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Scontri per la finale di coppa del mondo, carneficina di manifestanti al Maracanà
RIO DE JANEIRO – Oltre ai violenti tumulti esplosi alla fine del match a Buenos Aires, anche Rio de Janeiro ha registrato ieri una cruenta repressione dei manifestanti da parte delle forze di polizia.
Scontri si sono infatti verificati nei pressi della spiaggia di Copacabana e nell’area limitrofa allo stadio Maracanà. Nelle vie del centro di Rio de Janeiro, secondo la stampa brasiliana, i tifosi in contestazione hanno lanciato sedie e bottiglie. La polizia non ha quindi esitato ad utilizzare in maniera massiccia, armi da fuoco, manganelli e gas lacrimogeni. Indebolire il fronte della protesta e intimidire quei cittadini pronti a scendere in piazza per manifestare contro la Coppa del mondo di calcio sarebbe stato l’intento la polizia civile di Rio de Janeiro che ha eseguito a poche ore dalla finale 27 mandati di arresto contro attivisti e manifestanti che hanno partecipato in varia forma alle contestazioni dell’ultimo anno nella città.
Durante l’operazione gli agenti hanno sequestrato computer, cellulari e altri apparecchi di comunicazione. Per gli arrestati la detenzione prevista è di 5 giorni. Dopo un passaggio nella Cittadella della Polizia, i militanti sono stati trasferiti verso il carcere di Bangu, una delle peggiori strutture detentive del mondo, già finita al centro di denunce da parte anche delle Nazioni Unite. I mandati d’arresto sono stati autorizzati dalla giustizia giovedì e eseguiti sabato. Così il governo dello Stato di Rio ha tentato, invano, di controllare la sicurezza pubblica in città, considerato il grande timore di scontri in occasioni delle ben quattro manifestazioni ufficiali in programma per domenica. Nelle numerose manifestazioni durante tutto il periodo della Coppa del Mondo in Brasile, la polizia carioca ha cercato di reprimere con violenza le proteste. Nonostante ciò in varie occasioni i cordoni di sicurezza sono stati superati, a causa dello scarso coordinamento e di un evidente carenza di preparazione dei battaglioni in strada.
Tanta violenza e poca sicurezza. Per questo la repressione alla vigilia della finale del Mondiale è iniziata giorni prima, con verifiche, indagini e gli arresti di sabato. Quella dei mandati di arresto è un’azione preventiva inedita che è immediatamente stata contestata da organizzazioni non governative a difesa dei diritti umani come Amnesty International. In particolare la Ong Justiça Global ha diffuso una nota molto dura: “I mandati con un così breve termine di detenzione evidenziano il proposito unico di neutralizzare, reprimere e impaurire quelli che hanno fatto della presenza in strada una delle forme di espressione della lotta per la giustizia sociale. L’obiettivo – continua la nota – è illegale e arbitrario come in varie altre azioni portate avanti nel Paese sin dall’inizio delle proteste dello scorso giugno; mirata a terrorizzare le persone che erano state convocate per le manifestazioni nel giorno della finale al Maracanà”.
L’evento è stato presidiato da 26mila uomini delle forze dell’ordine. Protagonisti indiscussi gli agenti della polizia militare, in tutto diecimila divisi tra i battaglioni regolari, il battaglione “Grandi Eventi” e le due forze speciali: battaglione di “Choque” e l’inquietante “Bope”. Alla polizia militare sono stati affiancati 9mila uomini delle forze armate: esercito, aeronautica e marina, 25 navi da guerra, 2mila agenti tra polizia federale e polizia stradale federale, 500 della polizia civile, 1800 dei Vigili del Fuoco militari e oltre 1000 della Guardia municipale.
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