, certo, ma sicuramente c’è un’emergenza educativa che in qualche modo va affrontata. Sempre più piccoli, quasi bisognosi di gesti eclatanti, «forse ne avevano bisogno per sentirsi eroi», ironizza padre Tarcisio, che non può non sottolineare come sia difficile in questa città educare i giovani al bello. «Si prova a coinvolgerli certo, ma il vero problema è che qui non abbiamo spazi. Magari ci fosse un campetto, ma no. C’è un salone parrocchiale con un tavolino da ping pong. Entrano, lo distruggono vanno via. E la colpa di questa situazione è anche degli adulti, dei laici che non partecipano. Qui, proprio nel centro storico, non c’è collaborazione, fai fatica a metterli insieme dopo la messa per dialogare. E quei ragazzi sono il frutto di questa situazione». «E’ una città curiosa Potenza – continua – pare che non avvertiamo la dignità di essere cittadini come gli altri, siamo dei rassegnati. Se questa fosse una bella città sarebbe anche più facile educare i giovani al bello e al suo rispetto. Ma qui che resta più? Qui vicino San Michele non si cammina più, non ci sono neppure i marciapiedi. Io l’ho detto più volte al sindaco: che senso ha continuare a chiamarla “città della cultura”?». 
 
                         
											 
											 
											 
											 
											 
											 
											 
											 
											 
											 
											 
											 
											 
											 
											 
											 
											 
											 
		
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