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Le suore vogliono sgomberare le Canossiane, i cattolici cosentini chiedono spiegazioni
 
																								
												
												
											COSENZA – Non importa se in pieno inverno oltre cento persone, tra cui donne e bambini, saranno costrette a vivere in strada. Le ‘sorelle’ dell’Ordine delle Figlie della Carità rivogliono il palazzo che avevano abbandonato. Subito.
I cattolici cosentini chiedono il perchè di questa violenta presa di posizione in una lettera aperta. “La nostra radice è – scrive il gruppo religioso – nell’associazionismo ecclesiale, cui gran parte di noi aderisce fin dalla propria infanzia. Nel nostro impegno sociale però ci siamo trovati varie volte ed in vari campi (attenzione verso i poveri, gli immigrati, beni comuni, economia solidale e finanza etica) a collaborare con diversi tra gli occupanti dell’istituto di vostra proprietà a Cosenza. È innegabile che l’occupazione dello stabile sia riuscita a porre in evidenza un problema reale e profondo nella nostra città, l’emergenza abitativa, provando a fornire una risposta concreta ad esigenze immediate di oltre cento persone. Ciò al di là delle opinioni sul metodo di lotta scelto e delle modalità di gestione dell’occupazione, rispetto alle quali tra noi stessi esistono punti di vista non concordi.
Ora, stiamo ricevendo da più parti richieste di adesione ad appelli di solidarietà a questa esperienza di occupazione, che rischia di terminare bruscamente con uno sgombero da parte delle forze dell’ordine. In tutti questi appelli non manca un passaggio di denuncia verso il ruolo che il vostro Ordine riveste in questa vicenda. In sostanza vi si accusa di schierarvi dalla parte dei “mercanti”, imprenditori desiderosi di trasformare l’istituto in una clinica privata. Saprete senz’altro che quello della sanità privata è un settore molto delicato nella nostra regione, per molti aspetti considerato un grande affare sul quale mettere le mani. Noi conosciamo la storia delle Figlie della Carità, cui apparteneva anche Santa Giuseppina Bakita (la quale proveniva dal Sudan, la stessa terra di origine di molti rifugiati e richiedenti asilo), e dell’istituto di Cosenza, al cui sostentamento nel corso degli anni hanno contribuito molti cosentini.
Sentiamo l’esigenza di chiedervi di esporre i motivi delle vostre scelte e delle vostre prese di posizione in questa vicenda. Vi chiediamo di farlo pubblicamente, perché la questione sollevata è pubblica, ed investe ed interroga la comunità credente della nostra città. Siamo certi che coglierete l’esigenza di una testimonianza di carità chiara, non adducendo a motivo delle vostre scelte discorsi legalitari, anche perché il solo fatto che torni sulla strada gran parte delle persone attualmente accolte presso il vostro istituto violerebbe diversi tra i più elementari diritti costituzionali. Né si rivelerebbero utili soluzioni tampone come quelle messe in atto al termine di un’altra recente e triste esperienza di occupazione di un ex-istituto religioso a Cosenza, quello del Sacro Cuore del Verbo Incarnato.
Riteniamo che l’imminente apertura di un tavolo presso la Prefettura abbia ampie possibilità di concludersi positivamente, se tutte le parti in causa porranno davvero al centro l’attenzione verso gli ultimi e riusciranno ad unire gli sforzi verso l’obiettivo di una reale accoglienza. A Torino, l’occupazione da parte di profughi di una palazzina in disuso di proprietà dell’ordine dei Salettiani ha condotto proprio in questi giorni alla creazione di una cordata di solidarietà che riunisce, tra gli altri, curia e centri sociali. Siamo convinti che da questa vicenda sia possibile trarre frutti molto positivi per una terra, una città che ha grandissimi problemi e contraddizioni, ma che nella storia ha spesso mostrato di sapere cosa significhi la parola “accoglienza””. Intanto in attesa della riunione che si terrà Venerdì alla presenza del Prefetto è stata indetta dagli occupanti un’assemblea pubblica che si terrà domani a partire dalle 17.300 presso l’ex istituto Canossiane di viale della Repubblica per discutere delle minacce di sgombero che da giorni preoccupano gli abitanti dello stabile.
