Calabria
‘Ndrangheta al Nord. Slot machine e minacce, 400 militari per 15 arresti. Salvini: “Pacchia finita”
 
																								
												
												
											Dopo sette anni di indagini è emerso che la cosca riciclava denaro anche attraverso il business delle slot machine e sosteneva alcuni candidati alle elezioni. Dall’alba interventi tra il Piemonte e la Calabria
TORINO – Cosche che fanno affari fuori regione. Fiumi di denaro che la ‘ndrangheta gestisce anche al Nord Italia. Dalle prime ore di questa mattina, dopo sette anni di indagini, tra Vibo Valentia e Torino è scattata l’esecuzione di 17 misure di custodia cautelare (con 15 arresti) nei confronti di altrettante persone accusate a vario titolo di associazione di stampo mafioso e altri numerosi reati. Ad indagare sul filo diretto del business illecito tra Piemonte e Calabria sono stati i finanzieri del comando provinciale di Torino e del servizio centrale Investigazione Criminalità Organizzata di Roma della guardia di Finanza insieme ai carabinieri del Ros dopo due attentati ai danni di due concessionarie di auto a Carmagnola. Sequestrati beni per 40 milioni di euro fra Moncalieri, Carmagnola (dove è stato sequestrato anche un distributore di benzina ritenuto luogo di incontro tra gli esponenti del clan), Carignano, Alba e Sommariva Bosco.
Oltre 400 sono stati i militari impegnati nel corso di un’operazione congiunta chiamata Carminius, coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia torinese volto a sgominare un clan di ‘ndrangheta radicato in Piemonte. A tentare di dimostrare l’esistenza di una ‘ndrina a Torino è stata un’approfondita indagine partita nel 2012 che ha portato oggi alla confisca dell’intero capitale di una società attiva nel settore del trasporto merci su gomma. Ma c’è di più. L’associazione sarebbe stata dedita a commettere reati in materia di armi, stupefacenti, riciclaggio e spendita di denaro falso, acquisendo in modo diretto il controllo di attività economiche nel settore edilizio, della ristorazione, dei bar, dei trasporti e del commercio di automobili. Diversi anche gli appalti pubblici acquisiti dal Comune di Carmagnola dove la cosca si sarebbe mobilitata anche per procurare voti in occasione delle elezioni.
LE SLOT MACHINE E LE MINACCE AL COMUNE
Una rete di attività illecite poste in essere attraverso l’intestazione fittizia di società e il controllo del settore delle macchinette da gioco. Intimidazioni, minacce e attentati incendiari ai danni di amministratori comunali per impedire il varo di un regolamento più restrittivo sull’installazione delle slot machine nei locali pubblici. È uno dei risvolti dell’operazione Carminius, contro le attività della ‘ndrangheta nel Torinese. Ad essere preso di mira dalle cosche è stato, in particolare, il comune di Carmagnola: tra il 2014 e il 2018 sono state incendiate le auto del vicesindaco Vincenzo Inglese e dell’assessore Alessandro Cammarata. L’inchiesta colpisce una diramazione del clan Bonavota di Sant’Onofrio radicata a Carmagnola in provincia di Torino e nelle zone limitrofe, riconducibile alle famiglie Arone, De Fina e Serratore, tutte originarie di Sant’Onofrio e collegate alla cosca Bonavota che, oltre a Sant’Onofrio, opera pure a Maierato e in parte del territorio di Pizzo Calabro e nella zona tra le province di Torino e Cuneo. I ‘calabresi’ legati alla ‘ndrina Bonavota e uomini di Cosa Nostra attivi a Carmagnola e in alcune zone del Cuneese si sarebbero inoltre uniti per spartirsi il traffico di droga, estorsioni e le videoslot con una gestione pacifica e collaborativa.
IL RICICLAGGIO DI DENARO E LA COSCA
