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Don Panizza: «Assurdo togliere i figli alle famiglie mafiose»

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Don Panizza: «Assurdo togliere i figli alle famiglie mafiose»

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Il caso, com’era prevedibile, fa discutere. Ma più che il caso singolo fanno discutere gli scenari che questo apre. La notizia era stata riportata dal Corriere della Sera: un sedicenne arrestato nella Locride per furto e danneggiamento di un’auto, poi assolto, e la decisione del giudice di allontanarlo dalla famiglia

e affidarlo ai servizi sociali lontano dalla Calabria. Alla base del provvedimento, pare, la valutazione del contesto familiare del ragazzo: padre assassinato e fratelli finiti in carcere per associazione mafiosa. Calabria Ora l’ha ripresa e rilanciata sotto forma di interrogativo: è giusto togliere i figli alle famiglie di ’ndrangheta per evitare che diventino uomini di mafia? È necessario agire in maniera così radicale per sottrarli alla malavita? Don Giacomo Panizza, sacerdote che la violenza della criminalità organizzata la subisce e la combatte ogni giorno, ha un aggettivo per definire tutto questo: «Assurdo». Il padre della comunità “Progetto Sud”, nata 36 anni fa a Lamezia Terme nel quartiere “difficile” di Capizzaglie e più volte oggetto di atti intimidatori, ha un’idea del tutto diversa della prevenzione. La prevenzione, dice, si fa nella società e non nelle aule di tribunale. «L’operazione di togliere i figli alle famiglie a rischio è materia vecchia – afferma don Panizza -. La novità sta nel renderla un’azione preventiva». Un conto, dice il sacerdote, è intervenire per correggere una situazione che si è già creata, un altro è intervenire solo sul rischio. Un provvedimento del genere, spiega, «scavalca le leggi esistenti». Non giudica il singolo caso don Panizza – «il giudice avrà avuto buoni motivi per prendere questa decisione», dice -, preoccupa però il fatto che possa tramutarsi in prassi. Sarebbe «un’operazione preventiva assurda», commenta. Assurda e inutile. «Bisogna intervenire non preventivamente, ma normalmente». I ragazzi nati in contesti a rischio, spiega don Panizza, devono essere seguiti a scuola e dai servizi sociali, anche con l’aiuto delle famiglie laddove è possibile. «Non serve spostarli, mandarli lontano dal loro ambiente, serve invece far sì che nel loro stesso ambiente si crei normalità. Far sì che stiano con gli altri ragazzi, che facciano una vita normale».

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