Archivio Storico News
Giornata contro la violenza alle donne, dati allarmanti. La forma più comune? La violenza inflitta dal partner
 
																								
												
												
											COSENZA – Una donna vittima di violenza ogni due giorni, 179 donne uccise e i casi di femminicidio aumentano al sud del 27% rispetto al 2013.
Oggi, 25 novembre, tutta l’Italia si mobilita contro la violenza di genere. La data è stata scelta nel 1998 dalle Nazioni Unite per celebrare la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne. L’occasione è stata sancita per ricordare l’assassinio delle tre sorelle Mirabal avvenuto nel 1960 nella Repubblica Dominicana durante il regime di Rafael Leonidas Trujillo. Un fenomeno devastante che comprende la violenza fisica e quella sessuale. Secondo uno studio del 2013 della World Health Organization, la violenza ha colpito di un terzo delle donne nel mondo (35%), e quella domestica, inflitta dal partner, è la forma più comune (30%).
Il Paese dove le donne sono più a rischio è il Sud-est asiatico, dove più della metà (58,8%) degli omicidi avviene per mano di mariti, fidanzati o compagni. A seguire troviamo i Paesi ad elevato reddito (41,2%), tra questi vi è anche l’Italia, le Americhe (40,5%) e infine l’Africa (40,1%). Dunque sono milioni le donne che in tutto il mondo subiscono violenze psicologiche e fisiche inaccettabili, frutto di una cultura sessista e manifestazione della globale disparità storica nei rapporti tra uomo e donna.
La violenza si nasconde…’in casa’
La maggior parte di queste si consuma nelle famiglie in particolare, quelle che vivono un forte disagio sociale; donne che troppo spesso omettono o tacciono per paura, ricatto e omertà con una “cultura” della sottomissione di genere che è trasversale rispetto gli strati sociali, il Paese di origine, l’età e la componente geografica. Non è un bel termine quello del ‘femminicidio’ ma serve a definire in modo appropriato la categoria criminologica del delitto perpetrato contro una donna semplicemente perché è donna. Donne uccise dai fidanzati, mariti, compagni, ma anche dai padri a seguito del rifiuto di un matrimonio imposto o di scelte di vita non condivise.
La parola ‘femminicidio’
Questo termine è stato lanciato negli anni ’90 da una antropologa messicana, Marcela Lagarde, che aveva ha analizzato le violenze perpetuate sulle donne messicane individuando le cause della loro marginalizzazione in una cultura maschilista e in una società che non dà tutele dal punto di vista giuridico, con indagini lasciate pendere e con lo stupro coniugale non considerato come reato. Lagarde dunque, è la teorica del termine femminicidio: “La forma estrema di violenza di genere contro le donne – scrive Lagarde – prodotto della violazione dei suoi diritti umani in ambito pubblico e privato, attraverso varie condotte misogine che comportano l’impunità tanto a livello sociale quanto dallo Stato e che, ponendo la donna in una posizione indifesa e di rischio, possono culminare con l’uccisione o il tentativo di uccisione della donna stessa”.
I numeri
In Italia dall’inizio del 2013 sono stati contati 73 casi di femminicidio e 38 casi di omicidi generici di donne. Come si uccide? Nella maggior parte dei casi con un’arma da taglio, magari un coltello trovato in cucina oppure a mani nude. Meno usate le armi da sparo e pochi rispetto a quelli citati, i casi di omicidi con corpo contundente. Addirittura però sono 5 casi di donne arse vive. La fascia d’età più colpita negli ultimi 10 anni è quella che va dai 25 ai 54 anni ma anche la geografia preoccupa: Per 10 anni quasi la metà dei femminicidi è avvenuto al Nord. Dal 2013 c’è invece stata un’inversione di tendenza sul piano territoriale ed il Sud è diventata l’area a più alto rischio con 75 vittime ed una crescita del 27,1% sull’anno precedente. Al Centro sono raddoppiati, da 22 a 44. Il Nord, dove lo scorso anno sono morte ammazzate 60 donne, rimane il territorio dove si verificano più omicidi in famiglia, 8 su 10. La maglia nera spetta al Lazio e alla Campania, con 20 vittime ciascuno; solo a Roma sono state 11. Ma è l’Umbria a registrare l’indice più alto di mortalità (12,9 femminicidi per milione di donne residenti). Ottantuno donne, il 66,4% delle vittime dei femminicidi in ambito familiare, ha trovato la morte per mano del coniuge, del partner o dell’ex partner.
Oggi è la giornata per ricordare le vittime, per sensibilizzare, per parlare e discutere sperando che, questo fenomeno possa trovare una fine, diversa però da quella di Fabiana Luzzi, Mary Cirillo perché sono tante le donne calabresi che ogni giorno sono costrette a sopportare la violenza di mariti, fidanzati e compagni.
 
                         
											 
											 
											 
											 
											 
											 
											 
											 
											 
											 
											 
											 
											 
											 
											 
											 
											 
											 
		
Social