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Unical, agli studenti viene impedito di assistere alla Lectio Magistralis

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Unical, agli studenti viene impedito di assistere alla Lectio Magistralis

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ARCAVACATA (RENDE) – Un gruppo di studenti dell’università e di persone regolarmente accreditate ad entrare e a partecipare all’inaugurazione, è stato bloccato da un plotone di polizia e carabinieri in assetto antisommossa.

Nell’Aula Magna dell’Università della Calabria si stava svolgendo l’inaugurazione dell’anno accademico 2014/2015, che vedeva la partecipazione del Prefetto Gabrielli, della Protezione Civile. Gli studenti dell’Unical dichiarano di aver assistito alla vera e propria gestione militare di uno spazio pubblico, il cui unico scopo pare fosse quello di allontanare dalla zona eventuali voci fuori dal coro. Gli studenti affermano che la loro unica intenzione era quella di fare un intervento sul discorso emergenziale, che sarebbe stato il tema centrale della Lectio Magistralis tenuta dal Prefetto. I ragazzi si professano delusi dal rettore Crisci e dalle istituzioni ”democratiche”, quelle stesse persone che qualche giorno prima si erano schierate come paladine della libertà nel caso Charlie Hebdo, a favore della libertà d’espressione, e che invece, con le loro azioni, sembrano tornare sui propri passi. Per gli studenti dell’Unical è importante che il loro punto di vista venga reso noto, proprio in nome della così osannata libertà d’espressione. Riportiamo qui di seguito l’intervento integrale che avrebbero voluto fare durante l’inaugurazione.

 

“Da una veloce ricerca su Google, utilizzando le voci ‘emergenza’ e ‘Calabria’ ci si trova di fronte all’esorbitante cifra di oltre 445.000 risultati!!! Sia la Corte dei Conti che la Commissione Europea hanno più volte richiamato l’Italia sul fatto che molte delle emergenze risultassero fasulle, quindi tali da non richiedere l’adozione dello Stato di Eccezione … A CHI CONVENGONO QUESTE EMERGENZE??? Sulla base delle nostre conoscenze nell’ambito calabrese, sappiamo che viviamo da tempo in uno stato d’emergenza senza fine su cui schiere di politici e imprenditori, lucrano avvantaggiandosi appunto della sospensione democratica. Purtroppo oggi, ad occuparsi della Questione Meridionale, non sono più intellettuali, come A. Gramsci e M. Alcaro. Ci troviamo così davanti ad una Questione Meridionale che vede migliaia di giovani disoccupati in cerca di jobbini, ipersfruttati nei call center come info-contact e nel lavoro sommerso. Intanto, insieme a loro, migliaia di migranti piegati allo sfruttamento lavorativo nelle campagne, isolati e ghettizzati, percepiti come fantasmi, svolgono i lavori che i locali non vogliono più fare aggirandosi per le strade delle città.

 

Nell’immaginario collettivo creato dalla crisi del capitalismo neoliberista, anche per la Calabria è stato riproposto un nuovo cavallo di battaglia: l’industria del turismo, modello che in realtà devasta il territorio e produce sfruttamento e lavoro dequalificato. Con la venuta di Gabrielli, incoronato capo della protezione civile da Monti, ricordiamo la sua diretta responsabilità come commissario delegato del governo rispetto alla gestione disastrosa dell’emergenza Nord Africa, emblema del fallimento del “famoso” Stato di Diritto occidentale, che ha visto circa 20.000 profughi costretti a bivaccare in improvvisati “centri di accoglienza” per ben ventidue mesi, senza avere nessuna prospettiva oltre al rancio quotidiano. Molti, a fine emergenza, sono usciti dai centri senza avere neanche dimestichezza con la lingua italiana mentre, in compenso, gli amici dei governatori regionali, i tanti, troppi, Buzzi d’Italia, hanno potuto intascare su questa “emergenza” ben 1mld e 600milioni di euro. Affidamento diretto perché in stato d’emergenza, nessun controllo sempre perché in emergenza, nessuna rendicontazione. Ma la gestione emergenziale dei flussi migratori ha una storia lunga quasi 20 anni fatta di sospensione e mercificazione dei diritti, CPT, CARA, CIE, sigle che racchiudono la speculazione sulla disperazione di migliaia di uomini e donne in fuga da guerre e miseria. In mezzo, il cimitero del Mediterraneo che ad oggi ha inghiottito oltre 30.000 esseri umani.

