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Processo Galizia, Attanasio chiede l’arresto per “non uccidere”?

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Processo Galizia, Attanasio chiede l’arresto per “non uccidere”?

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“Io devo andare ad un incontro, non voglio andare, arrestami”. Furono le parole di Francesco Attanasio al poliziotto della stradale

 

COSENZA – Lo conosceva da tempo quel poliziotto Francesco Attanasio tanto da spingersi a chiedere “la cortesia” di essere arrestato, probabilmente nel tentativo di sfuggire all’infausto destino. Processo Galizia, sono stati sentiti come teste oggi il commissario Gianfranco Gentile della squadra mobile della questura di Cosenza e il sovrintendente della polstrada Giovanni Antonio Palermo. Il primo in riferimento al ritrovamento delle armi, il secondo per l’’incontro avuto con Attanasio, durato una manciata di minuti e che, a quest’ultimo, gli avrebbe cambiato per sempre la vita. Si tratta dell‘omicidio di due donne Edda Costabile e la figlia Ida Attanasio, rispettivamente mamma e sorella di Francesco Attanasio, trucidate a colpi di pistola, il 30 ottobre 2016 mentre si trovavano all’interno del cimitero di San Lorenzo del Vallo. Ad essere accusato Luigi Galizia, fratello di Damiano, 31 anni, ucciso da Francesco Attanasio il 26 aprile del 2016.  Galizia deve rispondere di duplice omicidio aggravato da futili motivi, porto e detenzione illegale di arma. L’imputato è difeso dagli avvocati Francesco Boccia e Cesare Badolato. Francesco Attanasio, costituitosi parte civile è rappresentato dall’avvocato Giuseppe Francesco Formica, mentre l’avvocato Antonio Ingrosso rappresenta i familiari delle vittime.

 

Il ritrovamento dell’arsenale in un box a Rende all’interno del complesso “Girasole”

Il primo ad essere sentito è stato il commissario Gentile che ha riferito in particolare sul ritrovamento delle armi in un box a Rende. «Ho coordinato le attività sul ritrovamento di una notevole quantità di armi e munizioni, all’interno del complesso “Girasole”. Il ritrovamento fu possibile grazie ad una confidenza di Attanasio fatta il 26 aprile del 2016, di un locale ubicato in questo stabile; a detta di Attanasio “c’era qualcosa di illecito”. C’erano 80 garage: siamo risaliti da soli all’individuazione del box. Era l’unico dotato di un grosso lucchetto. Io non ho avuto il contatto diretto con Attanasio. Sapevamo solo che c’era qualcosa d’illecito. Abbiamo chiesto l’intervento dei vigili del fuoco e abbiamo trovato armi da fuoco con un potenziale offensivo micidiale: fucili, pistole, K47, non ricordo esattamente tutte le armi, e oltre 2500 munizioni. Attanasio non ci ha fornito le chiavi del garage ed è rimasto generico nell’indicare il locale contenente “qualcosa di illecito”.

Abbiamo contattato la proprietaria del locale, non viveva lì. Era proprietaria di un appartamento e del garage. Aveva dato la disponibilità del locale a Francesco Attanasio, che aveva svolto le funzioni di mediatore per un’altra persona. La signora conosceva solo Attanasio. Si era affidata a lui dal mese di febbraio. Le aveva detto che aveva già trovato una persona ma non sapeva chi fosse e si erano accordati per un prezzo da pagare ogni fine mese. Noi dovevamo stabilire cosa ci fosse all’interno del garage. Abbiamo atteso il tempo necessario per fare intervenire qualcuno che rappresentasse la proprietaria e successivamente i vigili del fuoco. In seguito abbiamo ascoltato Attanasio che è venuto prima sul posto e poi in questura. Il suo atteggiamento era abbastanza agitato. Non abbiamo rimosso le armi, ma non gliele abbiamo mostrate.

 

Galizia e il clan Presta

Non mi sono occupato delle indagini successive. Poi il caso è passato ad altra sezione della mobile di Cosenza. Trasmettemmo il ritrovamento delle armi alla Distrettuale di Catanzaro. Noi le abbiamo ricondotte alla criminalità organizzata per la quantità e la portata delle armi. Per noi Damiano Galizia era vicino al clan Presta. Dall’attività info-investigativa era un soggetto vicino a Presta per le frequentazioni e i rapporti di è parentela con Costantino Scorza, per conto della moglie. Su Attanasio non abbiamo svolto nessuna indagine.

 

Telecamere e perquisizioni

La difesa di Galizia, gli avvocati Badolato e Boccia si soffermano su telecamere e perquisizioni. Domandano al commissario della polizia di Stato se la proprietaria avesse fatto riferimento a telecamere e se ci fossero state perquisizioni a casa di Damiano Galizia. Il commissario ha risposto che il riferimento alle telecamere era stato fatto, ma che le indagini non le aveva svolte la sua sezione e per quanto riguarda la perquisizione per il ritrovamento delle chiavi del garageAttanasio aveva riferito di aver dato le chiavi all’effettivo usuario del locale. Abbiamo fatto una perquisizione a casa della persona indicata dall’Attanasio. Quei giorni non ricordo di avere fatto altro.

