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Rituali per la festa dei morti, il racconto di un’ex satanista diventata suora dopo diversi esorcismi
”L’appuntamento era in un cimitero dove profanavamo delle tombe e ne rubavamo le ossa, facendo uno specifico rituale che alla fine le distruggeva”.
ROMA – Tutto sembrerebbe risalire alla cultura celtica la cui tradizione divideva l’anno solare in due periodi: quello in cui c’era la nascita e il rigoglio della natura e quello in cui la natura entrava in letargo passando un periodo di quiescenza. I giorni di inizio di questi due periodi venivano festeggiati, il primo, durante il mese di maggio (quello della vita, e quindi della rinascita della natura) e il secondo a metà autunno (quello della morte, e della quiete della natura). Questi due giorni venivano chiamati rispettivamente Beltane e Samhain. Quando Cesare conquistò la Gallia, le due feste pagane, celtica e romana, si integrarono e i giorni per il festeggiamento cadevano, a secondo delle zone, in un periodo che si collocava tra la fine del mese di ottobre e i primi giorni di novembre. Solo in seguito i festeggiamenti caddero in un solo giorno e precisamente tra la notte del 31 ottobre e il primo novembre. Questa notte veniva chiamata Nos Galan-Gaeaf, cioè notte delle calende d’inverno, ed era il momento di maggior contatto tra il mondo dei vivi e quello dei morti. Nel significato religioso si voleva commemorare il mondo dell’aldilà o il mondo della morte il cui significato viene fatto risalire proprio al Samhain dei Celti.
Durante i festeggiamenti del 2 novembre, dove venivano ricordate le anime degli estinti, i loro cari si mascheravano da angeli e diavoli e, come nella tradizione celtica, accendevano grandi fuochi. Nei secoli precedenti si usava mettere alla finestra una bacinella ripiena d’acqua, perché nel fondo si potessero riconoscere i familiari morti che sfilavano in processione e si racconta, anche, a secondo delle località e delle tradizioni, che nella notte, tra questi primi due giorni di novembre, una Messa dei morti sia officiata e a farlo sia un prete anch’egli defunto, per cui, a mezzanotte in punto, tutta la chiesa è illuminata e la porta d’entrata aperta a tutti, ma non a quelli che non sono morti. Infatti, se, per sfortuna entra una persona viva, resterà sempre con i morti, perché terminata la Messa il portone improvvisamente si rinchiude e non si aprirà più. La festività è inserita nel calendario delle celebrazioni sataniche. Anche nel satanismo il 1° Novembre è il Samhain come per i celti, giorno in cui si festeggiano i propri morti e la fine dell’estate. Questa festa rappresenta la fine di ogni ciclo, è la morte che sopraggiunge senza spazio nè tempo, è il giorno che sta in sospeso fra la vita e la morte.
In questa data il muro fra la nostra dimensione terrena e l’astrale è molto sottile e alle entità spirituali è permesso di raggiungerci secondo le teorie sataniche. Si tratta di un momento in cui avverrebbe il passaggio degli spiriti nella nostra dimensione ed ogni buon Satanista dovrebbe offrire ospitalità a questi passanti dimensionali, apportando ovviamente dei piccoli accorgimenti onde evitare spiacevoli incontri. L’ideale sarebbe quello di offrire ospitalità soltanto agli spiriti Gentili, tenendo però lontani quelli ostili tenendo la finestra di casa che affaccia a nord semi aperta, accendendo una candela nera sul davanzale e un po’ di incenso profumato in casa, vicino alla finestra insieme ad un foglio con il sigillo di Satana, quello del vostro guardiano e ai lati quello di Haures e Orobas, che sono Divinità esperte nel bandire larve astrali e spiriti molesti. Ognuno poi può allietare la venuta degli spiriti offrendo loro musica piacevole e doni, come fiori, biscotti, vino. Ogni cosa ha valenza simbolica, ma ciò che più facilmente trapassa da una dimensione all’altra sono gli odori e i suoni. Una suora cattolica ex satanista consacrata dopo numerosissimi esorcismi e un viaggio decisivo a Medjugorje, in un estratto dal libro autobiografico ‘Michela, fuggita da Satana. La mia lotta per scappare dall’Inferno’ descrive con dovizia di dettagli il rituale degli adoratori dell’angelo caduto.
“Tra fine ottobre e inizio novembre, ossia nelle notti recedenti Halloween (31 ottobre) e la memoria dei Defunti (2 novembre), c’era poi l’unico appuntamento in un cimitero, – racconta Michela – dove profanavamo delle tombe e ne rubavamo le ossa, facendo uno specifico rituale che alla fine le distruggeva. Qualche volta mi è anche capitato di partecipare a un rito in una struttura che sembrava una piccola chiesa. Recentemente ne ho avuto una spiegazione, leggendo la denuncia dell’esperto padre Francesco Bamonte: ‘Nel corso delle vendite di varie cappelle non più utilizzate per il culto, è accaduto che qualcuna di esse sia stata acquistata proprio da individui che, nascondendo la loro appartenenza a gruppi di satanisti, le hanno poi utilizzate (e utilizzano tutt’ora) per i loro riti nefandi’. Dopo la conversione mi ha colpito quanto i satanisti conoscessero tutte le feste della Chiesa e come fossero riusciti a elaborare dei riti che si ponevano in diretta ed evidente opposizione alla liturgia cattolica. Il primo esempio è ovviamente la messa nera, che veniva celebrata in tutti gli appuntamenti e che si concludeva sempre con il sacrilegio dell’ostia consacrata. In contrapposizione alla sacralità dell’altare ecclesiastico, noi “consacravamo” il luogo della cerimonia disegnando, dinanzi all’altare, il pentacolo: la stella a cinque punte contornata dal cerchio.
