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Cosenza, violenza su minore: una chiave, un materasso e nessuna traccia del preservativo

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Cosenza, violenza su minore: una chiave, un materasso e nessuna traccia del preservativo

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Processo a carico di Francesco Mazzei, 40 anni, accusato di atti sessuali su minore, sequestro di persona e rapina nei confronti di una 13enne nei sotterranei della stazione ferroviaria dello Stato a Vaglio Lise

 

COSENZA – Processo entrato nel vivo con l’escussione di quattro dei cinque carabinieri che sono intervenuti nell’immediato alla chiamata di soccorso da parte del fidanzato della vittima 14enne dopo la richiesta di aiuto di quest’ultima. La ragazza si trovava insieme ad un amico affetto da autismo anche questo minorenne. La vittima è rappresentata parte civile dall’avvocato Chiara Penna mentre l’imputato, Mazzei è difeso dall’avvocato Pierpaolo Principato. Il collegio giudicante è stato presieduto dal giudice Carpino.

Il pubblico ministero Cozzolino ha posto molte domande poi seguite da quelle degli avvocati di parte civile e della difesa. Primo ad essere escusso il maresciallo capo Italiano comandante dell’Aliquota radiomobile che ha coordinato l’operazione ed ha ricostruito l’intera vicenda. Non era presente sul posto durante il primo intervento ma si recò successivamente sui luoghi. Ha confermato la telefonata ricevuta dal ragazzino a Paola; ha accompagnato la vittima al Pronto Soccorso dove è stata visitata dai ginecologi ed ha escusso a sommarie informazioni i vari testimoni oculari. Su richiesta della difesa il maresciallo capo ha dichiarato che non furono eseguiti accertamenti nè presso la biglietteria, se l’operatore avesse visto o meno i due minori, nè presso l’autista del pullman su cui i due ragazzi ed il Mazzei avrebbero viaggiato.

L’altro militare dell’Arma escusso, ha effettuato il sopralluogo redigendo un ampio fascicolo fotografico. Durante l’esame ha spiegato ai giudici nel dettaglio il sopralluogo durato più di due ore ed iniziato nella stessa giornata, il 7 settembre scorso, intorno alle 18.30. Ha confermato che il luogo era totalmente abbandonato; c’erano extracomunitari, in particolare i tre che poi furono sentiti. Ha illustrato l’aria di interesse, di circa 25 metri quadri, alla quale si può accedere mediante un cancello rosso chiuso da un lucchetto, la cui chiave fu trovata nella tasca di Mazzei; a 50 metri  dal luogo del giaciglio (un materasso ed un piumone) si trova un cancello scorrevole pesantissimo, tanto ché neanche i carabinieri riuscirono ad aprirlo. Per i carabinieri ciò confermerebbe che non vi erano altre vie di fughe a parte la porta rossa chiusa a chiave, con una catena ed un il lucchetto dal Mazzei.

Il sopralluogo fu eseguito al buio per due ore con delle torce. Furono visionati tre tombini rispetto a tutti quelli presenti per via delle dichiarazioni della vittima la quale avrebbe raccontato che il Mazzei aveva un preservativo che bruciò con un accendino facendolo sparire in uno dei tombini. Sul fatto il carabiniere ha dichiarato di non avere trovato alcun preservativo ma non può escludere che si trovasse all’interno di uno dei tombini. L’avvocato di parte civile ha chiesto se avessero proceduto ad effettuare prelievi di campioni della sostanza ritrovata ma il carabiniere ha riferito di non aver potuto procedere a nessun tipo di prelievo ed esame di natura nè biologica , né chimica perchè era tutto sporco, pieno di spazzatura e liquami e quindi sarebbe stato difficile isolare le eventuali tracce biologiche di questo tipo perchè ne avrebbero trovare milioni. In quel momento, tra l’altro, non fu richiesto il prelievo. L’area attorno al giaciglio dove sono stati ritrovati i bambini era piena di piccoli tombini pieni di immondizia. Il pubblico ministero ha chiesto anche se avessero rinvenuto un accendino, anche questo un particolare fornito dalla vittima e servito per bruciare il preservativo. Ma all’epoca dei fatti, anche dell’accendino non fu rinvenuta nessuna traccia.

Il terzo teste, ancora un altro carabiniere ha confermato che arrivando sul posto fu indicato, da uno dei rumeni barboni trovato lì, il cancello chiuso con il lucchetto. Il carabiniere insieme al collega provarono a sfondare la porta  e dopo diverse insistenze si avvicinò il Mazzei chiedendo chi era e prendendo la chiave aprì il lucchetto facendoli entrare. Una volta entrati i carabinieri dietro l’angolo e completamente buio (era il 7 settembre in pieno giorno alle 13.30 e dentro era buio pesto) videro i due ragazzini da lontano, in piedi e vicino al giaciglio, spaventati e tremanti. Anche quest’ultimo teste ha confermato che non erano visibili altre porte ed uscite; solo a 50 metri c’era una inferriata, molto pesante da spostare e quindi secondo il militare, pur volendo, i ragazzini non ci sarebbero riusciti: “Non è un labirinto ma è un luogo che, se non conosci, non ti puoi liberamente muovere anche per via del buio”. Tutti i militari hanno confermato che all’interno dell’area dove si sarebbe consumata la violenza era presente un altro barbone addormentato e sotto l’effetto dell’alcol che inizialmente non volle alzarsi neanche con l’intervento delle forze dell’ordine. Anche Mazzei fu trovato sotto l’effetto dell’alcol. All’arrivo dei militari dell’Arma tutti i presenti erano vestiti.

Nella prossima udienza saranno sentiti i due minori con l’ausilio di un neuropsichiatra infantile previsto per legge in caso di abusi su minori e un altro carabiniere intervenuto sul posto.

 

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