Cosenza
Verbale di un pentito a casa di Rinaldo Gentile: assolto perchè il fatto non sussiste
La Distrettuale ha chiesto una pena carceraria di 5 anni per il reato di ricettazione. La difesa è riuscita a dimostrare l’insussistenza dell’accusa
COSENZA – Il collegio giudicante presieduto dal giudice Carpino ha assolto Rinaldo Gentile accusato di ricettazione perché il fatto non sussiste. L’imputato fu sottoposto a perquisizione il 7 luglio del 2015 rinvenendo all’interno dell’abitazione un verbale di dichiarazioni rese dal neo collaboratore Mattia Pulicanò. Il verbale in questione non era un atto ufficiale ma ufficioso, non ancora firmato dalle parti e, quindi, uscito fuori dalla Procura Distrettuale abusivamente. Durante la requisitoria il pubblico ministero ha chiesto una pena a 5 anni di carcere, ma la difesa rappresentata dall’avvocato Cesare Badolati ha dimostrato come il castello accusatorio fosse fondato su ipotesi senza prova certa chiedendo l’assoluzione dell’imputato perchè il fatto non sussiste
LA REQUISITORIA DEL PUBBLICO MINISTERO
Prima di procedere alla requisitoria pubblico ministero Camillo Falvo, sostituto procuratore aggiunto della Distrettuale di Catanzaro ha chiesto al Collegio giudicante l’acquisizione della copia cartacea della sentenza del Gup, il certificato penale dell’imputato, nonché la copia della sentenza del procedimento che ritrae il profilo del collaboratore di giustizia Pulicanò.
«Un processo in cui si tratta un fatto specifico abbastanza circoscritto legato all’annotazione di polizia giudiziaria dell’8 luglio 2015 – inizia a spiegare l’accusa -. Il 7 luglio del 2015 durante una perquisizione a casa di Rinaldo Gentile fu rinvenuto all’interno dell’abitazione nella cristalliera del soggiorno un verbale del pentito Matteo Pulicanò che iniziò a collaborare con la giustizia il 13 marzo del 2014. Gentile Rinaldo aveva nella cristalliera di casa un verbale datato 25 marzo 2014, 12 giorni dopo l’inizio della collaborazione con la giustizia di Pulicanò; un verbale non sottoscritto dalle parti, una copia informale e sottolineato in rosso in alcuni punti.
L’imputazione mossa all’odierno imputato è quella di ricettazione. Sicuramente si discuterà della qualificazione giuridica del reato perché l’imputazione che gli viene mossa è quella di aver ricevuto il verbale reso da Pulicanò il 25 marzo 2014, ovvero il relativo file di cui il verbale non era stampato in quanto privo di sottoscrizione e cruento del delitto di accesso abusivo al sistema informatico. Non ci sono dubbi che ci sia la condotta materiale del ritrovamento del verbale nella cristalliera di Gentile. Questo è l’elemento oggettivo. Vediamo come si può qualificare. Viene rinvenuto a luglio 2015, e lo rende passibile di ricettazione. Si potrebbe dire che siamo oltre i 180 giorni e lo avrebbe potuto usare legittimamente, ma non è così. Quello che può circolare ufficialmente dagli atti di un procedimento penale è un verbale ufficiale, stampato e firmato. Quindi è una copia che l’imputato, come nessun altro, poteva avere: quindi, provento di reato. Ma di cosa deve rispondere? 615 ter o 648 c.p.?
Pulicanò da 15 giorni era collaboratore che ha reso dichiarazioni principalmente sulla sua estrazione criminale che proviene dalla criminalità organizzata di Cosenza, suddivisa tra gli zingari e gli italiani. Nel tempo quella vincente fu quella dei Lanzino, Ciciaro, Patitucci e via dicendo. Rinaldo Gentile, condannato due volte per 416 bis, facente parte dell’organizzazione, Pulicanò Mattia facente parte dell’organizzazione criminale. È evidente e si capisce dalla lettura del verbale, gli interessi del Gentile facente parte dell’organizzazione in posizione verticistica riportate nelle dichiarazioni di Pulicanò che stava collaborando con la giustizia.
Sicuramente non si può configurare il reato dell’articolo 615 ter; per configurare il delitto di accesso abusivo al sistema informatico, avremmo dovuto avere la prova che sia stato lui ad accedervi. Ma nei sistemi informatici, l’accesso lo potrebbe commettere abusivamente un cancelliere, un pubblico ministero di altra aria di competenza, un ufficiale di polizia giudiziaria, ma non abbiamo la dimostrazione. Né Rinaldo Gentile è venuto a rendere dichiarazione di come abbia acquisito il verbale o che sia stato lui a compiere il fatto, ma in parallelo possiamo contestargli il reato di ricettazione perché abbiamo la prova che il verbale ce l’aveva lui.
