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Ponte sullo Stretto, è scontro istituzionale: Corte dei Conti boccia la delibera Cipess, Salvini «andiamo avanti»

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Le reazioni

Ponte sullo Stretto, è scontro istituzionale: Corte dei Conti boccia la delibera Cipess, Salvini «andiamo avanti»

La Corte dei Conti ferma il progetto definitivo da 13 miliardi per il Ponte sullo Stretto di Messina, ma l’esecutivo difende la scelta e attacca i magistrati contabili. Dura la reazione dell’opposizione, tra accuse di arroganza e rivendicazioni sullo Stato di diritto

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ponte stretto messina

ROMA – È scontro aperto tra la Corte dei Conti e il Governo sul Ponte sullo Stretto di Messina. I magistrati contabili hanno infatti bocciato la delibera del Cipess (Comitato interministeriale per la programmazione economica e lo sviluppo sostenibile) approvata lo scorso agosto, che dava il via libera al progetto definitivo dell’opera da 13,5 miliardi di euro. La decisione della Corte – motivata da rilievi sulle coperture economiche, sulla conformità ambientale e antisismica, e sulla tenuta delle stime di traffico – ha provocato una reazione politica immediata.

La premier Giorgia Meloni ha parlato di “ennesimo atto di invasione della giurisdizione sulle scelte del Governo e del Parlamento”, definendo le censure della Corte “capziose”. “Una delle contestazioni – ha spiegato – ha riguardato la trasmissione di atti voluminosi tramite link, come se i giudici contabili ignorassero l’esistenza dei computer”. Durissima la replica della segretaria del Pd, Elly Schlein, che ha accusato Meloni di voler “mettersi al di sopra delle leggi e della Costituzione”. “Le sue parole – ha detto – chiariscono il vero obiettivo della riforma costituzionale: non migliorare la giustizia, ma limitare i controlli democratici”.

Ponte, Matteo Salvini «il Governo andrà avanti»

Anche i vicepremier sono intervenuti con toni accesi. Matteo Salvini, ministro delle Infrastrutture e principale sostenitore del progetto, ha definito la decisione della Corte “una scelta politica e un grave danno per il Paese”, assicurando che “il Governo andrà avanti”.
“Non è ammissibile – ha aggiunto Antonio Tajani – che la magistratura contabile decida quali opere strategiche realizzare in un Paese democratico”. Dalla società Stretto di Messina, l’amministratore delegato Pietro Ciucci ha difeso la correttezza dell’iter: “Tutto è stato svolto nel pieno rispetto delle norme italiane ed europee”. Di segno opposto la reazione dell’opposizione. Angelo Bonelli (Avs) ha parlato di “grande vittoria dello Stato di diritto” e ha chiesto le dimissioni di Salvini. “Gravissimo e ignobile – ha commentato Marco Simiani (Pd) – che il ministro attacchi la Corte invece di assumersi le proprie responsabilità”.

Il nodo giuridico

Sul piano tecnico, la Corte dei Conti ha chiarito che, nonostante il mancato via libera, il Governo può comunque procedere, chiedendo al Consiglio dei ministri di deliberare in base a un “interesse pubblico superiore”. In tal caso, la Corte è tenuta ad apporre un “visto con riserva”, e l’atto acquista efficacia, ma il Parlamento può successivamente valutarne la responsabilità politica. Tra i punti contestati dai magistrati, anche la competenza del Cipess, ritenuto un organo politico, e il superamento del 50% del costo iniziale rispetto alle stime originarie.

Le voci dal territorio

Sulla vicenda è intervenuto anche Orlandino Greco, che difende il progetto come “simbolo di riscatto del Sud”: “La Corte dei Conti non è il Vangelo. Il Sud non può restare ostaggio della burocrazia. Il Ponte non è solo cemento e acciaio, ma una visione di futuro, di dignità e di sviluppo per l’Italia intera”. Di segno opposto la posizione del sindaco di Corigliano-Rossano, Flavio Stasi, che parla di “fallimento politico e strategico del Governo Meloni”: “Il Ponte non si farà perché non riceverà le autorizzazioni previste dalla norma. La bocciatura della delibera da 13 miliardi impone al Governo di restituire i 10 miliardi sottratti al fondo complementare del PNRR, investendoli sull’Alta Velocità e sul Nodo di Tarsia, opere vere per lo sviluppo della Calabria”. Stasi ha inoltre attaccato la gestione delle ZES (Zone Economiche Speciali), accusando l’esecutivo di “annacquare” lo strumento “includendo tutto il Mezzogiorno con le stesse risorse di prima” e di aver “fatto saltare investimenti importanti per il territorio”.

 

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