 

Di recente, l’informazione main stream ha riacceso un blando interesse rispetto al disastro ambientale e territoriale. La Calabria, in questo, può vantare una lunga tradizione di frane, disastri sismici e alluvioni, solo per ricordarne alcuni: Cavallerizzo, Mormanno, Soverato. A questi disastri umani, prodotti dalla caparbia, dall’incuria degli amministratori e dalle classi dirigenti, va ad aggiungersi la vicenda della strutturale e pluriennale emergenza rifiuti, grazie alla quale Commissari Straordinari e imprese si sono arricchiti inquinando e distruggendo le nostre risorse territoriali, mettendo a repentaglio la Salute Pubblica, come nel caso degli inceneritori di Gioia Tauro, della discarica di Celico, del progetto di mega-discarica di Castrolibero, ecc. Per anni lo scambio tra iper-sfruttamento del territorio e lavori nocivi, come nel caso della Marlane, sono stati la regola vigente in Calabria così come in gran parte d’Italia, e per cui lo stato garantisce l’impunità dei responsabili. La Calabria è tra le regioni più cementificate d’Italia, in particolare Cosenza. 800.000 vani vuoti ed una emergenza abitativa che in proporzione si attesta tra le più significative del paese. Mentre la costruzione di alloggi popolari o riconversione degli immobili pubblici dismessi, il turn over delle graduatorie e le assegnazioni sono ferme da oltre 15 anni. Ed anche qui, speculando sul bisogno casa, in Calabria sono arrivati milioni di euro che poi non sono stati tradotti in alloggi.

 

È di questi giorni l’ennesimo scandalo delle Aterp regionali che hanno utilizzato una parte del fondo ex gescal (prelevati direttamente dagli stipendi dei lavoratori per la costruzione di alloggi popolari) di ben 155 milioni di euro, fermo nelle casse della regione calabria dal 2008, per costruire nuovi uffici di rappresentanza a Vibo Valentia o per consulenze (pre- elettorali) a Cosenza. Mentre gli sfratti esecutivi ed i pignoramenti crescono vertiginosamente, il governo italiano contrappone il Decreto Lupi e il gratta e vinci. Come se la casa fosse una possibilità data dalla fortuna e non un Diritto Universale. A proposito di fortuna, se la Dea bendata non aiuta rispetto a casa e lavoro, figurarsi sull’accesso ai luoghi dei saperi. L’Università in Calabria ed in Italia, infatti, diviene sempre più un privilegio per pochi e non una possibilità per tutti, possibilità che veniva riconosciuta attraverso il Diritto allo Studio. Il problema è che quest’ultimo è stato vittima di taglio di finanziamenti e d’una strutturale mancanza di investimenti. Tranne che per costruire nuovi supermercati, terminal bus ipergalattici e nuovi complessi residenziali non a norma ed inagibili, dove milioni di euro sono stati spesi senza che gli studenti potessero usufruirne come nel caso del S.Gennaro, verrebbe da chiedersi se tutte le conoscenze immagazzinate nell’Unical siano implose e si siano riversate nella realizzazione del S.Gennaro. Tanti studenti, quindi, sono costretti a rientrare nei paesi di provenienza, costretti alla vita pendolare e a rinunciare alla possibilità di fare esperienze e formarsi a 360°.

 

Diminuiscono gli iscritti ed aumentano gli studenti lavoratori (precari ed in nero, principalmente) le cui esigenze non sono prese in considerazione dalla programmazione didattica. Oltre a diminuire il numero degli iscritti, il calo più drammatico che l’università sta vivendo dal Post-Gelmini è quello della qualità della didattica e dei processi di costruzione e condivisione dei saperi che certo non si attuano con i grandi eventi e tentativi di spettacolarizzazione come la notte dei ricercatori. L’elenco delle emergenze non risulta comunque esaustivo, quelle menzionate valgono come esempio. Proprio per questo inauguriamo il nostro anno accademico, che precisiamo non è quello che si celebra in questo luogo, con una serie di incontri, contro-seminari ed iniziative pubbliche! Fermiamo la fabbrica dei saperi e dei precari e rifiutiamo la logica dell’emergenza!“.

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