Provincia
Omicidio Paffile, 12 anni di carcere per Eugenio Barbieri
 
																								
												
												
											Ottantacinque anni oggi, ottantenne all’epoca dei fatti, Barbieri è accusato dell’omicidio dell’ex moglie Carmela Paffile, ritrovata dai figli in una pozza di sangue davanti all’uscio di casa
BISIGNANO (CS) – L’accusa aveva chiesto 24 anni di carcere ma la Corte al termine della Camera di Consiglio ha emesso sentenza di condanna a 12 anni di reclusione «Barbieri Eugenio voleva da tempo immemorabile uccidere la moglie, non ferirla e basta, ma ucciderla!». Queste le parole del pubblico ministero durante una lunga requisitoria nel processo a carico dell’unico imputato Eugenio Barbieri, 85 anni, accusato di omicidio nei confronti della moglie Carmela Paffile nel giugno del 2014. La storia di Carmela si svolgerebbe attraverso un “incidente domestico”, almeno questo fu quello che il marito fece intendere ad uno dei due figli quando lo raggiunse telefonicamente per allertarlo che la madre era caduta fuori dall’uscio di casa, in campagna a Bisignano, in contrada Frassia, finendo in una pozza di sangue. Ma per i figli ad uccidere la madre sarebbe stato il padre che negli anni avrebbe sottoposto la donna a continue angherie. E non solo la moglie, da cui era separato negli ultimi anni, ma i figli stessi. E se quella notte, secondo le testimonianze, non ci fosse stata la vicina di casa, nessuno avrebbe mai saputo che Carmela col cenno della testa avrebbe fatto capire che non era caduta.
Nell’udienza in Corte d’Assise presieduta dal giudice Garofalo, a latere il giudice Granata, il pubblico ministero in una lunga requisitoria ricostruisce la storia di Carmela Paffile e parla della freddezza di Eugenio Barbieri, colpevole per l’accusa di avere ucciso la moglie con assoluta freddezza: «Ed è per questo che è rimasto lì in attesa, mentre il sangue scendeva a flotti finchè non si è fermato, senza neppure allora chiamare i soccorsi ma solo il figlio Umile, per cominciare la sua assurda versione – sottolinea il pubblico ministero -. Del resto la sua cattiveria, diremmo quasi inumanità, trova conferma nelle dichiarazioni rese da tutte le persone intervenute nell’immediatezza, le quali descrivono questa totale indifferenza, impassibilità del soggetto rimasto seduto sulle scale, senza nessuna forma di preoccupazione, a vedere soltanto la preoccupazione di chi, per tutta una vita aveva tentato di salvare la povera Carmela Paffile proprio da lui. Come ha detto il figlio Santo “finalmente è riuscito a togliersela di torno” – rimarca il pm nella requisitoria-. Accusa alla quale il padre non è riuscito neanche a ribattere. Le uniche parole che solleverà al figlio Umile nel giorno in cui la donna si trova in coma in ospedale saranno “Come sta la morta? Ce la fa o non ce la fa? domande queste a dir poco sconcertanti e confermative di questa volontà omicidiaria dell’imputato, rispetto alle quali Barbiere Umile ha rappresentato “Ha sempre odiato mia madre e penso fosse preoccupato del fatto che se mia madre si fosse svegliata avrebbe potuto raccontare come stavano le cose“. Per tutto quanto rappresentato sperando di non avervi tediato la pubblica accusa ritiene provata oltre ogni ragionevole dubbio la penale responsabilità di Barbiere Eugenio per avere commesso l’omicidio volontario della ex moglie Paffile Carmela e per questo che chiede una pena di 24 anni di reclusione».
PER I FIGLI IL PADRE E’ COLPEVOLE
Degli avvocati parte civile prende la parola Linda Sena “Dopo la requisitoria del pubblico ministero c’è poco da aggiungere su una vicenda processuale che ha devastato i familiari dal giorno della morte della madre e che, naturalmente, hanno continuato questa loro sofferenza e dolore durante le fasi processuali che volgono alla conclusione oggi e che ha coinvolto anche noi difensori parte civile. quando si verificano fatti del genere siamo difronte ad una vicenda che fa orrore e soprattutto quando sono fatti che si consumano all’interno della famiglia; famiglia in cui ci sono stati maltrattamenti, violenze, mentre invece la famiglia dovrebbe essere un posto dove sentirsi al sicuro, quello che non ha potuto fare Carmela Paffile che da sempre ha vissuto nel terrore, in una paura. violenze da parte del marito; violenze che hanno vissuto anche gli stessi figli Sandro, Umile, Giuseppe. Ricordo l’evento di Umile, quando è stato morso dal padre e ancora oggi porta i segni di questo morso al braccio. Sono eventi che sicuramente porteranno per tutta la vita come anche la vicenda di oggi, oggetto del processo. Per tutti i figli sentiti anche durante l’istruttoria dibattimentale, il padre è colpevole.
