Area Urbana
Contrae la leucemia in un laboratorio medico di Cosenza, sarà risarcito
Inizialmente l’insorgere della patologia era stato attribuito al tabagismo.
COSENZA – Non ci sono precedenti nel settore sanitario di questo genere in tutta Italia. O. S. sarà risarcito per aver contratto la leucemia mieloide cronica sul posto di lavoro. Una patologia determinata dall’inalazione di sostanze nocive nel laboratorio istologico in cui lavorò dal 1973 al 1995. Dopo la sconcertante diagnosi la struttura sanitaria pubblica di Cosenza in cui operava gli assegnò altre mansioni allontanandolo dall’ambulatorio. Ieri la Corte di Appello di Catanzaro ha ribaltato la sentenza del Tribunale di Cosenza riconosce l’origine lavorativa della patologia inizialmente attribuita al tabagismo. Nel maggio del 1995, il signor O.S., tecnico di laboratorio cosentino inizia il suo calvario. Nell’anno 2008 poiché all’esito della domanda di invalidità civile non gli veniva riconosciuta la percentuale del 100%, si rivolge agli Carmelinda De Marco e Giovanni Carlo Tenuta, al fine di ottenere dall’Inps i benefici previsti dalla legge 104. Tenuta suo legale difensore dopo avere interrogato il cliente sulle mansioni svolte e sulle sostanze manipolate, richiese ad un medico di fiducia di verificare se la leucemia potesse derivare dal lavoro svolto e di determinare, all’esito il danno biologico.
Ottenuto il certificato medico, i due legali, poiché avevano inutilmente richiesto, all’Inail di riconoscere, in via amministrativa, la patogenesi lavorativa e di liquidare la relativa rendita, all’inizio dell’anno 2010 agiscono giudizialmente. Nel ricorso proposto al Giudice del Lavoro del Tribunale di Cosenza sostengono che il fattore scatenante della leucemia fosse da rinvenire nella esposizione del lavoratore a sostanze nocive e cancerogene, quali il benzene e la formaldeide che, tra l’altro, venivano manipolate ed inspirate dal tecnico di laboratorio. Il Consulente Tecnico d’Ufficio, nominato dal giudice redigeva una perizia nella quale affermava che la leucemia mieloide era determinata dal fumo di sigaretta. La relazione venne contestata dai difensori del lavoratore che costringevano il CTU a riconoscere che il fumo di sigaretta sprigiona diossina e formaldeide e che queste due sostanze, al pari di quelle che, durante la preparazione dei reperti istologici, venivano inalate o erano aerodisperse, avevano determinato l’insorgenza della malattia. Il perito precisava, inoltre, che non era in grado, né lui né nessuno altro, di potere stabilire se fosse prevalente il tabagismo o l’esposizione lavorativa alle sostanze tossiche.
Il Tribunale di Cosenza ha quindi rigettato la richiesta di risarcimento dell’ammalato. L’Inail dal suo canto ha sostenuto la tesi che il diritto del lavoratore era prescritto in quanto la malattia era stata diagnosticata nel lontano 1995, la denuncia fatta dal lavoratore tramite i suoi legali era avvenuta a distanza di 15 anni e non sussistevano altre sentenze che avessero riconosciuto l’origine professionale della leucemia mieloide, ovvero precedenti giurisprudenziali che affermassero che tale malattia fosse provocata dal benzene e dalla formaldeide. La Corte di Appello di Catanzaro presieduta dal giudice Emilio Sirianni ha invece nei giorni scorsi riconosciuto il diritto del lavoratore S.O. a percepire la rendita per malattia professionale commisurata ad un danno biologico del 30% e condannava l’Inail al pagamento sia dei ratei maturati dal 2009 sia delle spese legali. In casi simili, si ricorda, l’ordinamento italiano all’articolo 39 DPM 1124 – 1965 prevede che qualsiasi medico sospetti che la malattia da cui è affetto il proprio paziente potrebbe derivare dal lavoro svolto dovrebbe denunciare tempestivamente i fatti all’Inail.
Social