Area Urbana
Ragazzino legato e chiuso in casa a Montalto, parlano le insegnanti: “Genitori disperati”
Il fratello del giovane studente deve rispondere del reato di sequestro di persona.
COSENZA – Un adolescente ribelle e un’intera famiglia preoccupata per il suo futuro. Questo il quadro emerso stamattina nel corso del processo che vede alla sbarra un operaio ventiquattrenne accusato di sequestro di persona, difeso dall’avvocato Chiara Penna. Il giovane avrebbe legato con una catena il fratellino per impedirgli di uscire. Chiusa con dei lucchetti gli permetteva infatti di muoversi dentro casa, raggiungere cucina e bagno, ma non di arrivare alla porta ed allontanarsi dall’abitazione. Per liberarsi dal ‘giogo’ il ragazzino, all’epoca quattordicenne, chiamò i carabinieri che intervenuti sul posto dopo meno di ventiquattro ore di ‘prigionia’ lo liberarono provvedendo a denunciare il fratello maggiore. Nel corso del processo, attualmente in corso presso il Tribunale di Cosenza, l’adolescente ha chiarito la dinamica dei fatti spiegando di essere stato egli stesso a scegliere di essere incatenato in casa pur di non andare a scuola. Dal canto loro i genitori, allarmati dai continui problemi con le forze dell’ordine e dallo scarso rendimento scolastico, sono sempre stati convinti che ad influenzare il piccolo fossero le ‘cattive amicizie’ con le quali era solito accompagnarsi. Frequentazioni ritenute poco raccomandabili dai genitori, già alle prese con i problemi di salute del terzo figlio disabile.
I due onesti lavoratori ultraquarantenni infatti non avevano accettato di buon grado le denunce incassate dal figlio minore qualche mese prima per un furto di monetine da un parchimetro e detenzione di sostanze stupefacenti. Per questo motivo si erano rivolti agli assistenti sociali e alle forze dell’ordine per chiedere aiuto. Stamattina nel corso dell’udienza tenutasi presso il Tribunale di Cosenza un amico di famiglia poliziotto ha parlato dell’angoscia vissuta dalla coppia quando il ragazzino scappava di notte senza dare più notizie. I due lamentavano la scarsa collaborazione da parte delle istituzioni e la mancata applicazione del piano di recupero redatto dai servizi sociali. A testimoniare oggi in aula anche la preside della scuola frequentata dal minore e due sue insegnati. Le tre donne nell’esporre i fatti al giudice Enrico Di Dedda hanno tutte ribadito i problemi di profitto che il ragazzo aveva a scuola a causa delle numerose assenze dettate dalle ‘notti brave’ che trascorreva nei locali dell’area urbana insieme a dei ragazzi molto più grandi della sua età. Descrivendo i genitori come persone presenti e diligenti le insegnanti hanno ricordato come la famiglia da sempre ha collaborato per la corretta educazione del ragazzo, amareggiata dal fatto che non riuscissero ad indirizzarlo correttamente. Il processo è stato quindi aggiornato al prossimo 20 giugno quando sarà il minore stesso, oggi impegnato a Catanzaro in un’udienza per altri reati, ad essere ascoltato.
Immagine di repertorio
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