Calabria
Furia del Raganello: chiusi gli accessi alle “Gole”
I carabinieri hanno dato esecuzione al sequestro dell’area disposto ieri dalla Procura della Repubblica di Castrovillari. Bianchi: «Nessuna guida alpina faceva parte del gruppo ed è rimasta coinvolta»
CIVITA – Il nastro bianco e rosso dei carabinieri delimita da stamani tutti gli accessi alle Gole del Raganello ricadenti nei comuni di Civita, San Lorenzo Bellizzi, Cerchiara di Calabria e Francavilla Marittima. Ad apporre i nastri sono stati i carabinieri della Compagnia di Castrovillari in esecuzione del provvedimento di sequestro emesso ieri sera dal procuratore Eugenio Facciolla. Il sequestro riguarda anche il caratteristico ponte del Diavolo.
Si respira un’aria tetra a Civita, cittadina italo-albanese nel cui territorio ricade il tratto delle gole del Raganello in cui lunedì scorso sono morti dieci escursionisti. In paese c’è un silenzio spettrale, nessun turista. Solo qualche anziano nella villetta adiacente al Comune e su qualche panchina. Sul percorso che dal paese porta al ponte del Diavolo e alle gole una sola coppia di giovani turisti tedeschi che si dicono addolorati di non poter visitare le bellezze del canyon. Civita, che fino a lunedì brulicava di turisti, è vuota. Tutti i negozi, tranne l’edicola e la farmacia, sono chiusi. Il sindaco Alessandro Tocci ha proclamato il lutto cittadino e ha disposto per i prossimi 15 giorni l’esposizione delle bandiere a mezz’asta.
Guide alpine, outdoor vige da tempo il caos più assoluto
“Nel mondo delle attività outdoor vige da tempo il caos più assoluto, da 10 anni chiediamo ai governi di mettere mano per un riordino delle professioni del settore, è ora di fare qualcosa”. Lo dichiara Cesare Cesa Bianchi, presidente del Collegio nazionale delle guide alpine italiane, in seguito ai drammatici eventi accaduti nella gola del Raganello. “Nessuna guida alpina – aggiunge – faceva parte del gruppo, nessuna guida alpina è rimasta coinvolta. Eppure di ‘guide’ si sente parlare nei fatti accaduti, sebbene la legge italiana stabilisca che le attività outdoor che si svolgono a livello professionale in ambiente impervio o con utilizzo di dispositivi e di tecniche alpinistiche siano prerogativa esclusiva delle guide alpine. Fra queste rientra a tutti gli effetti l’attività del canyoning”.
“Non si tratta di puntare il dito contro nessuno – prosegue Cesa Bianchi – ma vogliamo ricordare con forza che il canyoning non è una banale attività ricreativa ma è attività alpinistica a tutti gli effetti, perché richiede l’uso di tecniche e materiali alpinistici”. Il presidente delle guide alpine italiane ricorda poi che “il curriculum di una guida alpina è estremamente composito, caratterizzato da una formazione lunga ed oggettivamente onerosa, finendo con il dissuadere i molti che, forti di una certa esperienza sulle montagne o nelle forre di casa propria, si inventano una professione d’accompagnatore turistico su terreni alpinistici, correndo anche qualche rischio d’esercizio abusivo”.
Guide canyoning: abbiamo tutti requisiti
“In Italia, al momento, c’è solo una associazione di guide che si chiama Associazione italiana guide canyon, regolarmente inserita nell’elenco del Ministero dello Sviluppo Economico, che svolge la sua attività su tutto il territorio Italiano, in ossequio alle leggi dello Stato. Le guide alpine si sono opposte, chiedendone invano la cancellazione, cosa impossibile per il semplice fatto che l’Aigc risponde a tutti i requisiti previsti dalle leggi italiane”. Lo afferma, in una nota, Roberto Locatelli, portavoce dell’Associazione italiana guide canyon, a seguito dei drammatici eventi accaduti nella gola del Raganello.
“Il torrentismo prevede manovre di corda e sicurezza, e non solo, che sono esattamente il contenuto principale del percorso di formazione della figura professionale della Guida Canyon. Un percorso di più di 750 ore di formazione specifica” aggiunge Locatelli, precisando: “Sembra che solo le guide alpine siano in grado di garantire in modo assoluto la sicurezza, escluso poi registrare numerosi incidenti, purtroppo anche mortali. Le attività in natura non sono per definizione ‘sicure al 100%’, ma contengono sempre una certa dose di rischio oggettivo che un buon professionista può attenuare ed evitare. Le guide dell’Aigc, grazie alla loro formazione e a un continuo confronto con le organizzazioni più importanti a livello internazionale, riescono a mitigare al massimo i rischi dell’ambiente canyon in ogni condizione, offrendo ai partecipanti i più alti standard di sicurezza”.
Social