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Carceri e detenuti, a Cosenza testimonianze e memorie dal 41 bis
Due incontri per abbattere le gabbie mentali raccontando, da dietro le sbarre, il regime di carcere duro ritenuto lesivo dei diritti dei detenuti dal Comitato per la Prevenzione della Tortura del Consiglio d’Europa.
COSENZA – Doppio appuntamento per la presentazione del libro “Le cayenne italiane. Pianosa e l’Asinara” di Pasquale De Feo, a Cosenza, domani mercoledì 5 aprile alle 18.00, presso il CPOA Rialzo nell’area delle ex officine ferroviarie a Cosenza, tra via Popilia e Viale Mancini, e all’Unical aula H1, giovedì 6 aprile alle 11.00. Il libro raccoglie testimonianze e memorie sull’esperienza del 41 bis nelle sezioni Agrippa di Pianosa e Fornelli dell’Asinara nei primi anni Novanta del Novecento. Benché questi luoghi specifici siano stati chiusi, circa settecento persone, tuttora, sono sottoposte al regime del 41 bis, in totale spregio della Costituzione e del buon senso. E il corpo speciale, Gruppo Operativo Mobile, addestrato per gestire le sezioni a 41 bis con i metodi narrati in queste pagine, non soltanto non è stato sciolto, ma continua ad essere impegnato quotidianamente nel nostro democratico Paese.
Pasquale de Feo nella sua introduzione cerca di risalire storicamente alle ragioni delle legislazioni speciali, a partire dalla famigerata legge Pica fino al 4 bis, tracciando e contestualizzando lucidamente analogie storiche, politiche, sociali e repressive di un’Italia che da sempre affronta queste dinamiche in chiave penale. Un paese che, centocinquantacinque anni dopo l’Unità, continua ad esercitare discriminazioni razziste verso i cittadini del Sud, predisponendo per loro un destino di nuove Cayenne italiane. C’è da interrogarsi quindi sulle cause delle condizioni del Sud e della gente che lo abita. Una storia, che parte da molto lontano. All’incontro interverranno Francesca de Carolis, giornalista, scrittrice, ex TG1, ex Radio1 che attualmente si occupa di carceri, nella speranza di contribuire a limare le grate della nostra mente, Franca Garreffa, docente di Sociologia della devianza, Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali dell’Università della Calabria e Sandra Berardi, Presidente dell’Associazione per i diritti dei detenuti Yairaiha Onlus.
Le tre relatrici sono accomunate dalla convinzione che l’ergastolo ostativo sia, attualmente, la forma di tortura per eccellenza, una “pena di morte nascosta”, un dispositivo che uccide giorno dopo giorno in attesa della morte. L’unica differenza è che l’ergastolo ostativo, quello che comporta che circa 1500 detenuti usciranno dal carcere il 31/12/9999 è una vendetta consumata in un tempo infinito e indefinito. L’espressione “pena di morte nascosta” è stata usata da Papa Francesco nel suo Discorso rivolto alle delegazioni delle Associazioni Internazionali di diritto penale il 23 ottobre 2014, durante il quale ha dichiarato che l’ergastolo ostativo, comporta la privazione in via definitiva non solo della libertà del colpevole, ma anche della sua speranza. Questa condizione è simile alla “sindrome del braccio della morte”, ovvero lo stress traumatico imposto a un condannato a morte causato dall’attesa del momento dell’esecuzione.
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