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Pausa di Riflessione – Quando l’amicizia è davvero amicizia?

Cultura & Spettacolo

Pausa di Riflessione – Quando l’amicizia è davvero amicizia?

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Un po’ di tempo fa, mi è capitato di leggere un articolo che riportava un’indagine del Massachusetts Institute of Tecnology di Cambridge, che metteva in luce il fatto che solo uno su due, di quelli che riteniamo amici, ricambia il nostro sentimento. Tale risultato mi porta a fare due considerazioni.

 

La prima, è che sapere che su due amici, uno lo possiamo considerare davvero tale, alla fine, può risultare consolante (pensavo peggio). La seconda, è che quel 50% che non ha corresponsione al nostro sentimento di amicizia si troverà nella nostra stessa situazione, cioè di avvertire una delusione, quando si accorgerà che la metà di quelli che credeva suoi amici, in effetti non lo è. E così via.

Probabilmente, alla base di tutto, deve esserci un fraintendimento sul concetto di amicizia. Spesso, è il nostro bisogno di avere dei riconoscimenti che ci porta a considerare amico una persona che verosimilmente non possiede neanche le caratteristiche per essere tale. Credo, infatti, che per poter ritenere qualcuno nostro amico, questi debba possedere alcuni requisiti. La mancanza di un brutto sentimento, quello dell’invidia, è la prima condizione. Gli altri elementi potrebbero essere consequenziali e potrebbero addirittura non esserci se vi fosse l’invidia. Essi sono la sincerità, l’affidabilità, l’altruismo, ecc.

L’affannosa ricerca di amici attraverso Facebook, ci fa correre il rischio di considerare amico chi non lo è, e che forse non potrebbe mai esserlo, perché non possiede non solo un particolare sentimento verso di noi, ma che non ha neanche una struttura tale che lo ponga tra i candidati ad avere rapporti di amicizia con chicchessia. Purtroppo però, è un nostro bisogno di base, dettato dalle nostre insicurezze, che ci porta a voler credere o a volere illuderci, contro ogni evidenza, di avere molti amici.

Un elemento che contribuisce a creare tale discrepanza, tra ciò che avvertiamo e quello che è la realtà, nel campo dell’amicizia, è la nostra paura di mettere in crisi l’immagine che abbiamo di noi stessi nel momento in cui dobbiamo ammettere che un nostro sentimento non sia corrisposto. Inoltre, soprattutto in alcuni di noi, c’è proprio un’incapacità di percepire la mancanza di reciprocità nell’amicizia, perché, a volte, siamo portati a fraintendere o a sopravvalutare atteggiamenti dettati solo dall’essere gentile.

amiciziaUna sera di molti anni fa, mentre ero fermo davanti ad una discoteca, due ragazzi, neanche tanto giovani, si fermarono vicino alla mia macchina e, non notando la mia presenza, si lasciarono andare a confidenze e a consigli reciproci, parlando con voce sommessa ed accorata. Non potei fare a meno di ascoltare in parte i loro discorsi, che erano costituiti da fatti personali, quelli che spesso riteniamo inconfessabili, per pudore, per non rischiare di essere ritenuti da chi ci ascolta degli sprovveduti. Non posso nascondere che quel modo di consegnarsi l’uno all’altro con le loro paure e le loro debolezze, mi lasciò sorpreso. Ma, fu nel momento in cui si salutarono per congedarsi, che rimasi veramente stupito. Mentre si allontanavano in direzione opposta, e comunque non verso la discoteca, uno dei due si voltò e chiese all’altro, questa volta ad alta voce, come si chiamasse. Non si conoscevano, non si erano mai visti prima di allora, ma avevano sentito il bisogno di mettere a nudo la loro anima. Avevano avvertito la necessità di vincere la paura e l’angoscia della solitudine, senza dovere immergersi nell’anonimato della folla illusoriamente festante.

Molte volte, la parola amicizia viene usata impropriamente per indicare condizioni che non hanno nulla a che vedere con essa, come amori che non si vogliono rendere manifesti o relazioni coniugali che il tempo ha ormai logorato, o rapporti che prevedono scambi di favori o che in qualche modo possono risultare un giorno vantaggiosi. L’amicizia vera, prevedendo la lealtà e la sincerità, elementi nobili ed elevati, non potrà mai instaurarsi tra due persone che non siano simili nella virtù. Anche perché è essa stessa una virtù.

Può capitare, però, che qualcuno possa cercare la nostra amicizia, per fini utilitaristici o di piacere. Questo rischio risulta più contenuto, se non del tutto assente, se essa nasce quando si è ragazzi, perché è più difficile che possa prevedere calcoli di convenienza.

E’ quella l’amicizia più sincera e più duratura, quella costellata da “sfottò” e prese in giro, a volte, anche “pesanti”, che vanno a toccare i punti deboli dell’amico, spesso facendosi forza della presenza di altri amici, ma che non minano in nessun modo il rapporto, anzi lo fortificano. E’ quella l’amicizia che ci dà, nel raccontare all’amico una nostra avventura straordinaria, la sensazione che essa acquisti maggiore concretezza. E’ quella l’amicizia che, se dovesse accadere di incontrarsi meno assiduamente di prima, a causa di impegni o di distanze, o perché diminuiscono gli interessi in comune, o perché, addirittura, si acquisisce una visione della vita molto diversa, ci consentirebbe ugualmente in momenti di bisogno di poter fare affidamento l’uno sull’altro, perché essa è basata sull’affetto tra due persone dotate comunque di onestà. Ciò è reso possibile dal fatto che l’amicizia, a differenza dell’amore, nel quale si annida quasi sempre l’idea del possesso e dove è il linguaggio del corpo a farla da padrone, parla anche con il linguaggio della ragione. Per tutto questo potremmo essere d’accordo con François de La Rochefoucauld, quando dice: “per raro che sia il vero amore, è meno raro della vera amicizia”.

“I malvagi non possono avere che dei complici; i dissoluti dei compagni di bagordi;
le persone interessate dei soci; i politici si circondano di partigiani faziosi;
la massa degli sfaccendati ha delle conoscenze; i principi hanno intorno dei cortigiani.
Solo gli uomini virtuosi hanno amici”.

(Voltaire)

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