 

La strana confidenza di Attanasio per essere arrestato

E’ stato poi sentito il sovrintendente della polstrada Palermo. Ha raccontato il momento in cui Attanasio ha deciso di fargli quella strana confidenza per essere arrestato. «Attanasio l’ho conosciuto anni addietro, all’università. Era uno studente universitario, lavorava per la Gazzetta del Sud. Io avevo delle attitudini a scrivere e poi aveva un giornalino dell’università e voleva contributi sul codice della strada. L’ho conosciuto nel 2010. Ci si vedeva in modo sporadico perché aveva terminato i suoi interessi. Il 26 aprile del 2016 ricevetti una chiamata da Attanasio. Molto inusuale. C’era una conoscenza ma sporadica. Quel pomeriggio mi ha chiamato. Ci siamo visti per un caffè. Era agitato e impaurito a mio giudizio. Lui diceva che poteva dare delle informazioni su un magazzino che conteneva cose illegittime. Chiedeva di arrestarlo che poi se ne sarebbe uscito.

 

L’incontro a cui non voleva recarsi

«Ha indicato una zona e un magazzino, non ha indicato neanche cosa ci fosse. Mi parlava che doveva andare ad un incontro e non voleva andarci. Lui era un tipo molto tranquillo ma era impaurito. Voleva una scusa plausibile, così ha chiesto di essere arrestato. Ma non c’erano i presupposti. Gli ho detto di stare calmo. Poi ho chiesto l’ausilio dei colleghi e del mio comandante per approfondire e ci siamo messi con i colleghi della mobile e il mio comandante a mappare la zona. Quel magazzino era l’unico con il lucchetto. Lui poi si è allontanato. Dopo il primo incontro ha detto “devo andare” perché doveva guardare la figlia ed è sparito. Noi poliziotti ci siamo messi sul posto per capire se ci fossero movimenti o visite strane. Nel frattempo si mappava la zona nell’attesa di decidere il da farsi. Questa notizia era troppo leggera per fare qualcosa. Lui è passato con la sua macchina. Era da solo. Ed è sembrato di nuovo impaurito. E’ stata una cosa di pochi attimi. Io posso fare un raffronto per come lo conoscevo. In genere era molto tranquillo. Invece quella volta era tirato dal viso. Mi sembrava fosse intenzionato a fermarsi ma è andato via. Io non l’ho fermato perché non sapevo, al fine della notizia data, se non voleva essere fermato.

Poi è stato contattato in serata. Ed è venuto accompagnato dall’avvocato. Avevo provato a contattarlo un paio di volte ma il telefono risultava spento. Lui ha detto che si era scaricato. Quell’incontro di cui parlava, Attanasio doveva averlo in giornata. Solo quando è stato convocato dopo il ritrovamento delle armi ha dichiarato che era stato dato in uso a Damiano Galizia. Il nostro incontro è durato un 15 minuti. Non è stato un grande dialogo. Mi ha chiesto di essere arrestato se diceva una cosa perché poi ne sarebbe uscito perché non c’erano impronte. Tutte cose così. Non è stato concordato nulla. Lui voleva solo essere arrestato perché diceva che non voleva andare ad un incontro. Secondo me lui voleva in quel momento una motivazione per non andare a quell’incontro. Lui non ha parlato di nulla. Voleva solo arrestato».

 

Le trascrizioni delle intercettazioni all’interno dell’auto di Luigi Galizia e nel carcere tra Francesco Attanasio e la famiglia

Sentito poi il perito Zangaro che ha depositato le trascrizioni indicate dal pubblico ministero e dalla difesa (Badolato e Boccia). Due volumi: nel primo sono riportate le tre conversazioni ambientali all’interno dell’autovettura di Luigi Galizia; nel secondo i cinque colloqui in carcere tra Francesco Attanasio e i suoi familiari e una trascrizione di una conversazione all’interno della caserma di Spezzano Albanese. Dei cinque colloqui, quattro sono sempre tra Attanasio e la nipote, mentre nel quinto oltre la nipote sono presenti la madre e la sorella.  Le voci sono tutte facilmente riconducibili ai soggetti anche perché il materiale è audio – video e, inoltre, durante i colloqui era presente solo Attanasio e i parenti. Nel primo volume i tre colloqui tenutisi il 30 giugno del 2016, all’interno dell’autovettura, un’Alfa Romeo in uso a Luigi Galizia, sono tra una voce maschile e una femminile. Quella maschile è di Luigi Galizia, mentre la femminile fa riferimento ad una certa “Rosà”. Parlano dell’omicidio Galizia e del soggetto che avrebbe commesso l’omicidio.

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