Il verbale originale sequestrato a casa di Rinaldi non è stato rinvenuto negli atti della Procura. Allora dobbiamo porci il problema di quale sia la conseguenza del mancato ritrovamento del verbale negli atti della Procura. E dobbiamo dimostrare che Rinaldo Gentile sia venuto in possesso in modo illegale del verbale rinvenuto il 7 luglio 2015. Questo lo si evince dalle dichiarazioni della polizia giudiziaria e attraverso il verbale di sequestro e le annotazioni. Non vi è un difetto di prova del fatto che in data 7 luglio 2015 Gentile fosse in possesso del verbale. Se tutto questo è vero ritengo che il Collegio sia in grado di affermare la penale responsabilità dell’imputato e per questo ne chiedo la condanna. Rinaldo Gentile facente parte dell’organizzazione criminale italiana, riconosciuto in due diverse sentenze; Pulicanò ha fatto dichiarazioni vertenti sull’organizzazione criminale di cui lui ne faceva parte; quindi l’ex articolo 7 o 416 bis»
Il pubblico ministero Falvo termina con il profilo sanzionatorio e la richiesta. «C’è stata troppo leggerezza di notizie in circolazione, di notizie che devono essere segrete e non lo sono. Un fatto gravissimo che un boss abbia le dichiarazioni di un collaboratore che da 15 giorni ha iniziato a collaborare, anche se lo abbiamo accertato un anno dopo. Non si possono riconoscere attenuanti. Chiedo la condanna a 5 anni di reclusione»
L’ARRINGA DELLA DIFESA
La difesa rappresentata dall’avvocato Cesare Badolati parte dalla questione giuridica in merito al reato di ricettazione. «Per la dottrina il pubblico ministero ha ragione – parla Badolati-, perché ha cambiato parecchio, ma la Giurisprudenza non ha cambiato parere. E noi dobbiamo confrontarci con la giurisprudenza e non con la dottrina. La ricettazione non tutela gli interessi della giustizia, ma l’interesse che viene tutelato è quello del patrimoniale della persona offesa. Si ricollega al principio dell’offesa, questo il senso della norma penale. Se l’offesa che viene utilizzata dal 648 c.p. è offesa patrimoniale: “Denaro e altre cose”. Un concetto patrimoniale. Qui non abbiamo la persona offesa: è generalizzato, la collettività dovrebbe essere la persona offesa, ma non è il nostro caso. Ma non è certo la ricettazione, che non si integra in questo caso.
Per quanto riguarda il concorso di persone del reato: se abbiamo un soggetto che per arrivare ad un verbale di questo tipo che si dice ancora coperto da segreto ma era già conosciuto, già andato sui giornali, ma ammettiamo che fosse coperto da segreto: per forza ci deve essere l’istigazione del soggetto che oggi è imputato; la convivenza di qualcuno ci deve essere. E non credo come dice il pubblico ministero che in 12 giorni, ammesso che lo siano perché è stato ritrovato dopo un anno e quindi non sappiamo in realtà se siano 12 giorni, è chiaro che il concetto è precedente. E’ chiaro che il reato è altro. Infatti il pubblico ministero ha contestato il 615 ter perché ci sarebbe anche una forma del segreto rivelatorio istruttorio ma se ormai era conosciuto, non è più così grave! A mio avviso il reato di ricettazione non si integra. Il 648 è indirizzato al danno patrimoniale. Si parla di denaro, la persona offesa deve essere un soggetto. Qui è difficile che ci sia il danno della persona offesa
Per quanto riguarda l’articolo 7, bisogna dimostrare il concorso ma bisogna dimostrare che Rinaldo Gentile abbia acquisito il verbale col metodo mafioso non per se stesso ma per agevolare qualcun altro. Ma se noi non abbiamo la prova che abbia parlato con qualcuno allora ha agevolato se stesso. E quindi abbiamo l’insussistenza dell’articolo 7 perché non c’è la prova. Non dico che non possa avere parlato con qualcuno ma bisogna provarlo. Il verbale è stato trovato in casa sua e non in casa di altri.
In merito all’accesso informatico quando si stampano le copie se ne stampano più di una, come facciamo a dire che ci sia stato un accesso abusivo al sistema informatico? Io chiedo l’assoluzione perché il fatto non sussiste
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