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Valle Crati: il presidente parla di attentati, turbative d’asta e mancata depurazione

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Valle Crati: il presidente parla di attentati, turbative d’asta e mancata depurazione

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COSENZA – Il ‘bottino’ per la gestione di Coda di Volpe ammonta a 230 milioni di euro.

Un mega appalto che fa gola anche alle ‘ndrine bruzie e che permetterà di ottenere i lavori di rifacimento di 150 chilometri di rete fognaria nochè la depurazione di 23 Comuni dell’hinteland cosentino tra i quali appaiono i più popolosi ovvero Cosenza, Rende, Mendicino, Montalto, Castrolibero, San Giovanni in Fiore, Spezzano Sila. Si tratta di ripulire i reflui di un’area che conta 22mila abitanti che dall’impianto di Coda di Volpe finiscono nel Crati per poi approdare alla diga di Tarsia ed essere riversati, parte in mare, parte tra i campi della sibaritide per l’irrigazione. Consorzio Valle Crati socio di maggioranza della Valle Crati Spa, come è noto fallì nel 2010 con un debito di 40 milioni di euro e 400 dipendenti. Miracolosamente ritorna in auge a soli quattro giorni dalla scadenza della presentazione delle richieste per accedere ai fondi che consentono di riportare alla normalità la gestione della rete fognaria cosentina e scongiurare ulteriori sanzioni. Il Consorzio Valle Crati viene trasformato in azienda speciale e il consiglio comunale di Cosenza decide di far scegliere attraverso un bando pubblico, proprio al consorzio a cui vengono associati ricordi di operai non retribuiti e di fognature sverate direttamente a mare, chi materialmente eseguirà i lavori. 

 

L’auto di Maximiliano Granata, presidente del Consorzio Valle Crati, poche ore prima dell’apertura delle buste è stata data alle fiamme. Un chiaro indizio della valenza di un appalto che potrebbe segnare le sorti della città non solo sul piano igienico sanitario. Ad ammettere l’importanza dell’ammodernamento della rete è lo stesso Granta ”se l’impianto di depurazione non va bene – afferma – i nostri figli si ammalano. Questi vigliacchi che stanno nascosti nell’ombra non ci intimoriscono. Noi lavoriamo nella legalità e chiunque verrà a fare minacce sarà denunciato”. Il presidente ci tine a precisare quanto abbia fatto sinora per risollevare le sorti del Consorsio: ”Ho sanato le posizioni debitorie, – spiega – sto recuperando i debiti dei maggiori Comuni come Rende e Cosenza e riportando il consorzio in attivo. La gara d’appalto siamo riusciti ad organizzarla in breve periodo. Hanno partecipato tre aziende, una è già stata esclusa, restano la Artec e la General Construction (che già lavora sull’impianto su rchiesta della Procura ndr). Si parla complessivamente di un project financing da 230 milioni di euro: 15 anni di gestione per 13 milioni di euro all’anno più 25 milioni di euro di finanziamenti pubblici e 10 milioni di euro da parte del privato”. 

 

LE INTIMIDAZIONI

Sull’attentato subito Granata intende chiarire la propria posizione a chi abbia tentato di intimidirlo. “Noi siamo stati sempre uomini liberi, facilmente condizionabili da atti vili ed ignobili come l’ultimo in cui la mia auto è stata data alle fiamme. Non sono questi atti che fermeranno la gestione trasparente e corretta di Valle Crati. Le mie denunce sono da sempre state presentate alle forze dell’ordine per individuare gli autori di queste azioni criminali. Il mio è impegno è notorio: ho denunciato tentativi di turbativa d’asta sull’appalto, ho denunciato assunzioni illegittime, ho denunciato le intimidazioni recapitatemi attraverso un volantino degli operai di Ecologia Oggi (quando volevo modificare la dotazione organica), ho denunciato tutte le anomalie riscontrate. Rispediamo al mittente tutti questi atteggiamenti di basso livello. Abbiamo subito manomissioni ai mezzi, ci hanno messo una gru fuoriuso, hanno fatto buchi e versato olio nell’impianto. Abbiamo sospettato anche dei nostri dipendenti stessi. Ma andiamo avanti”.

 

IL DEPURATORE CHE NON DEPURA

Negli anni ”d’oro” le macchine di Coda di Volpe adibite al filtraggio dei reflui fognari erano completamente spente. Tutto entrava ed usciva dal depuratore così com’era. Oggi, secondo le rassicurazioni di Granata, la situazione sarebbe ben diversa. “Noi oggi depuriamo egregiamente i 23 Comuni, siamo gli unici. Quando le acque non venivano depurate – sostiene il presidente – il sottoscritto, in veste di vicepresidente, si è sono scontrato con tutta la dirigenza perchè ero l’unico ad affermarlo. L‘impianto è stato sequestrato dietro ad una mia denuncia a seguito della quale nell’arco di un mese fui ‘licenziato’ dalle mie funzioni. Dopo otto mesi sono poi ritornato alla mia carica. Ho ottenuto poi il dissequestro sempre su mia richiesta con le verifiche che periodicamente fanno i militari del Nucleo Operativo Ambientale di Catanzaro, sono io che voglio che controllino la depurazione dell’azienda a cui abbiamo affidato i lavori di depurazione. Prima era Salvaguardia Ambientale che è stata denunciata e mandata via. Ora se ne occupa General Construction (è il primo impianto su cui opera in Calabria) che si è subito mobilitata, spendendo quattro milioni di euro ed attende ancora i pagamenti dei Comuni per i lavori eseguiti. Siamo andati oltre la Procura siamo stati noi a dire che non funzionava la depurazione. 

 

LA TURBATIVA D’ASTA

I milioni di euro per non far sgorgare i liquami putridi sulle spiagge del Tirreno avrebbero destato la ‘curiosità’ di diversi soggetti. ”ll’indomani della pubblicazione del bando di gara – racconta Granta – ci siamo trovati di fronte ad un attacco senza precedenti durato ben quarantacinque giorni da parte di una testata giornalistica: la Provincia Cosentina. SIamo andati a verificare con la Procura e la Guardia di Finanza chi stesse dietro al quotidiano in termini di finanziamenti. Ancora non conosciamo l’esito delle indagini. Allo stesso tempo venivano promosse azioni per far cambiare i requisiti del bando. Pressioni per noi insostenibili. In corso di gara in molti ci consigliavano di modificare il bando rispetto a quello che avevamo fatto e posticiparlo. Li abbiamo denunciati. Sono arrivate tre lettere di visite presso l’impianto mai effettuate in cui si asseriva il falso da parte di imprese che dichiaravano di non aver potuto fare il sopralluogo di routine per i partecipanti al bando, ma in realtà nessuno ne aveva mai fatto richiesta”. 

 

 

 

 

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