“Un anno e mezzo fa – si legge in una nota di Prendocasa Cosenza – circa 100 persone senza casa, di tutte le nazionalità, hanno occupato l’istituto delle canossiane abbandonato da circa 3 anni. Una risposta dal basso alla disperazione di non avere una casa, un tetto, un semplice posto dove potere “vivere”. Single e famiglie che rappresentano solo una minuscola parte di quell’esercito di oltre 700 mila persone che avrebbe diritto ad una casa popolare, mentre si susseguono giornalmente scandali ed inchieste che svelano la gestione clientelare e criminale delle risorse destinate all’edilizia pubblica e sociale in Calabria. Dal basso, senza chiedere favori al signorotto della politica locale che da anni controlla l’aterp, senza pagare soldi a qualche ramo della malavita, i senza casa di questa città si sono organizzati nel comitato Prendocasa e si sono ripresi un pezzo di vita, dignità e reddito. Chissà quanti, in questi anni feroci della crisi economica, non possono più permettersi l’affitto o il mutuo e vivono nella disperazione e solitudine la loro condizione.
A tutti questi la politica non ha dato risposte o, peggio, ha preferito rassicurare costruttori e grandi proprietari garantendo che qualsiasi occupazione, anche in presenza di condizioni di necessità, debba essere punita, sanzionata e si debbano negare perfino residenza, acqua e corrente (piano casa Lupi accolto anche da Occhiuto). Eppure basterebbe poco: destinare i tanti immobili pubblici vuoti a scopo abitativo, investire in edilizia pubblica, requisire qualche palazzone vuoto lasciato costruire ai ras del cemento locale. Cose semplici ma che presuppongono un’autonomia della politica locale dal cemento e dai palazzinari, cose rare a queste latitudini. Nel cuore di una città ipercementificata come Cosenza, in cui gran parte degli immobili sono vuoti per permettere la proliferazione della speculazione immobiliare, sono nati piccoli fiori resistenti, case abitate da chi altrimenti sarebbe su una strada, in sintonia anche con quel messaggio cattolico radicale e forte che fece dire a Bergoglio”I conventi vuoti non servono alla Chiesa per trasformarli in alberghi e guadagnare i soldi”, “non sono nostri, sono per la carne di Cristo che sono i rifugiati. Il Signore chiama a vivere con generosità e coraggio l’ accoglienza nei conventi vuoti”.
Sappiamo bene che la garanzia del diritto alla casa spetta alla politica e alle istituzioni, non abbiamo mai chiesto alla Chiesa di sopperire alle mancanze della politica. Per tutto ciò, ormai da anni, chiediamo l’apertura di una tavolo straordinario sull’emergenza abitativa in questa regione, per sbloccare le graduatorie e riscrivere le regole dell’assegnazioni includendo le nuove povertà sorte durante la crisi. Questo venerdì ci ritroveremo allo stesso tavolo con la Prefettura, l’amministrazione comunale e quella regionale per iniziare questo difficile percorso. Tuttavia troviamo assurdo che chi ha scelto un percorso di fratellanza, povertà e amore, come recitano i dettami cattolici, non solo ignorano il monito del Papa ma facciano anche pressioni per una soluzione violenta non tenendo neanche conto dalla volontà già espressa, da parte di alcune istituzioni, di acquisire lo stabile per permettere ai senza casa di conquistare finalmente un loro sacrosanto diritto.
Oggi l’ordine delle Canossiane, come ieri quello del Verbo incarnato, si schierano dalla parte dei mercanti, dalla parte di qualche imprenditore cosentino che sembra voglia coprire di milioni d’euro le sorelle per trasformare l’ex istituto in una bella clinica privata. Nella città delle inchieste sull’Aterp e sull’ex giunta regionale per la “mala gestione” dell’edilizia sociale il problema sono gli occupanti delle Canossiane? A questa città, da sempre accogliente e solidale, chiediamo di darci una mano, di esprimerci la solidarietà con una semplice firma e attraverso la condivisione degli hashtag: #IoStoConLeCanossianeOccupate e #NoAlloSgombero. Noi, da parte nostra, continueremo la lotta per il diritto ad una casa e contro lo spreco delle risorse ed il clientelismo e chiediamo che la soluzione debba essere una soluzione politica. Servono case e non nuovi senza casa”.
 
                         
											 
											 
											 
											 
											 
											 
											 
											 
											 
											 
											 
											 
											 
											 
											 
											 
											 
											 
		
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