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Denunciato dalla madre, viene condannato e tenta il suicidio in carcere

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Denunciato dalla madre, viene condannato e tenta il suicidio in carcere

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COSENZA – Un tradimento al cuore. Questo il movente per il quale un 29enne, che ha tentato suicidio in carcere, come risposta a sua madre che l’aveva denunciato. La denuncia scattò per tentato omicidio nei confronti di sua madre. Il fatto avvenne nello scorso mese

La causa scatenante di quell’aggressione, classificata dagli inquirenti e dalla procura, come tentato omicidio, fu relativa alla denuncia che la madre, presentò contro suo figlio, per droga. Quella denuncia, la madre l’avanzò per togliere suo figlio dalla morsa della droga. Denunciandolo, sperava che il figlio fosse costretto a sottoporsi ad un trattamento sanitario obbligatorio (Tso), per lasciarsi alle spalle i suoi problemi. Ma la denuncia per tentato omicidio, finora, ha portato solo alla condanna in primo grado a 8 anni di carcere per il ragazzo, che è rinchiuso nel carcere di Rossano. Per lui, il pm di Castrovillari, Maria Grazia Anastasia, aveva chiesto una condanna a 12 anni. E finora, non sono valse a nulla neanche quattro istanze presentate al Tribunale Penale di Castrovillari dagli avvocati del ragazzo Mario e Riccardo Rosa, che chiedono un affievolimento della misura cautelare. Il giovane deve restare in carcere perché, secondo il tribunale, ci sono dubbi sulla sua reale condizione di tossicodipendente, «nonostante il prelievo di un campione di pelo pubico, e il certificato Sert attestino tracce di uso di sostanze stupefacenti» sostiene Riccardo Rosa, uno degli avvocati del ragazzo.

«La madre, durante il processo, non ha confermato le accuse al figlio, e ha chiarito di averlo denunciato solo per costringerlo a trasferirsi in una casa di cura, poiché non ne poteva più delle continue liti che il ragazzo scatenava ogni sera» afferma Rosa, concludendo che «il ragazzo ha bisogno di essere trasferito in comunità, non di stare in carcere».

Peraltro lo stesso, chiamato a rispondere delle accuse della donna, non ha mai inteso contestarle, e non ha mai presentato denuncia per calunnia. Allo stesso modo, la madre non se l’è sentita di costituirsi come parte civile del processo contro il figlio, cui ha partecipato solo in qualità di persona offesa. Così, il 26 ottobre scorso il giovane è stato condannato in primo grado a 8 anni di reclusione, e la sera successiva ha tentato di togliersi la vita in carcere, salvato solo dall’intervento di detenuti e guardie carcerarie, accorsi a soccorrerlo in bagno. Dopo essere stato sottoposto ad una trasfusione in ospedale, e dopo essersi visto applicare alcuni punti di sutura, è stato riportato nel carcere di Rossano già dal giorno dopo. I suoi legali, però, sostengono ancora che il ragazzo debba essere trasferito in un centro di recupero per essere aiutato a superare i suoi problemi. Perciò hanno presentato ricorso al Tribunale del Riesame di Catanzaro, che si pronuncerà a breve sul rigetto dell’ultima istanza avanzata per ottenere la sostituzione della misura cautelare del carcere. Ma, per il momento, resterà ancora rinchiuso nel penitenziario di Rossano, dove si trova ormai dal gennaio scorso.

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