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Emigrazione: si conclude il laboratorio teatrale

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Emigrazione: si conclude il laboratorio teatrale

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RENDE – Quando gli emigranti eravamo noi. E, a volte, purtroppo lo siamo ancora. La storia dell’emigrazione calabrese,

una fra le pagine di storia piu tristi della nostra epoca di ieri, è al centro di un laboratorio teatrale al Piccolo Teatro Unical. Si conclude oggi il laboratorio di narrazione “Raccontare la storia” che l’attore calabrese Leonardo Gambardella ha condotto al Ptu in piazza Monicelle. Le giornate – come racconta la collega Katia Grosso, tra l’altro studiosa del fenomeno, sono state un utile strumento di interazione, dialogo e confronto, tra storici, studiosi ed esperti e gli stessi studenti dell’Unical. Per comprendere e far delineare meglio il dramma, di grandi proporzioni, come ci dicono le pagine di storia, e che ha avuto una sua precisa connotazione anche sotto l’aspetto antropologico, sociologico, psicologico e culturale, soprattutto alle nostre latitudini e longitudini, Katia Grosso ha intervistato lo stesso Leonardo Gambardella. “La narrazione è un processo di conoscenza, – dichiara Gambardella – solo raccontando una storia si possono scoprire aspetti che non si sapeva di conoscere. Il processo antichissimo di condivisione orale della memoria è alla base della nostra civiltà. Da cinque giorni sul palcoscenico del Ptu attori, studenti universitari, persone comuni si incontrano per condividere storie di emigrazione. Alcuni raccontano vicende familiari, altri riportano storie che hanno sentito da conoscenti, tutti dimostrano vivo interesse per i temi legati all’emigrazione. Attraverso esercizi teatrali di immedesimazione, uso dell’intelligenza emotiva, improvvisazioni si fa esperienza di come raccontare una storia attraverso il corpo e la voce. “La storia dell’emigrazione attraversa la storia della Calabria dall’unità d’Italia in poi – Aggiunge Gambardella – eppure se ne parla così poco quasi ci si vergognasse. Mi sembra che ci troviamo davanti a un fenomeno di rimozione collettiva dei ricordi. Ci si accontenta di un’immagine sbiadita, retorica oppure ci si limita ad indicare le cifre impressionanti dei sessanta milioni di italiani che vivono all’estero. Ma dietro i numeri ci sono persone, famiglie, emozioni, speranze, sofferenze. Ritengo che questo materiale rappresenti un patrimonio unico che merita di essere ricordato e il teatro offra un valido strumento.” L’interesse per il tema dell’emigrazione – evidenzia Katia Grosso – è stato stimolato dal libro di Vittorio Cappelli, docente di storia contemporanea presso l’Università della Calabria, “Storie d’italiani nelle altre Americhe”, edito da Rubettino. Cappelli nell’illustrare il fenomeno migratorio a esclusione dei flussi maggiori in Argentina e Stati Uniti, affronta una diverso tipo di emigrazione fatto di successi e di modelli di integrazione sociale. Paradigmatica in questo senso è la vicenda di Antonio Daconte partito alla fine dell’800 da Scalea in provincia di Cosenza e arrivato in Colombia dove incontra il premio Nobel Gabriel Garcìa Màrquez, il quale in una recente intervista ha dichiarato di essersi ispirato a questo calabrese per il personaggio dell’italiano che compare in Cent’anni di Solitudine. “E’ stato sorprendente seguire il percorso di questo mio compaesano, dalle coste del Tirreno fino alle pagine di uno dei massimi capolavori della lettura del ‘900 – Spiega Gambardella che è originario proprio di Scalea.Il laboratorio rientra nel progetto della Residenza teatrale che la compagnia RossoSimona diretta da Lindo Nudo sta realizzando in collaborazione con il Comune di Rende e l’Unical” Per chi volesse seguire i lavori della giornata conclusiva, l’appuntamento e’ alle 16, al Piccolo teatro dell’Unical. Un salto indietro nella storia, tra le pagine più tristi del nostro ieri, i cui effetti sono ancora evidenti nel nostro oggi, con nuovi flussi d’emigrazione che non sono più rappresentati da valige di cartone, ma da menti eccelse e cervelli promettenti, costretti ad allontanarsi e partire per salvaguardare se stessi.

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