E gli elementi che la Procura ha evidenziato in maniera molto tecnica e dettagliata, Io vorrei ricordare come ha fatto poc’anzi anche il pubblico ministero la freddezza del signor Barbieri Eugenio. L’hanno raccontata i testimoni che sono venuti qui in aula, chi è intervenuto sul posto, i figli: la freddezza di quest’uomo nel guardare il corpo dell’ex moglie. Nessuna emozione, nessuna parola, nessun tipo di preoccupazione. Anzi, raccontava il figlio Umile in aula: “mi è sembrato come se avesse paura che mamma si svegliasse e potesse raccontare quello che realmente fosse accaduto”. Barbiere Eugenio per questa difesa è colpevole. Ed io oggi devo portare onore alla toga che indosso e alla memoria della signora Paffile e soprattutto dobbiamo dare una risposta di giustizia ai figli della signora Carmela Paffile, e non posso che chiedere la condanna e riportarmi alle conclusioni del pubblico ministero e farle mie.
BARBIERI NON E’ UN MOSTRO
La difesa di Barbieri Eugenio solleva eccezioni all’accusa e alla parte civile. Per la difesa, il pubblico ministero descrive Barbiere come un mostro, in buona sostanza, e che a ravviso della difesa, sul racconto dei figli del signor Barbiere. «E’ bene evidenziare che Barbieri non ha mai riportato condanne ed è incensurato. Nessuna condanna neppure per minaccia. I figli Santo e Giuseppe descrivono il padre come un mostro e una persona che avrebbe compiuto questo reato. Allo stato attuale le uniche condanne riportate e le uniche persone che sono state in galera, con sentenza prodotta, sono i figli per aver minacciato e percosso, unitamente alla signora Paffile defunta, il signor Barbieri. Tutto il resto – continua la difesa, è: “si dice”, “si narra”, “probabilmente è accaduto questo e quello”. Ma le uniche certezze sono le condanne riportate dai figli. E queste condanne non possiamo sminuirle. E questi giudici avranno vagliato se in quel momento ci sia stata una legittima difesa o aggressione. E ci sono state più di una aggressione ai danni del signor Barbiere Eugenio.
Il pubblico ministero ci dice: Ma Barbieri è un mostro!. Ma se era davvero così pericoloso, come mai non è mai stato condannato? Come mai la signora Paffile non si è mai allontanata dall’abitazione? come mai i figli non hanno inteso allontanare la madre da quell’uomo? Non si comprende come mai si sta insieme ad un mostro e non si va via dal mostro, non è dato chiarirlo. All’interno del processo si è fatto più volte riferimento ad una aggressione da parte del Barbieri alla moglie con una spranga di ferro. Essendo questo un reato procedibile d’ufficio come mai non è stato condannato il Barbieri? Può essere che era legittima difesa? Forse perchè Barbiere si trovava su un trattore e gli furono lanciate delle pietre, cadde e solo in quel momento si è difeso? Questo è un tentato omicidio da una parte o dall’altra? Sta di fatto che non ci sono condanne del Barbieri per questo reato.
Si dice la signora Paffile aveva cambiato abitudine da quando Barbieri si era recato a vivere nella casa di campagna. Ma se la signora Paffile aveva così paura da cambiare le abitudini perchè rimane? Perchè non si allontana dal luogo di una presunta aggressione.
La difesa si rifà ai fatti successi negli anni sollevando sempre la stessa domanda alla Corte: “perchè non è mai stata sporta denuncia?” “Come mai non si chiamano i carabinieri?”. “Se è un mostro Barbieri non chiamo i carabinieri, non avverto nessuno, non si allontana la Paffile?”. Poi sposta l’attenzione sui soccorsi non allertati dal Barbiere «”Il signor Barbieri è completamente analfabeta, l’unica sua ancora è il figlio e lo chiama”. Il pubblico ministero dice ancora che è stata trovata sull’evento delittuoso una pozza di sangue molto grande e la signora Paffile sarebbe stata spostata da questa pozza di sangue circa un metro. Credo che questo sia impossibile dal punto di vista scientifico – ribatte ancora la difesa -. Il dottore Chianello è venuto a dire che ha passato il luminol su tutto il porticato: se la vittima fosse stata trascinata si sarebbero dovute trovare a terra tracce di sangue di trascinamento. Quindi non c’è nessun riscontro scientifico”. Ancora il pubblico ministero e la parte civile domandano come mai Barbieri è freddo e impassibile nel racconto dei fatti. Semplice, perchè è innocente. Ovviamente ha la sicurezza di chi dice la verità».
