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Titolari sul lastrico, se l’azienda chiude nessuna indennità

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Titolari sul lastrico, se l’azienda chiude nessuna indennità

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COSENZA – Imprenditoria e disoccupazione.

A fronte di aziende che chiudono la propria attività, nessuna indennità è prevista per i titolari che cessano di lavorare pur avendo versato i contributi previdenziali. Solo chi raggiunge l’età pensionabile riceve un assegno di circa 400 euro mensili. Briciole, per chi ha lavorato una vita intera. Multinazionali e piccoli artigiani sono, per la legge italiana, sullo stesso piano: nessuno ha diritto ad accedere agli ammortizzatori sociali. Certo l’amministratore delegato di una grande azienda o i soci lavoratori delle cooperative possono accedere alle indennità di disoccupazione o ai trattamenti di fine rapporto. Per tutti gli altri all’orizzonte, abbassata la saracinesca resta solo la speranza di trovare un nuovo impiego nel minor tempo possibile. Una realtà che sta colpendo ditte individuali, lavoratori autonomi e artigiani costretti dalla crisi a chiudere battenti e ritrovarsi, dopo anni, senza lavoro e senza alcun tipo di sussidio statale.

 

Il 2013 ha fatto registrare a Cosenza il più elevato tasso di mortalità in Calabria per le imprese, con 4.294 aziende chiuse in soli dodici mesi. Giovanni Cuconato, responsabile del Centro per l’Impiego di Cosenza, spiega quale sia il motivo di questa mancata distinzione tra le diverse tipologie di impresa. “Chi fa impresa, – afferma Cuconato – gode degli utili del fatturato, ma non li divide né con i dipendenti né con i disoccupati. La sua posizione quindi non può essere considerata alla stregua di chi lavora alle dipendenze per 800 euro al mese. Chi soffre di questa situazione è il piccolo fabbro, non la grande impresa cui spese magari vengono coperte con la vendita dei beni da parte del liquidatore. L’artigiano non ha grandi utili, ma versa i contributi previdenziali senza poter poi accedere ad alcun tipi di sussidio. Si tratta, insieme a tutti i titolari di ditte individuali e lavoratori autonomi, della categoria più a rischio. Urge una legge che venga incontro a questa fascia di lavoratori”.

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