Archivio Storico News
Antonio Nicaso all’Unical: standing ovation degli studenti
 
																								
												
												
											ARCAVACATA (CS) – Si è svolto questa mattina all’Università della Calabria il quarto seminario del progetto “Pedagogia della R-Esistenza”.
Ospite d’onore: Antonio Nicaso, uno dei massimi esperti mondiali di criminalità organizzata, al quale i ragazzi hanno riservato una vera e propria ovazione quando, al termine del suo discorso, ha ribadito che la sua è la testimonianza di chi, senza raccomandazioni e con molti sacrifici, è stato costretto ad emigrare in Canada lasciando la persona a cui teneva di più: la madre. A fare gli onori di casa ci ha pensato Arcangelo Badolati, Direttore scientifico del Laboratorio di Resistenza antimafia e caposervizio di “Gazzetta del Sud”. Presenti all’incontro il Magnifico Rettore dell’Unical, Gino Mirocle Crisci; Franco Altimari, Direttore del Dipartimento Lingue e Scienze dell’Educazione; Gregorio Corigliano, Presidente del Circolo della Stampa Maria Rosaria Sessa; Michele Borrelli del Dipartimento Studi Umanistici; Giap Parini del Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali; Antonio Iaconianni Dirigente scolastico del Liceo Classico “Bernardino Telesio”, il quale, al termine del seminario, ha consegnato una targa ricordo ad Antonio Nicaso a nome sia del Liceo che dirige che dell’Unical e Giancarlo Costabile, uno dei promotori del progetto, il quale, nel suo intervento, ha raccontato di come i manifesti che pubblicizzavano i seminari, dove veniva rappresentata solo una foto di Falcone e Borsellino, siano stati completamente strappati all’interno dell’ateneo di Arcavacata. Il tema del seminario è stato “Il grande inganno. I falsi valori della ‘ndrangheta”. E’ proprio dall’“inganno” che Antonio Nicaso inizia la sua lectio magistralis. La ‘ndrangheta, sostiene Nicaso, si basa su un mito e grazie a questo mito dei tre cavalieri spagnoli, Osso Mastrosso e Carcagnosso, che la ‘ndrangheta costruisce la sua identità. Nel 1700 l’attività principale era il furto di galline, non esisteva ancora la criminalità organizzata come oggi, tutti, la conosciamo. Senza il mito dei cavalieri, la ‘ndrangheta non avrebbe avuto quell’appeal che ha permesso l’affiliazione di un gran numero di persone. Sarebbe stato controproducente chiedere l’affiliazione ad un’organizzazione di ruba galline, nessuno si sarebbe avvicinato.
Con il mito dei tre cavalieri, invece, si fa credere che la ‘ndrangheta è un’organizzazione di élite, in cui pochi hanno il privilegio di entrare, in realtà poi si rivela ben altro. L’“affermazione” della ‘ndrangheta, quindi, è la legittimazione. E’ fondamentale per la criminalità organizzata essere legittimata ed è questo che, purtroppo è avvenuto. La ‘ndrangheta è stata accettata, riconosciuta da prelati, politici. Contrariamente a quanto successo, invece, in Francia o in Gran Bretagna dove la criminalità organizzata non è stata legittimata. La legittimazione arriva da lontano, fin dai tempi di Garibaldi coadiuvato dalle picciotterie per rinforzare le fila dei mille. Uno dei punti di forza della ‘ndrangheta, continua Nicaso, è il saper conciliare la tradizione con l’innovazione. La ‘ndrangheta si basa su regole che derivano dalla “bella società riformata” e, a differenza delle altre organizzazioni criminali, ha mantenuto queste regole del 1800. La svolta per la ‘ndrangheta arriva con i finanziamenti alla Banca del Mezzogiorno. Attraverso questi finanziamenti la ‘ndrangheta inizia ad arricchirsi ed è proprio in questo periodo che si sviluppa l’altro “punto di forza” della criminalità organizzata calabrese. Con la spartizione dei soldi la ‘ndrangheta si trasforma da un’organizzazione criminale basata su amicizie funzionali ad un’organizzazione familistica. Capì che sarebbe stato più giusto dividere i soldi tra i parenti anziché fra gli estranei. E’ sono proprio i parenti, persone che non tradirebbero mai la famiglia, che i boss “spediscono” all’estero. La ‘ndrangheta sperimenta la globalizzazione prima di tutti. La difficoltà maggiore della ‘ndrangheta, sostiene Nicaso, è stato quello di trovare un nome. Il nome, per un’organizzazione criminale, è fondamentale. E’ un brand, un marchio che permette di identificarla. E la ‘ndrangheta, nonostante questo termine venisse utilizzato già da diverso tempo, ha avuto diverse nomenclature: picciotteria, fibia, che non permettevano, comunque, di individuarla. Il problema fondamentale alla lotta alla ‘ndrangheta è stata la sottovalutazione dello Stato perché non capì la pericolosità del fenomeno. Oggi la ‘ndrangheta, continua Nicaso, non si può combattere solo con la magistratura e con le forze dell’ordine ma lo si deve fare anche attraverso la cultura. La scuola non serve solo ad imparare singole materie ma insegna a scegliere. La scuola insegna a scegliere da che parte stare, è per questo motivo che se i ragazzi terminano gli studi solo conoscendo alcune declinazioni verbali, vuol dire che la scuola ha fallito. Nicaso, conclude, dando una speranza ai numerosi ragazzi che hanno partecipato al seminario. Li ha esortati a combattere perché “Noi ce la possiamo fare, ce la dobbiamo fare.”
 
                         
											 
											 
											 
											 
											 
											 
											 
											 
											 
											 
											 
											 
											 
											 
											 
											 
											 
											 
		
Social