Area Urbana
I rapporti tra clan Lanzino e politica. Gencarelli: “Se avessi voluto delinquere lo avrei fatto prima di entrare in Regione”
Dichiarazioni spontanee in aula da parte dell’uomo ritenuto il tramite tra la criminalità organizzata bruzia e le istituzioni.
COSENZA – “Chiedo scusa se vi faccio perdere tempo”. Angelo Gencarelli ex consigliere comunale ad Acri irrompe così nel processo che lo vede imputato con l’accusa di associazione mafiosa, estorsione, concussione, corruzione elettorale, usura, frode informatica e porto abusivo di armi. L’uomo sospettato di essere l’anello di congiunzione tra il clan Lanzino e le istituzioni pubbliche, oggi ristretto in carcere, al termine dell’udienza ha chiesto di uscire dalla cella per rendere dichiarazioni spontanee. “Ho fatto diversi lavori nella mia vita, – spiega Gencarelli – dal 1991 al 2000 sono emigrato fuori regione in cerca di un’occupazione. Ho svolto più mansioni poi sono tornato e mi sono occupato di politica. Sono stato eletto e sono rimasto in carica fino al 2013. Se avessi voluto delinquere lo avrei fatto prima del 2000 non quando ormai rivestivo un ruolo istituzionale ed ero stato assunto da un ente in house della Regione Calabria. Le intercettazioni mi vedono colluso? Nella mia macchina sono transitate centinaia di persone, buone e cattive, ed io ho speso una parola di conforto per tutti”. Un chiarimento che il braccio destro di Michele Trematerra ex assessore regionale all’agricoltura, anche egli indagato a seguito dell’operazione Acheruntia, ha inteso esporre al collegio presieduto dal giudice Enrico Di Dedda con a latere Manuela Gallo e Claudia Pingitore.
Alla sbarra oltre a Gencarelli in questo filone del processo Acheruntia appaiono Giuseppe Perri, indicato dagli inquirenti come il reggente della cosca Lanzino sul territorio e Giampaolo Ferraro. Rinaldo Gentile, accusato di essere all’epoca il coordinatore degli interessi del clan che in quel momento non poteva contare sull’apporto del boss Ettore Lanzino in quanto latitante, ha scelto invece di essere giudicato con rito abbreviato. Attendono ancora la pronuncia del gup gli altri indagati ovvero: Michele Trematerra, Adolfo D’Ambrosio, Massimo Greco, Salvatore Gencarelli, Luigi Belsito, Luigi Maiorano (ex sindaco di Acri). Elio e Francesco Abbruzzese, Giuliano Bevilacqua, Alfredo Bruno, Giuseppe Burlato, Domenico Cappello, Franco Caruso, Andrea Cello, Angelo Cofone, Claudio Dolce, Enzo La Greca, Gemma Martorino, Antonio Rosa e Giuseppe Tarsitano. Nelle oltre quattrocento conversazioni intercettate emergono, secondo quanto reso stamane da un maresciallo che ha partecipato alle indagini, i profili criminali di tutti gli indagati. A far scattare le indagini durate oltre tre anni sarebbe stato il ritrovamento di un ordigno esplosivo rudimentale che avrebbe dovuto fungere da messaggio intimidatorio per un imprenditore acrese. Sin da subito gli inquirenti si sarebbero concentrati sulla figura di Giuseppe Perri ritenuto il punto di riferimento dei Lanzino ad Acri. All’epoca Perri si trovava detenuto ed i colloqui in carcere avuti con i suoi parenti, in particolare con il nipote Luigi Belsito avrebbero fornito un quadro piuttosto inquietante.
I COLLOQUI IN CARCERE E LA LATITANZA DI FRANCO PRESTA
Perri, secondo quanto dichiarato dal maresciallo Evoli, continuava a veicolare messaggi all’esterno del carcere grazie al nipote Belsito grazie al quale riusciva a comunicare anche con Franco Presta all’epoca latitante. In un’occasione gli inquirenti avrebbero inoltre scoperto che era in atto lo spostamento di Presta da un rifugio all’alltro, intercettando conversazioni ed incontri tra Belsito, Marianna Presta e Alessandro Cipolla. Nel 2012 quando Giuseppe Perri viene scarcerato e Presta è ormai ristretto in carcere Gencarelli ricomincia le sue frequentazioni con il suo ‘amico di sventure’ (negli anni ’90 infatti Gencarelli e Perri erano stati entrambi coinvolti in alcune vicende giudiziarie e il ‘pentito fa riferimento a loro quando parle del ‘gruppo di Acri’). Finchè Perri era detenuto sarebbe stato proprio l’ex consigliere comunale a reggere le sorti del gruppo Lanzino. Diverse le attività criminali che avrebbe posto in essere secondo l’accusa. Un business che spaziava dalle estorsioni, all’usura passando per appalti pilotati e fornitori ‘imposti’. Un esempio è quello del noleggio di slot machine e videopoker. Giampaolo Ferraro e La Greca Enzo, fratello di sua moglie, avevano avviato un’impresa che forniva ai locali le ‘macchinette’. Tutti i locali, fino a Montalto Uffugo, però dovevano avere le slot di quell’azienda alla cui gestione partecipava anche Gencarelli. Neanche gli ‘zingari’ riescono ad imporsi sul mercato. Ci prova il figlio di Fioravante Abbruzzese, ma l’intervento di ‘Zio Rinaldo’, Rinaldo Gentile al quale Gencarelli si era rivolto per risolvere il ‘problema’ li fa desistere dall’accaparrarsi quella ghiotta fetta di mercato.
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