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Unical: agorà della cultura o stipendificio?

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Unical: agorà della cultura o stipendificio?

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ARCAVACATA – Laboratorio di intelligenze o stipendificio? Il dubbio, quasi amletico, circola, insistentemente, tra i dipendenti e i docenti dell’Università della Calabria.

Un fantasma da allontanare. Se ne discute solo sussurrando: «Stiamo diventando uno stipendificio». Il dubbio è quello che si pone anche il collega Pablo Petrasso, uno delle più autorevoli firme del panorama giornalistico regionale, nonchè penna pungente e puntuale del Corriere della Calabria. Secondo Pablo Petrasso, il neologismo bruttino, utilizzato in testa all’articolo, è buono a riassumere il momento. Specie se si poggia su cifre inequivocabili come quelle contenute nel bilancio dell’ateneo. Che incassa, tra tasse studentesche e trasferimenti dallo Stato, circa 109 milioni di euro all’anno. E ne spende, per pagare gli stipdenti di docenti, ricercatori, esperti di lingue staniere e personale amministrativo, quasi 94. In termini percentuali (e senza considerare le retribuzioni dei dirigenti, le indennità e le consulenze), l’86% degli introiti se ne va in assegni da staccare a fine mese. E tutto il resto? La ricerca, i libri, la sperimentazione? Voci secondarie, quasi trascurabili. Ed è un po’ colpa dei tempi e dei tagli, ma è anche una questione fondante, che ha a che fare con la strategia seguita negli ultimi anni nel campus e con le prospettive del più importante ateneo della Calabria. Un laboratorio di intelligenze, nato per produrre idee (anche) al servizio del territorio e non soltanto stipendi, stabili o precari che siano. Un esempio? Ancora Petrasso. Il rettore, il prorettore e i direttori di dipartimento hanno diritto a indennità di carica che pesano, nel bilancio dell’ateneo, 192.876 euro. Tutto perfettamente legittimo. Così come i compensi professionali e i contratti di consulenza, che valgono circa 600mila euro. In totale poco meno di 800mila euro. Una cifra che andrebbe tenuta a mente ogni volta che si bandisce un assegno di ricerca: costa circa 23mila euro annui e, con i denari investiti in indennità (legittime, ma davvero necessarie?) e consulenze, se ne potrebbero finanziare almeno 34. Trentaquattro possibilità in più di avvicinarsi all’obiettivo vero di un’accademia importante come quella di Arcavacata. E che dire – si legge ancora nell’articolo di Pablo Petrasso – dei contratti dei dirigenti? Si può provare a capirne di più facendo un paragone con un ateneo simile in quanto a dimensioni. L’Università di Parma, con circa 30mila studenti, ha un direttore amministrativo e tre dirigenti. L’Unical, oltre al direttore amministrativo (che, per legge, costa 219mila euro all’anno), ha dieci manager, per i quali, in totale, spende 1.235.665 euro. Una cifra ingente. Che non avvicina neppure, però, quelle spese per l’energia elettrica (3,5 milioni di euro), per la manutenzione ordinaria e straordinaria delle strutture (quasi 2 milioni) o per le pulizie (1,85 milioni di euro).

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