Il simbolo veniva realizzato spargendo per terra una polvere di colore nero o rosso. I riti si svolgevano ogni sabato, per dissacrare la domenica, ma anche nelle vigilie di numerose feste cattoliche. Numerose feste di santi erano momenti fortissimi della nostra anti-liturgia, come accadeva per esempio nella vigilia dei santi Pietro e Paolo e in quelle degli altri apostoli. Particolare accanimento c’era nelle vigilie di quelli che in vita erano stati più attivi nella lotta contro il demonio. San Benedetto da Norcia era odiato specificamente a motivo della nota medaglia-croce a lui intitolata, che porta incise alcune sigle esorcistiche: N.D.S.M.D. {Non draco sit mihi dux – Non sia il demonio il mio capo); V.R.S.N.S.M. V. (Vade retro, Satana; numquam suade mihi vana – Allontanati, Satana; non mi indurre in cose vane); S.M.Q.L.I.V.B. (Sunt moia quaelibas; ipsevenena bi-has – Sono cattive le tue bevande; bevi tu stesso i tuoi veleni). Secondo la tradizione devozionale, tramandata nei testi benedettini, la medaglia-croce ‘scaccia dai corpi umani ogni malefìcio, legatura e qualunque opera diabolica; in qualsivoglia luogo dove è collocata non vi si può accostare persona malefica’. I santi venivano osteggiati in quanto erano persone che avevano suscitato avversione in Satana.
Insieme con loro si attaccavano anche i devoti. Un esempio è padre Pio, che alla metà degli anni Novanta non era ancora beato (lo sarà nel 1999, e santo nel 2002). Contro di lui si diceva di tutto: si potrebbe affermare che i satanisti lo avevano canonizzato prima dei cattolici, o comunque erano convinti in anticipo della sua santità. C’era inoltre una precisa ritualità contro i suoi devoti, venivano proprio fatte delle maledizioni su di loro e queste espressioni di maledizione potevano durare un’oretta, all’interno della messa nera. Al centro di questa particolare attenzione c’erano diversi esorcisti, di cui il Sacerdote di Satana ha l’elenco e le fotografie: l’allora arcivescovo Emmanuel Milingo, il vescovo Andrea Gemma, il defunto padre Candido Amantini, don Gabriele Amorth, padre Matteo La Grua. Era come una litania dei santi al contrario. Si proclamavano i loro nomi e si lanciavano maledizioni. Per ciascuno di loro il Sacerdote prendeva la foto, la mostrava al semicerchio di adepti e la bruciava nel braciere, guardandola con attenzione. Allo stesso modo venivano trattati i fuoriusciti, quelli che avevano abbandonato la setta.
I loro nomi venivano maledetti e io stessa oggi posso testimoniare che qualche effetto si manifesta. La costanza e la fedeltà che gli adepti hanno nella persecuzione degli “ex” sono inesauribili. Ci sono due-tre momenti l’anno un po’ più intensi in cui passo delle nottate “animate”. Per esempio ho la sensazione che gli ossicini del corpo mi si rompano a uno a uno, come se qualcuno me li spezzasse. Oppure c’è qualche mobile che si sposta da una parte all’altra. Non venivano risparmiate nemmeno le vittime delle cosiddette “stragi del sabato sera”. A un certo punto della messa nera c’era un confratello che passava al Sacerdote una lista con i nomi delle persone che erano morte in tutta Italia a causa di incidenti stradali nel sabato precedente. Lui le leggeva e a ogni nome c’era un boato da parte nostra. Sembrerà assurdo, ma noi sentivamo un moto d’orgoglio, perché consideravamo quei giovani come dannati, in quanto ci sembrava difficile che la loro anima fosse andata in paradiso. Per i satanisti sono infatti seguaci impliciti del demonio anche tutti quelli che decidono volontariamente di distruggersi mediante la droga, oppure quelli che mercificano il proprio corpo attraverso i rapporti sessuali.
Ogni sabato notte consacravamo in modo indiretto tutti costoro e in particolare offrivamo a Satana i giovani che sarebbero morti durante quelle ore. Era insomma come un rituale in due tempi. Nella prima parte venivano proclamati i nomi di quelli morti il sabato sera precedente. Si sentivano cognomi di regioni diverse, mediamente da tre-quattro fino a una decina, e non c’è mai stata una circostanza nella quale non ci fosse almeno un nome. Nella seconda parte venivano invece consacrate tutte le persone che sarebbero morte quella notte dopo la discoteca, sotto l’effetto di droga e alcol. Non si trattava di una maledizione generica, ma di una vera e propria sequenza specifica. A ripensarci oggi, mi risulta sconvolgente che – come i cattolici affidano le anime dei morenti a Dio – così noi affidavamo quelle anime a Satana”.
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