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Processo “Ghibli”, chiesta la conferma di 11 condanne
CATANZARO – Il sostituto procuratore generale di Catanzaro ha chiesto oggi alla Corte d’assise d’appello la conferma di undici condanne emesse in primo grado, a carico di presunti affiliati ai clan di ‘ndrangheta del Crotonese.
Si tratta, in particolare, di undici delle quindici persone coinvolte nell’operazione “Ghibli”, che hanno scelto il giudizio abbreviato conclusosi, il 31 luglio 2010, con quattro assoluzioni totali e le undici condanne, appunto, che le difese hanno poi impugnato. A quelle impugnazioni seguì un primo giudizio d’appello conclusosi l’8 agosto del 2011 con sette condanne ribaltate in assoluzioni, e quattro sconti di pena per i restanti imputati. I giudici avevano assolto il presunto boss Nicola Arena, già condannato a 18 anni di reclusione, ed accusato anche dell’omicidio di Pasquale Nicoscia, avvenuto l’11 dicembre 2004 ad Isola Capo Rizzuto; Pasquale Arena (6 anni in primo grado); Nicola Lentini (6 anni in primo grado); Francesco Gentile (10 anni in primo grado); Maurizio Greco (6 anni in primo grado); Giuseppe Lequoque (6 anni in primo grado); Antonio Morelli (6 anni in primo grado). Furono infine ridotte le pene già inflitte a Giuseppe Arena, da 10 ad 8 anni; Tommaso Gentile da 6 a 4 anni; Paolo Lentini da 10 a 8 anni; Luigi Morelli da 6 a 4 anni.
La pubblica accusa ha presentato poi ricorso in Cassazione, ed il Giudice supremo ha annullato la prima pronuncia d’appello, rinviando gli atti a Catanzaro per un nuovo processo di secondo grado nell’ambito del quale, oggi, il pg ha insistito perchè le undici originarie condanne vengano confermate, prima del rinvio al 31 gennaio per l’inizio delle arringhe difensive. Al processo hanno preso parte anche diversi enti pubblici, costituiti parte civile, cui il giudice dell’udienza preliminare che celebro’ gli abbreviati aveva già riconosciuto corposi risarcimenti: 250mila euro alla Regione Calabria, 200mila euro alla Provincia di Crotone; 150.000 euro al Comune di Isola Capo Rizzuto.
L’operazione “Ghibli” scattò la notte del 20 aprile 2009 tra la Calabria e l’Emilia Romagna per l’esecuzione di 20 ordini di custodia cautelare in carcere e numerosi sequestri per un valore di 30 milioni di euro, al culmine dell’inchiesta diretta a ricostruire la sanguinosa guerra fra gli Arena ed i Nicoscia. L’ottobre seguente l’inchiesta si concluse con un avviso di conclusione delle indagini emesso a carico di 38 persone dall’allora sostituto procuratore antimafia Sandro Dolce, che ha coordinato le investigazioni condotte dal Ros dei carabinieri. L’inchiesta ha consentito di contestare complessivamente l’associazione mafiosa e numerosi reati connessi – soprattutto in tema di armi, nonche’ di riciclaggio ed intestazione fittizia di beni -, tra i quali l’omicidio di Pasquale Nicoscia, che sarebbe stato la risposta al precedente assassinio di Carmine Arena, a sua volta ucciso in un attentato portato a termine con l’uso di un bazooka, a seguito del quale rimase gravemente ferito anche Giuseppe Arena, nipote del primo; ed il tentato omicidio di Domenico Bevilacqua, piu’ noto come “Toro seduto” e considerato uno dei capi della criminalita’ zingara catanzarese, uscito miracolosamente vivo da un agguato che avvenne a Catanzaro Lido il 4 aprile del 2005, secondo gli investigatori come “punizione” per i tentativi di Toro seduto di rendersi autonomo rispetto alla cosca catanzarese, storicamente sottoposta agli “Arena”.
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