Patrimonio consistente anche in numerosi beni mobili tra cui semirimorchi, trattori e automobili cui proprietà è riconducibile al 61enne Giuseppe Sgrò ritenuto dagli inquirenti esponente del clan Sgrò – Sciglitano, operante a Barrittieri, frazione di Seminara nel reggino e attivo in Piemonte. Le verifiche sui capitali della famiglia Sgrò hanno permesso di portare alla luce come il denaro di provenienza illecita venisse reinvestito nel trasporto merci. Il presunto boss Sgrò si trova attualmente detenuto, poichè condannato, dalla Corte d’Appello di Torino, a 7 anni di reclusione per associazione mafiosa. L’uomo, secondo gli investigatori, rappresenta una figura di unione tra le famiglie Raso di Cittanova, che avrebbero il loro raggio d’azione tra Vercelli e Biella, e Dominello, presente, invece, a Torino e nella provincia torinese, oltre ad essere collegata, sempre secondo le risultanze investigative, alla cosca Pesce – Bellocco di Rosarno. Gli indagati sono quasi tutti originari di Sant’Onofrio, ma da tempo residenti a Carmagnola.
IL PROCURATORE TORINESE: «SERVE COLLABORAZIONE DEI CITTADINI»
“Non dobbiamo parlare di un cancro invasivo come in altre aree geografiche, ma di una febbricola permanente che comunque, se non viene contrastata e repressa, può diventare qualcosa di molto più grave. Ma per questo ci aspettiamo qualcosa in più, sul versante della collaborazione, dal mondo dell’economia e della società civile”. Lo ha detto Paolo Borgna, procuratore vicario a Torino, illustrando in una conferenza stampa i dettagli dell’operazione ‘Carminius’. Borgna ha fatto presente che è in corso un secondo filone di indagine e, a questo proposito, ha sottolineato che “l’amministrazione comunale di Carmagnola ci ha fornito un grosso aiuto. È stata molto più collaborativa dei cittadini. Speriamo che la tendenza cambi”. “L’aggressione ai patrimoni illeciti è la nuova frontiera nella lotta al crimine organizzato”. Lo ha detto il generale della guardia di finanza Alessandro Barbera, comandante dello Scico della guardia di finanza, oggi a Torino per l’operazione Carminius dove, fra l’altro, sono stati eseguiti sequestro per 45 milioni di euro. “Se questa è una ‘febbricola’ come ha detto il procuratore Borgna – ha osservato il generale – la nostra è stata una massiccia dose di aspirina”.
LA REAZIONE DI SALVINI
«Altro successo contro la ‘ndrangheta. Oltre 400 carabinieri e finanzieri, coordinati dalla Dda di Torino, stanno smantellando una rete piemontese dei clan. Droga, estorsioni, fatture false, affari con le slot machine e tanto altro. Sequestrati beni per 40 milioni di euro. Complimenti alle Forze dell’Ordine e agli inquirenti. Nessuna pietà per i criminali: la pacchia è finita» ha commentato, a caldo, il ministro dell’Interno Matteo Salvini.
I NOMI
Sono 15 le persone finite in carcere nel corso dell’operazione “Carminius”. Quattordici di loro (quasi tutti originari di Sant’Onofrio, ma residenti a Carmagnola) sono indagati per associazione a delinquere di stampa mafioso finalizzata alla produzione e al traffico internazionale di sostanze stupefacenti, trasferimento fraudolento di valori, estorsione, emissione di fatture per operazioni inesistenti e truffa. Il gruppo sarebbe guidato da tre capi: Salvatore Arone di 60 anni, Francesco Arone di 58 anni e Antonino Defina di 53 anni. Due uomini sono accusati invece di concorso esterno in associazione mafiosa: tra questi c’è il proprietario di due concessionarie di automobili. Il valore dei sequestri di società, conti correnti e cassette di sicurezza supera i 45 milioni di euro.
Salvatore Arone
Francesco Arone
Raffaele Arone
Antonio Arone
Francesco Santaguida
Antonino Defina
Nicola Defina
Basilio Defina
Rocco Costa
Domenico Cugliari (alias “Micu i Mela”)
Antonio Pilutzu
Gianmaria Gallarato
Francesco Mandaradoni
Francesco Pugliese
Antonino Buono
Nazzareno Fratea.
 
                         
                                 
                                 
                                 
                                 
                                 
                                 
											 
											 
											 
											 
											 
											 
											 
											 
											 
											 
											 
											 
											 
											 
											 
											 
											 
											 
		
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