Cosenza
Estorsione alla pizzeria Le Magnolie, “Il regalo da mille euro”, in aula parla il pentito Lamanna
 
																								
												
												
											Imputato Ivan Barone presunto esponente del clan Rango – Zingari. Il titolare del locale racconta gli incontri avuti anche con Marotta, condannato in abbreviato a 4 anni
COSENZA – Nuova udienza in Tribunale oggi relativa alla tentata estorsione, aggravata dal metodo mafioso, commessa ai danni del proprietario della pizzeria “Le Magnolie” nel dicembre 2015, già vittima di un’altra estorsione nel 2013, finita nella maxi indagine antimafia “Nuova Famiglia-Doomsday”. Sul banco degli imputati Ivan Barone, che ha scelto il rito ordinario. Con lui era imputato Antonio Marotta condannato in abbreviato a quattro anni. Per gli inquirenti sarebbero entrambi presunti esponenti del clan “Rango – Zingari”. Un capo di imputazione lungo, in cui i due sono stati accusati “di avere in concorso morale e materiale tra loro con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso, mediante minaccia consistita nell’avvalersi del potere di intimidazione derivante dalla spendita del nome di Daniele Lamanna, noto appartenente alla cosca “Rango – Zingari”, operante sul territorio di Cosenza e così manifestando la loro contiguità alla predetta cosca, recandosi in più occasioni presso il ristorante pizzeria “Le Magnolie””. In particolare si legge nel capo di accusa “il Marotta dopo essersi qualificato come amico di Lamanna chiede al titolare di fare un regalo, costringendolo il primo aprile del 2016 a consegnare la somma di mille euro”. Ivan Barone, difeso dall’avvocato Francesco Gelsomino, avrebbe accompagnato Marotta nel locale in cui sarebbe stata consumata la presunta tentata estorsione in una sola occasione. I due erano stati ripresi dalle telecamere di videosorveglianza
Il pentito Lamanna sentito come teste dalla località protetta
In udienza collegiale presieduta dal giudice De Vuono, l’accusa rappresentata dal pubblico ministero della Distrettuale Camillo Falvo, ha sentito come teste il collaboratore di giustizia Daniele Lamanna che ha risposto su alcune domande inerenti l’imputato. Lamanna avrebbe riconosciuto Barone facente parte del gruppo Rango – Zingari, con le mansioni di danneggiatore, riscossione estorsione e spaccio. Subito dopo il pentito Lamanna, sul banco dei teste sono stati ascoltati la cameriera e la vittima ovvero il titolare che ebbero materialmente contatti con Marotta e Barone. La ragazza ha raccontato il giorno dell’incontro con i due al ristorante: «Lavoro alle Magnolie da circa quattro anni. Quel giorno del primo incontro, nel dicembre del 2015 era inizio turno, tra le sei e le sette del pomeriggio. Mi trovavo nello spogliatoio insieme alle colleghe. Abbiamo sentito bussare alla porta e in due ci siamo dirette verso l’ingresso trovando queste due persone che chiedevano del titolare. Abbiamo risposto che ancora doveva arrivare. I due non si sono presentati. Poi ho riferito al titolare della pizzeria”. Il procuratore Falvo ha chiesto di descrivere i due sconosciuti, ma la ragazza non è riuscita a ricordare bene, a distanza di anni trascorsi dall’episodio, ma ha riconosciuto Barone tra le 12 foto contenute nell’album fotografico della Procura. “Mi ricordo che aveva gli occhiali spessi, anche se la foto è in bianco e nero”. Il giudice De Vuono ha poi chiesto cosa ricordasse ancora dei due sconosciuti. “Mi ricordo che uno era basso, l’altro alto; potevano avere intorno ai 40 anni. Erano italiani e non stranieri.
Il racconto della vittima, l’incontro nel locale e la richiesta dei soldi
Il titolare della pizzeria che già aveva subito una prima estorsione nel 2013, racconta in aula il resoconto di ciò che ha visto nelle telecamere durante la prima visita alla quale non era presente. “Si presentano due persone, non le conosco. Entrano nella sala e non trovano nessuno (questo lo dico perché l’ho visto nelle telecamere), in quanto io non ero presente. Le commesse escono dallo spogliatoio. I due sconosciuti chiedono se c’era il titolare e quando sarei arrivato. Visti i precedenti le ragazze mi hanno avvertito subito, telefonandomi. Successivamente ho visto i filmati delle telecamere per capire cosa fosse successo”. Il pubblico ministero pone sotto visione al teste i fotogrammi del filmato in cui riconosce i presunti estorsori. Successivamente racconta il secondo dei tre incontri, prima dell’arresto in flagranza operato dagli investigatori della squadra mobile.
“Noi siamo aperti al pubblico a dicembre nel periodo natalizio. I due si presentano il 5 dicembre. Alla porta c’era mio fratello, di professione ingegnere, ma lavora con me al bisogno, mi aiuta e fa accoglienza agli ospiti. I due chiedono se lui fosse il titolare. Mio fratello li accompagna da me rimanendomi vicino. Inizia a parlare Marotta: “Io sono un amico di Daniele Lamanna”; “E chi sei?” – domanda la vittima- “Sono un amico” continua a rispondere Marotta. “Se non mi dici chi sei non si fa nulla” – continua ad insistere la vittima. Ma Marotta tiene banco “Ma io sono un amico di Daniele Lamanna”. “Allora non si fa nulla” – taglia corto la vittima e quell’incontro finisce lì. Il titolare della pizzeria sottolinea che è presente anche Barone, ma non parla e poi continua il racconto del successivo incontro. “Io cercavo di capire i nomi per poi sporgere denuncia. Dopo alcuni giorni, un pomeriggio, si ripresenta Marotta con un’altra persona che non era Barone. Mi dice: “Io sono l’amico di Daniele Lamanna, e mi manda Celestino Bevilacqua. Se vuoi conferma è a casa”. La vittima sapendo che Bevilacqua era coinvolto nel processo Rango – Zingari ed era ai domiciliari preferì rispondergli che gli credeva. Poi chiese tre, quattro giorni di tempo per organizzarsi, mentre in realtà si recò in questura a sporgere denuncia. Insieme ai detective preparò i soldi richiesti, mille euro, tutti in contanti, in taglio da cinquanta euro firmati. Fissò l’appuntamento per le 15 del primo aprile. Il titolare della pizzeria portò con se il cellulare con cui registrò la conversazione avuta, successivamente, all’interno del locale. Una volta consegnati i soldi, Marotta entrò in macchina per andare via e poco distante venne fermato dalla squadra mobile con il denaro in mano.
Presente in aula l’associazione antiracket di Cosenza “Lucio Ferrami” e il presidente Alessio Cassano
 
                         
											 
											 
											 
											 
											 
											 
											 
											 
											 
											 
											 
											 
											 
											 
											 
											 
											 
											 
		
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