Cosenza
Asp Cosenza ‘orfana’. Chi può salvare la sanità emigra, mentre gli ‘idonei’ sono indagati
Il reggente Sergio Diego si è dimesso. I servizi peggiorano. Intanto il cosentino che ha portato la Regione Molise al primo bilancio in pareggio migra all’Asl Napoli 3
COSENZA – A partire da oggi l’Azienda Sanitaria Provinciale di Cosenza, tra le più grandi d’Italia, non ha più un reggente. Sergio Diego, in carica in qualità di dirigente ‘anziano’ da quando il Decreto Calabria ha ‘licenziato’ Raffaele Mauro, si è dimesso. Non ha voluto neanche firmare il bilancio, dove pare vi siano almeno 100 milioni di euro di debiti, su un fatturato da un miliardo e mezzo di euro. Ha abbandonato la nave. Prima che affondasse. Prima che arrivassero gli uomini della Guardia di Finanza chiamati dal Ministro della Salute Giulia Grillo a vigilare sulla sanità calabrese. Ed è proprio dal Ministero che si attendono le nomine dei direttori generali che sembrerebbero ad ora introvabili. E’ da quattro mesi che ci provano, ma nulla, per l’Asp di Cosenza non spunta neanche un nome. Certo per l’Ospedale il problema è apparentemente risolto, con la nomina ‘formale’ della manager bergamasca Giusy Panizzoli che di fatto, ad oggi, non è mai apparsa tra gli uffici dell’Azienda Ospedaliera di Cosenza. A fronte di ciò la Regione Calabria sembra l’unica ad affrettarsi per proporre i propri nomi. Ha già infatti pubblicato la lista di idonei alla carica di direttore sanitario e direttore amministrativo (quella dei direttori generali spetta al Ministro della Salute) stilata senza alcun tipo di confronto con il commissario per il piano di rientro dal debito sanitario Saverio Cotticelli.
GLI ‘INOPPORTUNI’
Poco più di tre pagine zeppe di indagati e antichi volti della politica calabrese tra ex assessori ed ex sindaci. Da questa rosa il futuro direttore generale dovrà estrarre, appunto, i prossimi direttori sanitari e amministrativi. Tra i più noti, soprattutto per le condanne penali incassate, per i quali è stato presentato anche un esposto alla Corte dei Conti e all’Autorità Nazionale Anticorruzione da parte del Codacons ne appaiono 7 su circa 70, il 10%. Personaggi inopportuni che le commissioni regionali hanno inserito nell’elenco dei papabili, in maniera regolare perché probabilmente ancora in attesa dell’ultimo grado di giudizio, ma certamente non rassicurante per chi immagina di vederne il ritorno a capo della disastrata sanità cosentina. Tra i casi più eclatanti: Ottorino Zuccarelli, già sindaco di San Fili e condannato in primo grado per truffa all’Asp di Cosenza; Gianfranco Scarpelli noto per la vicenda delle ‘Parcelle d’Oro che coinvolse anche la famiglia Gentile (vicenda per la quale è stato assolto in quanto non esiste nessun divieto all’affidamento di incarichi legali); Pasquale Mesiti ‘attenzionato’ dalla Corte dei Conti e dalla Procura di Locri; Elga Rizzo; Angela Caligiuri; Maria Felicita Crupi; Salvatore Barillaro e Carmine dell’Isola. Il tutto per un ente che ha personale con un’età media di 54 anni e servizi al cittadino di una preoccupante inefficacia. Difficile trovare una professionalità tale da poter gestire l’Asp tra le più disastrate d’Italia figlia di un clientelismo politico di cui ormai non fa più mistero. Da aprile infatti non si riesce a trovare un direttore generale da porre a capo dell’Asp di Cosenza.
L’ECCELLENZA ‘IGNORATA’
Intanto esiste un dg capace, conteso da più aziende sanitarie e ospedaliere che è ‘scappato’ dall’Asp di Cosenza e fornisce le sue prestazioni altrove. Ha finora salvato la Regione Molise che ha un’azienda sanitaria unica costituita nel 2005, l’Asrem, e che dal 2007 fino al suo arrivo non aveva mai avuto un pareggio di bilancio. Si tratta del coriglianese Gennaro Sosto, ingegnere 50enne, oggi chiamato a dirigere l’Asl Napoli 3, il quale ha risanato i 40 milioni di euro di debiti, innalzato i livelli essenziali di assistenza da 150 a 170 (il minimo richiesto è di 160) e portato ad avere anche un piccolo utile da circa 20mila euro. Vive a Corigliano, dove rientra ogni fine settimana, ben consapevole dei disagi che vive la sanità cosentina in cui ha lavorato dal 2004 al 2016. Non ha tessere politiche tant’è che in Molise è stato nominato da un governo di centrosinistra e poi confermato da quello di centrodestra. Incarico lasciato dopo essere stato chiamato in Campania da De Luca, governatore di centrosinistra. Un tecnico che conosce la propria materia e che si è specializzato sacrificando le proprie ferie (e investendo il proprio denaro) per seguire master e accrescere le proprie competenze. Alla Camera dei deputati ha di recente relazionato sulle opportunità e sfide del nuovo Codice degli Appalti, Federsanità ANCI gli ha affidato le deleghe per il coordinamento delle Asl del Sud Italia, per l’area Innovazione e tecnologie sanitarie, ed ha posto in essere i più efficienti sistemi di reingegnerizzazione della sanità pubblica. Conosce la Calabria, soprattutto il territorio cosentino, ma ad oggi viene ignorato da chi fatica a trovare un direttore generale a queste latitudini anche se non è da escludere che possa rendersi disponibile a salvare dal pantano l’Ospedale di Cosenza o l’Asp di Cosenza.
«CHIUDETE GLI OSPEDALI PERICOLOSI»
«Quando sono andato via io dall’Asp di Cosenza, – afferma Sosto – la situazione era difficile, ma non così drammatica. Non essendo più all’interno dell’ente non posso giudicare, né dire quale sia la ricetta immediata per uscirne. Certo è che se ci sono dei decreti ministeriali che hanno sancito come deve essere organizzata una rete territoriale andrebbero applicati. Sembra che il ‘modello Cosenza’ sia ancorato al passato e fatichi a mettere in atto la programmazione dei servizi all’utente. La prima cosa che ho fatto quando sono arrivato in Molise è chiudere due ospedali ‘grossi’. Era necessario per tutelare la salute dei cittadini perché se sono pericolosi è meglio riconvertirli in presidi territoriali, potenziando la rete dell’emergenza con la tecnologia che abbiamo a disposizione. Faccio un esempio. Tenere un Pronto Soccorso in un Ospedale che non ha la cardiologia, significa far perdere tempo al paziente che ha un infarto mettendo a rischio la sua vita in attesa che venga trasferito. Meglio che vada in un’ambulanza e sia trasferito in un presidio più lontano che ha la possibilità di curarlo. Il caso di Corigliano è emblematico, non c’è la terapia intensiva e bisogna portare via tutti in altri ospedali. Abbiamo delle ambulanze al 118 di Cosenza che consentono di diagnosticare le patologie cardiologiche in tempo reale, mentre sono in viaggio. Sono delle eccellenze, vanno sfruttate. Il problema è che bisogna riqualificare la classe dirigente. Penso non sia necessario inviare in Calabria la Guardia di Finanza o nuovi manager, ma gruppi di professionisti che aggiornino il personale in forze e illustrino loro come far funzionare la macchina sanitaria. Una sorta di formazione sul campo».
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