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‘Ndrangheta, Morelli: ‘solo un rapporto di amicizia con il boss Giulio Lampada’

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‘Ndrangheta, Morelli: ‘solo un rapporto di amicizia con il boss Giulio Lampada’

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MILANO – Ha ribadito la sua innocenza l’ex consigliere regionale calabrese del Pdl, Franco Morelli, che ha rilasciato dichiarazioni spontanee nel corso del processo in appello a Milano sulle infiltrazioni della ‘ndrangheta in Lombardia, che vede tra gli imputati il presunto boss Giulio Lampada.

Proprio sui suoi rapporti con Giulio Lampada, Morelli ha dichiarato: “avevo un rapporto di consolidato affetto e amicizia: non mi telefonava per propormi cose strane o equivoche, ma per chiedere come stava la mia famiglia o mia figlia”. Morelli, condannato in primo grado a 8 anni e 4 mesi di reclusione, per concorso esterno in associazione mafiosa e corruzione, ha spiegato di aver avuto negli anni scorsi ”centinaia di colloqui telefonici” con Giulio Lampada ma quest’ultimo, anche in conversazioni con altre persone, ”non ha mai parlato di me come referente politico”. ”Sono rimasto incredulo – ha sottolineato l’ex consigliere – quando ho saputo che Lampada era accusato di legami con associazioni mafiose”.

 

Morelli ha aggiunto, riferendosi alle accuse che gli sono contestate, di non aver ”mai cercato di procurare notizie riservate sulle indagini su Giulio Lampada” e di non aver favorito la nomina della moglie dell’ex giudice di Reggio Calabria, Vincenzo Giuseppe Giglio, anche lui condannato in primo grado, ai vertici dell’Asl di Vibo Valentia. ”Quando vedevo Lampada a volte gli davo consigli su come vestirsi e comportarsi – ha concluso l’ex consigliere – perche’, pur essendo un imprenditore, era una persona che necessitava di essere guidata nelle relazioni e nelle buone maniere”. Oltre a Morelli hanno rilasciato dichiarazioni spontanee altri imputati: Leonardo Valle, Raffaele Ferminio e Maria Valle, figlia del presunto boss Fortunato Valle e intestataria di parte delle quote di una delle società finite al centro dell’inchiesta della Dda di Milano. ”Sono innocente – ha detto -, mi sento come una persona da sola in un bosco, inseguita da un lupo”. Ferminio, cognato di Giulio Lampada, che gestiva insieme a lui un business di slot machine in alcuni bar di Milano, ha detto di non essere ‘un mafioso’ ma piuttosto ‘un lavoratore con la ‘l’ maiuscola’.

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