BARBIERI ESTRANEO AI FATTI
La difesa rappresentata dagli avvocati Francesco Parise e Francesca Funari, analizza quelli che sono gli atti processuali ed evince una sola cosa “che è la prova inconfutabile, cioè che Barbieri è estraneo ai fatti”. Per la difesa questa prova viene all’evidenza per tre motivi: «i medici legali dicono che la presunta arma del presunto delitto sarebbe stato il bastone. Ma gli accertamenti sono negativi: sul bastone non sono mai state ritrovate tracce di sangue o altro. E’ difficile condannare una persona sulla base di ipotesi. L’estraneità dei fatti è stata data anche dal criminologo Chianelli che ci dice: “il narrato del Barbieri è coerente in tutto”».
In particolare per l’avvocato Francesco Parise «Non è coerente in una sola circostanza – continua la difesa a parlare in aula -, allorché il Barbieri dice, secondo il criminologo, “di essersi sporcato le mani di sangue perchè nel percorso a ritroso tra la signora Paffile e il primo piano dell’abitazione, non sono state rinvenute tracce di sangue; dunque, il narrato non è coerente, probabilmente è falso”. Questa difesa rileva che non è falso il narrato di Barbieri, è falso il percorso da cui parte il Chianelli e cioè dal presupposto che il Barbieri si sarebbe sporcato le mani di sangue. Ma è falso. Basta leggere l’interrogatorio del 14 luglio 2014. Al penultimo rigo dice “mi sono sporcato solo la mano destra un poco, “una lacrima””. Non c’erano tracce di sangue sul signor Barbieri, non si era sporcato le mani di sangue , non ha intriso le mani nel sangue». Ultimo dato inconfutabile – secondo la difesa – è l’intercettazione telefonica: “il signor Barbieri sarà stato intercettato per mesi ma l’unica intercettazione è del 19 luglio 2014 con tale Totò: il consulente è venuto a dire a questa Corte “non c’è niente!”. Questo è quello che sono le carte processuali su cui la Corte si deve basare».
Altra circostanza su cui la difesa si sofferma è il certificato medico in cui si evince che Barbieri è assolutamente invalido e può camminare solo sui bastoni. «Non si capisce come avrebbe potuto fare il Barbieri a sferrare questi colpi omicidiari estremamente efferati e violenti e non avere riportato una macchia di sangue sui vestiti, macchie da schizzo. E si vuole evidenziare che chiunque sferra un pugno riporterà sulle nocche delle mani delle ferite che su Barbieri non sono state refertate. In due ore un invalido sarebbe riuscito a realizzare tutto questo? Dove sono gli indizi e gli stracci che Barbieri avrebbe ripulito? Chiunque si sia approcciato a questo caso non ha trovato niente, nessuno strumento ed elemento che possa far pensare ad una ripulita senza lasciare nessuna traccia». L’intervento del 118: se i sanitari avessero visto qualcosa di strano avrebbero dovuto segnalarlo alle autorità giudiziaria e anche questo non è avvenuto; anzi il medico dice davanti alla Corte “Queste ferite sono compatibili con una caduta accidentale“»
La difesa ha continuato in una arringa durata oltre un’ora prima che la Corte si ritirasse in Camera di Consiglio. Una sentenza di condanna emessa, a dodici anni di reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali e al risarcimento delle costituite parti civili, ovvero i figli. La Corte condanna Barbiere alla misura di sicurezza della libertà vigilata per tre anni al termine dell’esecuzione della pena detentiva; all’interdizione perpetua dai pubblici uffici e a quella legale durante l’esecuzione della pena. Il reato di cui l’imputato continua a professare la sua innocenza è stato derubricato da omicidio volontario in omicidio preterintenzionale. La difesa fa sapere che ricorrerà in appello. Una condanna che “dimezza” la richiesta dell’accusa ma che comunque oggi chiude un capitolo doloroso per i figli di Carmela Paffile
Nel collegio difensivo gli avvocati Francesco Parise e Francesca Funari. I figli della vittima, costituitisi parte civile sono rappresentati dagli avvocati Linda Sena, Gianfranco Vetere e Federico Littera.
 
                        
 
											 
											 
											 
											 
											 
											 
											 
											 
											 
											 
											 
											 
											 
											 
											 
											 
											 
											 
		
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