Calabria
La variante Delta arriva in Calabria. Accertato primo caso: “isolato tempestivamente”
Accertato il primo caso di variante Delta anche in Calabria e individuato dall’Asp di Reggio Calabria “è un fatto isolato”
REGGIO CALABRIA – Primo caso di variante Delta in Calabria. Un caso di contagio da covid-19 della variante (indiana) è stato individuato nei giorni scorsi dal laboratorio di microbiologia dell’Asp5 di Reggio Calabria. “Il nostro laboratorio ha effettuato un sequenziamento ed ha individuato il primo caso di variante indiana in Calabria – rivela Alessandro Giuffrida responsabile del Servizio di prevenzione dell’azienda sanitaria reggina -. Il caso è assolutamente isolato. Lo abbiamo individuato tempestivamente. La persona contagiata è in assoluto isolamento. Abbiamo attivato le consuete procedure di ricostruzione dei contatti, che normalmente vengono limitati alle 48 ore precedenti, mentre trovandoci davanti ad una variante delta le ricerche si allargano fino ai 14 giorni precedenti prima della riscontrata positività. C’è una maggiore attenzione nell’individuare eventualmente i contatti stretti che vanno messi immediatamente in isolamento”.
Nell’ultimo mese in Italia +3,4% di casi
Dal 15 maggio al 16 giugno le sequenze della variante Delta del virus SarsCoV2 in Italia hanno registrato un aumento dall’1,8% al 3,4%: è il quadro che emerge dall’analisi delle sequenze depositate dall’Italia nella banca dati internazionale Gisaid e condotta dal Gruppo di Bioinformatica del centro Ceinge-Biotecnologie avanzate diretto da Giovanni Paolella. Focolai sono presenti in almeno sette regioni: dal Trentino Alto Adige alla Puglia, fino alla Sardegna. Non sono noti i numeri reali della circolazione di questa variante, la B.1.617.2 o indiana nella vecchia terminologia, in quanto le sequenze genetiche fatte in Italia sono poche, ma quelle depositate nella banca dati internazionale Gisaid, indicano già che dal 15 maggio al 16 giugno le sequenze della variante è aumentata dall’1,8% al 3,4%. Nel frattempo gli esperti osservano che ottenere le sequenze genetiche è fondamentale per avere un quadro fedele della circolazione della variante. I numeri delle sequenze depositate nella banca Gisaid sono infatti solo indicativi: “inevitabilmente, non possono rappresentare l’esatta diffusione del virus sul territorio“, osservano Rossella Tufano e Angelo Boccia, che sono fra gli autori della ricerca fatta dal Ceinge. Quello che emerge è che le sequenze depositate dall’Italia dal 15 maggio al 16 giugno risultano essere complessivamente 1.705 e di queste 58 corrispondono alla variante Delta. ”
Destinata a modificarsi, prime infezioni in vaccinati
La variante Delta del virus SarsCoV2 è destinata a modificarsi con l’aumentare della sua circolazione e “il numero limitato delle sequenze finora ottenute in Italia indica già un aumento della diffusione, ma è molto probabile che il numero reale dei casi di infezione dovuti a questa variante sia più grande”: l’analisi del genetista Massimo Zollo, dell’Università Federico II di Napoli e coordinatore della Task force Covid-19 del Ceinge. “L’esperienza accumulata nel 2020 ci ha insegnato che le varianti che diventano predominanti si modificano e generano ancora nuove varianti, acquisendo caratteristiche che la rendono più aggressiva e più efficiente nel diffondersi”, ha detto ancora. “Diventa fondamentale la velocità nel tracciamento e nel sequenziamento: l’obiettivo dovrebbe essere isolare chi ha l’infezione, ma se adesso riapriamo non riusciremo a raggiungerlo”. Quanto ai vaccini, stanno arrivando i primi dati sulle reinfezioni: “stiamo avendo informazioni tali che due dosi dopo i vaccini Pfizer e Moderna, anche dopo il periodo necessario per acquisire la protezione completa“, ha osservato. “Il vaccino sta comunque funzionando e molto più importante i casi di reinfezione sono ancora pochi in Campania ma esistono: il fenomeno è recente, non ci sono casi gravi e non sappiano ancora con certezza se siano causati dalla variante Delta, ma alla luce di quanto accaduto in Gran Bretagna possiamo immaginare”. Fin da adesso, secondo Zollo, si può comunque dire che “il vaccino non è l’unica arma contro la pandemia e una possibile strada potrebbe essere combinarlo con altre armi, come farmaci che impediscono al virus di legarsi alle cellule e l’uso di anticorpi monoclonali”.
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